PSICOLOGICAMENTE dr. Enzo Sarnelli | Ogni persona che incontriamo lungo l’esperienza della nostra esistenza, diviene l’opportunità per la nostra vita, di comprendere di più rispetto al significato del nostro posto nel mondo. La vita ci insegna a non giudicare l’altro, e che le apparenze ingannano, ciò che vediamo con i nostri occhi, è solo la superficie di un abisso sommerso.
C’è stato un tempo da bambini per giocare crescendo, abbiamo appreso come fare per prendere contatto con madre Terra, e abbiamo aspettato la sera per incontrare il Padre. Ognuno ha trascritto la propria storia nelle sue memorie corporee e attivato network significativi per lo sviluppo soggettivo. Qualcuno ha preferito affidarsi all’oblio per non sentire troppo freddo. Il tempo può curare una cicatrice, e renderla invisibile agli occhi, ma la ferita può continuare a sanguinare fino a quando non si entra nell’esperienza di quel momento, con la piena consapevolezza di ciò che sta accadendo, adesso. Se un bambino non ha avuto la disponibilità di una madre e un padre amorevoli, cercherà di copiare alla meno peggio i comportamenti che vede e sente nel suo ambiente circostante. Riproducendo azioni stereotipate e non supportate da una base emotiva.
La mente imparerà velocemente ad attivare riflessi in base agli stimoli che percepirà nel rapporto familiare e poi a esprimerli nelle relazioni future. Fisiologicamente siamo equipaggiati per sopravvivere alla vita grazie agli automatismi neuro-biologici. In assenza di un presidio emotivo-relazionale, il soggetto si ritrova a dover costruire una realtà oggettuale codificata attraverso sistemi meramente corrispondenti al concetto di stimolo-azione-risposta. L’essere umano in queste situazioni impara a mostrare la parte migliore del proprio Ego, funzionale a rispondere e ad interpretare i bisogni dell’altro. Pur di essere visti e considerati, sacrificheranno la loro dignità di essere umano nelle fauci dei cosi detti “caimani” dalle sembianze umane. Perché accade tutto questo? Quale è il significato di questo agire? Quando l’uomo non si soggettiva come essere umano, strutturato attraverso il correlato neuro-fisiologico affettivo relazionale, altro non gli resta che la sopravvivenza sociale. Ognuno occupa un posto nella società, ma non è sempre vero che tutti noi possiamo scegliere come vivere. In condizioni dove da bambini siamo stati educati alla mancanza del supporto emotivo, la mente è sprovvista di una traccia neuro-fisiologicamente canalizzabile. In assenza di un testimone così essenziale per la ramificazione dei nostri sentimenti, la mente tenterà con stratagemmi ad alterare la realtà interna. Provvedendo a sollecitare network che in qualche modo attiveranno i sistemi di ricompensa per equilibrare il senso di perdita. Il soggetto per “restare a galla” muoverà verso l’accumulo sostanziale di beni e oggetti che in qualche modo dovranno riempire il vuoto esistenziale che inesorabilmente, verrà a generarsi.
E’ così, quella bambina cresce e impara a difendersi dagli occhi invadenti e dalle parole senza affetto. Diventa una donna fragile, complicata con i suoi ricordi insicuri, ma non tollera di riconoscersi così umanamente bisognosa d’amore. Quando si sente “bella e potente”, prova a “sistemare” un passato fatto di assenze e paesaggi desolati. Accade, che lei resta ammaliata dal potere di qualcuno che illusoriamente le giura di “amarla guardandola” così come’è!. Un gioco psicologico, un vero racket, che si evidenzia da atteggiamenti manipolativi atti a imprigionare un’Anima per possederla. E’ ovvio che in queste condizioni siamo in assenza completa di qualsivoglia sentimento umano. Una donna può assecondare questo movimento, illudendosi di “ricucire” le sue vecchie ferite, mettendosi nel ruolo di carnefice, insieme al suo “padrone”. Ma in questo modo, si prostra e diventa la serva di un dio minore, “dona la sua acqua migliore ai porci”.
Quella bambina giocando, impara sul palcoscenico della vita, a scambiare ruoli, emozioni, aspettative, a volte può sorridere altre piange, e quando nessuno l’ha guardata con occhi amorevoli, le risulta molto complicato affidarsi a se stessa. I bambini stanno bene insieme ad altri bambini, sono felici e mettono in scena i “grandi” urlano e corrono, inciampano e cadono, quella sbucciatura ha il senso della condivisione di un attimo che passa via, senza lasciare troppo dolore. Il bambino sceglie sempre la sicurezza, l’adulto impara ad accettare la sofferenza della vita e a guardare avanti per la sua strada. Se riconosce i suoi veri bisogni e comprende le motivazioni che l’hanno confuso, può integrare il suo passato con occhi amorevoli. Potenziando le sue risorse nel presente, proverà a far emergere la compassione per se stesso e finalmente non avrà più bisogno dei manipolatori e dei caimani travestiti da persone perbene!.