lunedì, Dicembre 23, 2024

Raggi D speciale. Elezioni FIGC, una vera democrazia?

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RAGGI D di Daniele Serappo | In pochi si erano resi conto che a questo Europeo era l’Italia chiamata a fare l’impresa e non certo Svizzera o Croazia. Nel frattempo, durante lo scempio e quasi nel silenzio generale, con il numero uno FIGC Gravina impegnato a salire e scendere da un aereo che lo rimbalzava tra Via Allegri nella Capitale e il ritiro della Nazionale in Germania (magari per supervisionare de visu le piccate conferenze stampa del selezionatore Spalletti o a presenziare mediaticamente anche alle passeggiate sul terreno d’allenamento della squadra come mai un Presidente federale prima d’ora), comincia quasi in sordina il lungo percorso d’avvicinamento alle elezioni per i rinnovi delle cariche in ambito FIGC – ad ogni livello – che culmineranno con la mega assemblea elettiva clamorosamente e frettolosamente convocata solo ieri per il 4 novembre prossimo mentre solo 24 ore prima Gravina stesso aveva parlato di marzo 2025 per quelle verticistiche centrali. Il tempo dirà se le ultime decisioni vergate quasi sottotraccia dal Consiglio Federale giovedì scorso (perché appunto tutti distratti dagli impegni della banda-Spalletti) saranno l’ennesimo assist alla mancata crescita del nostro movimento calcistico.

MOLTO POTERE, MOLTI SOLDI
Recap: alle elezioni federali sono in ballo tanto potere e tanti soldi, in alcuni casi anche tanta visibilità che solo il mediatico mondo pallonaro può garantire a profili altrimenti spesso piuttosto anonimi e pallidi se inseriti in diversi ambiti e contesti. La FIGC, all’esito del disposto normativo del cosiddetto “Decreto Melandri”, ossia il D.lgs. 242/99, compone i propri organi di governo che si riuniscono in Consiglio Federale con i rappresentanti delle Leghe (la Lega di A per il 12%, la Lega di B per il 5%, la Lega Pro per il 17%, la LND per il 34%), delle rappresentanze delle Componenti Tecniche (i calciatori per il 20% e gli allenatori per il 10%) e degli Arbitri (il 2%). A dirla tutta, una prima scaldata (anche significativa) al motore s’è avuta il 22 aprile scorso quando l’AIC – l’Assocalciatori – ha riconfermato Umberto Calcagno alla sua presidenza: candidato unico, tutti allineati e coperti, margini di movimento e di alternativa non pervenuti, di fatto neanche richiesti, paventati e ventilati. Il ligure è già Vicepresidente (vicario) della FIGC.

EQUILIBRI E BILANCIAMENTI
Equilibri e bilanciamenti, perché tutto torni e perché nessuno manifesti ex ante e/o ex post alcun mal di pancia e malcontento da far scivolare il Consiglio su una buccia di banana, vengono solitamente poi garantiti mediante l’assegnazione di incarichi ampiamente retribuiti ed assegnati per nomina, non di rado con chiari ed evidenti contrasti d’interesse che si rilevano – oggettivi, dissonanti e stonati – nelle stesse carte che le dispongono a livello normativo interno e che pure troverebbero anche (inascoltati) muro e blocco nel Codice Etico e in tutti i faldoni che si agganciano alle disposizioni obbligatorie derivanti dal D.lgs 231/2001 anche approvato dal Consiglio Federale FIGC: la presidenza del Settore Giovanile e Scolastico, i Consiglieri della Federcalcio Servizi Srl, a livello più basso quelli della LND Servizi Srl o di AIAC Service Srl, il Fondo di Fine Carriera per non parlare del Consiglio di Amministrazione della sua ricchissima SpA che ne gestisce l’enorme patrimonio immobiliare, la presidenza del Settore Tecnico, la direzione della Scuola Allenatori di Coverciano, il ruolo di Dirigente Accompagnatore nelle varie rappresentative azzurre e così via.

ARRIVANO TRA POCO ANCHE ARBITRI ED ALLENATORI
A breve, dopo che il Consiglio Federale – all’esito di una chiacchieratissima, tiratissima e velenosissima “negoziazione” – ha disposto in data 14 giugno 2024 (CU 249/A) i nuovi “Principi Informatori dei Regolamenti della Associazione Italiana Arbitri”, anche le giacchette nere si avvieranno a votare per il rinnovo delle proprie cariche, mentre per gli allenatori il rito dovrà attendere come sempre da fine settembre in poi perché prima si dovrà assistere al rinnovo – l’ennesimo – del testo statutario che avverrà nell’Assemblea convocata per il 22 luglio prossimo a Coverciano: qui va detto che i vertici di AIAC punterebbero a blindare sempre più se stessi e le posizioni ricoperte agognando, bramando una vera e propria rivoluzione con una nomenclatura ed una struttura con procedure elettorali mutuate/in stile AIC. C’è da negoziare con la base che ovviamente frena perché si sentirebbe svuotata di potere.

