Oggi che ha raggiunto il più che meritato traguardo della pensione, credo che il dottor Paolo Mattera Iacono meriti un pensiero personale in questo mio spazio editoriale.
A tutta la famiglia Mattera Iacono, le famiglie Monti e Conte sono sempre state legate da un affetto molto più che amicale, pur in assenza di alcun rapporto di parentela. La mia Mamma e le Sue sorelle Cecilia e Clara si sono alternate nel ruolo di madrine di battesimo e cresima di Luisa, Silvana e Paolo; e i miei genitori sono anche stati testimone di nozze di Silvana.
Il collante tra queste famiglie d’un tempo erano senza dubbio quel rispetto e quella stima incondizionata tra persone perbene, gentiluomini e gentildonne d’altri tempi che si ritrovavano sempre e reciprocamente, nella buona e nella cattiva sorte, nel modo più disinteressato possibile. Ma a rafforzare quel collante c’è stato da sempre il Dottor Agostino, per noi da sempre “il dottore” e basta, una figura di assoluto riferimento, onnipresente finanche nelle circostanze più difficili. Come quando dovette annunciare a Nonno Antonio, quel maledetto 13 ottobre del 1966 (appena cinquantotto giorni prima che io nascessi), che la sua amatissima sposa Rosa, ricoverata in ospedale a Napoli, non ce l’aveva fatta.
Paolo, rispetto a cotanto padre, ebbe dopo la laurea la capacità di entrare in punta di piedi nella nostra vita, cominciando ad affiancarlo ed aiutarlo nelle prime visite domiciliari. Ma proprio come suo padre, ha saputo in breve tempo conquistare la fiducia di tutti noi, diventando un provetto cardiologo, mai sopra le righe e, per quel che mi riguarda, dimostrando una capacità diagnostica di rara precisione che in più di una occasione ha salvato la vita a mio padre insieme al suo mentore, il compianto prof. Corrado Tritto.
Personalmente devo molto a Paolo: innanzitutto, gli sono grato di tutto quanto ha fatto per noi tutti, professionalmente parlando, e per quanto si è ancora reso disponibile a fare. Ma porto nel cuore la sua grande considerazione nei miei confronti da tempi non sospetti, ogni qualvolta ha inteso ascoltare, dopo avermeli chiesti, determinati pareri e, perché no, seguire anche qualche consiglio di mia competenza che, naturalmente, sono sempre stato felice di potergli dare.
All’amico Paolo, prim’ancora che al medico in pensione, auguro ogni bene del mondo, a cominciare dal godersi di più la vita e il prezioso rispecchio in suo figlio Agostino il quale, non a caso, si è già ampiamente dimostrato ben degno, non solo professionalmente, del gran nome che porta.