“Vogliamo celebrarla e celebriamola. Ma la donna è sempre stata e sempre sarà al centro della nostra esistenza. Non esiste una differenza di genere se non meramente biologica, in una coppia, una famiglia, una unione di fatto, quando vi è amore e comunione di intenti. È il paradigma dell’amore e il rispetto per l’altro o per l’altra che fanno la differenza, non di certo il genere. Così come per la violenza: esiste la violenza e basta e non la violenza di genere che può manifestarsi vicendevolmente nelle forme più svariate. Detto questo, tanti auguri a tutte le donne, la parte migliore di noi….”
Con questo post su Facebook, da me immediatamente condiviso non solo nell’accezione social del termine ma, principalmente, per i concetti così chiari, appropriati e brillantemente espressi, ieri il mio vecchio amico, l’avvocato napoletano Fabio De Paulis, ha rivolto il suo augurio a tutte le donne. Con Fabio non siamo sicuramente vicini sotto il profilo ideologico, ma ho motivo di poter affermare che ci accomuni un estrazione culturale basata su obiettività incondizionata e senso del rispetto ad ogni costo.
Ho avuto modo di scrivere più volte che la rivendicazione senza compromessi di una presunta mancata uguaglianza, sia essa di genere, di orientamento sessuale, di ideologia, di razza, di pelle, di origine, di collocazione geografica o di rispetto rappresenti di per sé un’esaltazione della stessa diversità che, con tale rivendicazione, si intenderebbe sconfiggere. E più andiamo avanti più si amplifica non solo l’incapacità di recepire questo tipo di concetto, ma si acuiscono sempre più certe forme di intolleranza verso chi la pensa in modo diverso.
Ecco, il post di Fabio non è certo un semplice contraltare a questa cultura woke ormai imperante in giro per il mondo, oppure la più classica delle alternative a quel concetto di comodo (ma per me neppure tanto insensato) che “le donne e gli innamorati vengono festeggiati ogni giorno”, giusto per evitare particolari incombenze ogni 14 febbraio e 8 marzo. E in particolare, quando rimarca il concetto di “violenza”, Fabio avvalora in modo mirabile quella che è la mia teoria di sempre: la stessa che mette sullo stesso piano, grazie a Giorgia Meloni e al Presidente della Repubblica, giornate di commemorazione rivendicate da schieramenti diversi, ma che oggi, finalmente, vantano un denominatore comune fondamentale: non dimenticare mai di condannare di qualsiasi forma di violenza o di totalitarismo.
Varrà la pena di spiegarlo ai soliti estremisti, Fabio?