UNA NOTA SUGLI STATUTI DI AIC ED AIAC
Senza entrare in stucchevoli dettagli che potrebbero annoiare, va detto che gli statuti di queste due associazioni, privatistiche quando a salvaguardia, difesa, consumo e convenienza di se stesse ma anche assolutamente endofederali per lo stesso motivo, andrebbero anche un attimino monitorate a livello sovraordinato poiché, a mio modo di vedere, se ne dovrebbero effettivamente valutare i contenuti e se questi siano pienamente democratici (soprattutto per quanto attiene alle garanzie degli associati). Mi pare cioè assurdo che vengano definite associazioni privatistiche – pur essendole – quando poi l’art. 11 dello Statuto FIGC (e specialmente le Norme Transitorie di questo) le coinvolgono pienamente nella vita federale ma lasciando poi “distrattamente” che si svincolino pressoché totalmente dagli obblighi CONI. La linea dovrebbe essere: se stai a giocare con noi, le regole nostre sono queste, altrimenti “ciccia” mentre invece, AIAC ad esempio, nel suo statuto fa riferimento a FIGC e CONI ma poi se ne va molto per i fatti suoi.

LA CHIAVE DI VOLTA: LA LND E ABETE
Ma la chiave di volta, l’anello di congiunzione, quello anche più forte da tutelare e difendere per chi vuole (continuare a) comandare, resta il 34% della LND attualmente presieduta da Giancarlo Abete: l’uomo giusto per ogni momento, per ogni stagione, per ogni occasione, il grande classico (ed esperto, va riconosciuto) che non tramonta mai e che fu riesumato prontamente alla dipartita di Carlo Tavecchio per comprimere le velleità di scalata al trono di Cesare da parte di Cosimo Sibilia. Abile tessitore, da decenni esperta nutrice e balia di orde di aspiranti dirigenti federali sognanti e irretiti dal fascino dello scudetto tricolore sul petto, fine conoscitore di palazzi e stanze ben oltre i confini della Capitale, appassionato ma compassato e dalle giuste amicizie e conoscenze anche nei più alti consessi dello Stato, da un piccolo TAR ad un Consiglio di Stato (ottimo per rintuzzare magari qualche colpetto proveniente come ieri dall’Autorità Garante ma non solo) passando per qualche ragioneria, Corte dei conti & affini così che, dopo aver giustamente sondato il terreno, c’è sempre quando ad esempio è opportuno valutare un profilo per la presentazione di una candidatura caldeggiata da una manifestazione d’interesse federale per le maggiori cariche degli organi di giustizia FIGC. Che sia chiaro, per quanto Abete in tanti lo definiscano il “prototipo del perfetto democristiano”, di una persona di equilibrio e capace di calmierare e smussare c’è sempre bisogno.

Talvolta la si potrebbe anche invocare una persona così, ma cadono le braccia quando, per converso, sicuramente per cedere a pressioni interne, porta in Consiglio Federale la richiesta di variare ancora una volta i “Principi Informatori degli Statuti e dei Regolamenti delle Leghe” perché, con quel che è stato stabilito nel Consiglio Federale del 27 giugno scorso, ci sarebbe da chiamare i berretti verdi!

I COMITATI REGIONALI ED I LORO PRESIDENTI
I Presidenti dei Comitati Regionali della FIGC, infatti, trincerati ed asserragliati dietro l’autonomia garantita al mondo dello sport dalla Legge 280/2003 e capaci di muoversi con abile, sinuoso e serpeggiante movimento consentito loro sia dalla larga maglia normativa che dal verticale rilascio (concessione) dall’alto verso il basso di gestione finanziaria ed economica di non scarso rilievo che, se non formalmente, almeno sostanzialmente, si esplica in una controllata, assecondata, negoziata, prostrata accondiscendenza di rimbalzo verso le esigenze sovraordinate per mantenere od orientare un determinato status quo, hanno ottenuto pochi giorni fa un clamoroso endorsement in prospettiva elettorale che fa venire alla mente anni davvero molto bui (specialmente in prospettiva).

