Giuseppe Mazzella* | Vorrei affermare che riconosco all’on. avv. Giovanni Legnini, commissario straordinario all’emergenza Ischia, grandi meriti per le decisioni e le azioni adottate dopo la valanga del novembre 2022 e di aver messo in atto tutto il possibile, allo stato delle leggi, per dare avvio alla ricostruzione dopo il sisma dell’agosto 2017. A due anni esatti dalla sua prima nomina governativa per la ricostruzione post sisma, Legnini è partito da zero perché zero era stato fatto dal precedente commissario e quel poco che faceva oscillare lo zero era stato fatto male. Legnini opera in un territorio che ha avuto in 70 anni una enorme espansione edilizia senza un piano regolatore generale in vigore e che non ha un piano di assetto territoriale dell’intera İsola approvato ed in attuazione attraverso piani particolareggiati o di zona.
Ed allora si è arrampicato sugli specchi in un mare di leggine settoriali e in un esercito di enti pubblici per trovare vie di uscita. Se l’azione per affrontare la tragedia della valanga è stata veloce ed efficace pulendo Casamicciola dal fango e riaprendo il porto che è l’unica infrastruttura per tenere in vita l’economia in tempi veloci, la ricostruzione è lentissima anche perché il commissariato non è supportato in maniera concreta dal Comune di Casamicciola nelle proposte di sviluppo e nella struttura amministrativa.
La “ricostruzione” è prima di tutto una “demolizione” con una “riqualificazione urbanistica” ed una “messa in sicurezza del territorio”. Non si può avviare senza decisioni nette sulla “dislocazione” ed una “riconversione” a verde pubblico protetto del Majo, la Rita, Piantane, Celario, Fango con “ridimensionamento edilizio e protezione ambientale” di Piazza dei Bagni del Gurgitello.
Questo non si può fare senza un piano urbanistico imperativo o impositivo con forza di legge. Dall’altro lato bisogna fare un “piano di sviluppo economico e di insediamento sociale” per una “nuova Casamicciola ed una nuova Lacco Ameno” votate ad una sola identità sociale ed economica. Queste, a mio parere, sono le scelte coraggiose da fare nella “concertazione istituzionale” ponendo anche fine a liti condominiali tra enti pubblici come il caso del Capricho de Calise. Questa è quella che chiamo “polemica contenutistica”.
La prima ricostruzione
50, 0 del ‘900: il decennio della “vera ricostruzione”. Quel decennio fu il tempo della vera “ricostruzione”. La trasformazione strutturale dell’isola da una economia agricola ad una economia turistica imperniata sulla risorsa del termalismo. La grande opera infrastrutturale intrapresa dalla classe politica dei sei comuni che seppe dotarsi di un ente pubblico di “valorizzazione” nel 1952 fu decisiva per la nascita di alberghi e ville in ogni località dell’isola. Le grandi strade – come la Maronti-Testaccio e la Forio-Citara – determinarono la scoperta di Ischia come località turistica per tutti non solo per i ricchi. Il ruolo di finanziamento e di progettazione della Cassa per il Mezzogiorno ed il braccio esecutivo dell’ente locale Provincia ricostruito nel 1952 furono decisivi e segnarono un metodo. 20 anni dopo, Enzo Mazzella, nel comune di Ischia puntò tutto sulla “politica delle opere”. È questa che oggi bisogna ripristinare dopo il sisma del 2017 e le alluvioni del 2006, 2009 e 2022.
Vedrei, se fossi amministratore comunale “locale” come lo sono stato negli anni 80 a Casamicciola, il commissario Legnini come una “Casmez riveduta e corretta” per una grande opera pubblica di “riqualificazione territoriale” dopo la grande espansione senza regole che non aveva fatto il conto con le caratteristiche geologiche ed i mutamenti climatici. Da questa considerazione è nata la proposta contenuta nel “Manifesto per Casamicciola” di un ente pubblico per la ricostruzione con durata ventennale poiché oggi si tratta di una operazione più complessa di quella degli anni 50. Due volte più difficile. Bisogna mantenere in vita un disordinato sistema economico con un notevole sviluppo demografico ed insediativo. Rischiamo di praticare una sterilità dialettica se le classi politiche “locali” non riacquistino un protagonismo come quello degli anni ’50 – 60 con uomini come Telese, Mennella, Mazzella, Castagna, Di Meglio, Mattera, Deuringer, che seppero portare il “caso di Ischia” in tutte le sedi istituzionali della Repubblica.
L’impronta di una classe politica
L’impronta della classe politica degli anni 50-60 del ‘900, quello che più mi ha colpito e inconsapevolmente entrato nel mio modo di essere “giornalista politico” per oltre 50 anni, è l’impronta che la classe politica degli anni 50-60 del ‘900 dette alla sua azione. Quei politici dei sei comuni avevano la passione di realizzare uno sviluppo per l’isola d’Ischia che non si era mai visto nella sua storia. Puntavano alla realizzazione delle “grandi opere pubbliche” perché da queste potevano nascere le iniziative private di imprenditori locali e nazionali. Non a caso il prof. Vincenzo Mennella (1923-1995) sindaco di Lacco Ameno per oltre 20 anni fa partire il nuovo disegno di sviluppo (lo ricorda nelle sue memorie postume) dal “Primo convegno turistico dell’isola d’Ischia” che si tenne a Casamicciola nel salone del complesso Pio Monte della Misericordia dal 13 al 15 maggio 1950.
Mennella si rammarica di non trovare più il documento finale scritto in gran parte da lui ma sottolinea che fu “il primo passo per una seria programmazione per lo sviluppo dell’isola”. I problemi affrontati furono “lavoro, acqua, luce, strade, case, scuole, fogne, trasporti”.
Abbiamo, grazie a Raffaele Castagna ed al suo libro “Ischia 1950-1999”, memoria di quel fondamentale convegno con i nomi dei partecipanti. Non a caso quel convegno si tiene nello stesso anno in cui il governo nazionale istituì la “Cassa per il mezzogiorno” che svolgerà un ruolo decisivo per il decollo economico di Ischia nei successivi 20 anni. Che furono quelli del boom e del miracolo economico anche per la spinta propulsiva determinata dagli investimenti a Lacco Ameno da Angelo Rizzoli (1888-1970).
In questo caso il sindaco Mennella fu precursore del “marketing territoriale” poiché favorì gli investimenti di Rizzoli con una radicale “trasformazione urbana” del piccolo villaggio di pescatori e contadini di poco più di due mila anime. Pur essendo quella classe politica di formazione cattolica e liberale non di sinistra mise in atto una politica di forte intervento pubblico soprattutto nelle grandi infrastrutture viarie perché dalle nuove strade potevano nascere alberghi e ville e una edilizia economica e popolare come fu fatto. La grande espansione doveva avere un piano regolatore generale ma qui fu aperto un dibattito infinito.
*direttore de il continente