DAL COMUNICATO 86/A del 1° OTTOBRE 2021…
Inizialmente infatti, un primo coraggioso e giusto passo verso una più ampia e diffusa scelta democratica da parte delle società dilettantistiche sul chi volessero a governarle a livello regionale (rappresentano pur sempre il cuore del movimento calcistico nazionale) fu da Gravina ed Abete materialmente fatto nella riunione del Consiglio Federale del 30 settembre 2021 allorquando, in occasione delle elezioni straordinarie per la presidenza del C.R. Basilicata, fu mutato (clamorosamente) il numero minimo/massimo delle designazioni necessarie per avanzare una candidatura alla presidenza di un Comitato Regionale FIGC (art. 3 c. 4 lettera d)) per cui “per le cariche dei Presidenti dei Comitati della LND le designazioni saranno così regolate: – nei Comitati con società aventi diritto di voto fino 600, il candidato dovrà conseguire almeno il 15% delle designazioni degli aventi diritto al voto; – nei Comitati con società aventi diritto di voto da 601 a 800, il candidato dovrà conseguire almeno 110 designazioni degli aventi diritto al voto – nei Comitati con società aventi diritto di voto da 801 a 1000, il candidato dovrà conseguire almeno 130 designazioni degli aventi diritto al voto – nei Comitati con società aventi diritto di voto superiori a 1000, il candidato dovrà conseguire almeno 150 designazioni degli aventi diritto al voto La percentuale massima di designazioni non potrà in nessun caso superare il 30 % degli aventi diritto al voto”.

Il “minimo/massimo” non è un dato di scarso rilievo: per fare un esempio con la Campania, se ci fossero 400 società aventi diritto al voto (l’ultima volta furono circa 440 ma si semplifica per comodità d’uso), per candidarsi alla presidenza, sarebbero bastate solo min. 60/max 120 designazioni (non una di più) così da poter avere potenzialmente una forbice fino a cinque candidati.

…AL COMUNICATO 266/A DEL 27 GIUGNO 2024
Ma evidentemente, interessi troppo grandi hanno fatto sì che nella riunione del Consiglio Federale del 27 giugno scorso si virasse decisamente facendo addirittura il salto del gambero così che la soglia minima di designazioni richieste è salito dal 15% al 25% (sull’esempio precedente del C.R. Campania si parlerebbe di 100 società minimo) mentre non c’è addirittura un tetto massimo e questo significa che, se con le solite e misteriose mosse, in meno di 24 ore si riuscissero a raccogliere almeno 301 designazioni, in Campania Zigarelli, la Tambaro & co si ritroverebbero, ex lege, a non avere alcun avversario. Chissà il Ministro Abodi cosa ne pensa di una cosa del genere visto che sembrerebbe interessato a migliorare di molto il funzionamento dello sport italiano in forza non certo dell’autonomia garantita a questo ma di una indipendenza che invece lo sport stesso non può rivendicare quando vengono lesi determinati principi fondamentali del nostro vivere. Trovo personalmente che il disposto del C.U. 266/A FIGC del 27 giugno scorso sia a dir poco imbarazzante. Questo il testo del nuovo art. 3 (Organi delle Leghe) c. 4 lettera d): “per le cariche dei Presidenti dei Comitati della LND, la percentuale minima di designazioni non potrà essere inferiore al 25% delle società aventi diritto al voto” e stop.

POTENZA, PREPOTENZA E IMPOTENZA
Del resto, è indubbio (Totò avrebbe detto con i suoi giochi di parole “ammesso e non concesso”) che chi detiene un certo potere faccia fatica a lasciarlo o a vederselo sfuggire con facilità ed è altrettanto evidente che, chi al momento può contare su un certo tipo di controllo (i Comitati Regionali lo hanno e lo esercitano sulle Società ma fanno anche pesare il loro 34% in Consiglio Federale, che nessuno venga a dire il contrario perché “cà nisciun è fess”) riesca a garantirsi la necessaria ma non per questo convinta condiscendenza al pari, obtorto collo, della ritrosia verso i potenziali entranti. A quel punto si dovrebbe pensare che il mondo del calcio dilettantistico scenda in strada ma, si sa, l’Italia non è un popolo da rivoluzioni, queste preferisce leggerle sui libri di storia perché fatte da altri o seguirle in tv. Così il rammarico, intanto, si fa sempre più materia nella convinzione che in FIGC risultano più apprezzati quei profili semplicemente funzionali ma meglio se non per forza capaci, non per forza competenti (mentre per le motivazioni può dipendere).

QUELL’ART. 4 CGS CHE PER LE ELEZIONI NON VALE
Infine, nella scacchiera dei giochi sporchi e in un contesto come quello sportivo che dovrebbe ispirarsi al principio del play true, non si capisce come mai chi firma doppi accordi e doppie promesse viene giustamente sanzionato dalla giustizia sportiva (anche con salate multe) mentre nel caso delle elezioni, chi firma doppie (o triple o più) designazioni se la cava uscendone indenne mentre la cosa parrebbe tutt’altro che chiara, limpida e cristallina considerando che nell’esprimere una preferenza con una designazione la cosa è già violativa del segreto (quasi) di un voto, crea inevitabilmente attriti e scompensi, invalida le designazioni stesse vanificando il lavoro di chi si dedica e si prodiga per una causa e pertanto chi si rende protagonista di simili comportamenti andrebbe forse sanzionato anch’egli per violazione dell’art .4 CGS, quello che fa riferimento alla lealtà e alla probità ma, come diceva Giolitti, le regole sono applicate per colpire i nemici mentre sono interpretate per (salvare) gli amici.

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