lunedì, Novembre 25, 2024

Demolizione a Forio, gli errori del Comune che hanno portato all’annullamento

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Un provvedimento viziato da carenza di istruttoria in quanto privo di esatte indicazioni sull’ubicazione delle opere abusive. L’ordinanza inoltre non risultava motivata. Fornite le prove della parziale preesistenza dell’immobile prima del 1967, peraltro già a conoscenza dell’Ufficio tecnico comunale. In subordine si chiedeva la sospensione per eventualmente limitare l’abbattimento alle parti non preesistenti

Nell’edizione di venerdì avevamo riportato la notizia della ordinanza di demolizione annullata dall’arch. Nicola Regine, responsabile dell’Utc Edilizia Privata del Comune di Forio, in quanto l’immobile oggetto del provvedimento risultava parzialmente preesistente al 1967. Attivando verifiche sulla consistenza delle opere originarie. Una iniziativa scaturita dalla richiesta della interessata, assistita dall’avv. Michele Regine, che sollecitava appunto l’annullamento in autotutela.

Nell’istanza, in premessa, si riportano stralci dell’ordinanza contestata, adottata a seguito del rapporto tecnico dell’UTC del 12/02/2019: «Si è rilevato verso sud, con un lato prospiciente la strada comunale, un manufatto di forma ad “L” avente ingombro complessivo di mq 108 costruito da una muratura di conci prefabbricati per tra lati rivestiti con pietrame locale a faccia vista e copertura in fogli di lamiera zincata coibentata posta ad un’altezza di circa mt 3,20. Esso, suddiviso internamente in un unico ambiente e n. 4 servizi si presenta al grezzo con abbozzo, predisposizione impianti e controsoffittatura;

esternamente sul lato nord vi è uno sporto in tavolato di legno con grondaia in p.v.c. Agli atti del 25/10/2018 risulta presentata a nome dei coniugi comunicazione per lavori di ordinaria manutenzione di natura conservativa ad un ex fabbricato rurale completamente legittimo di molto risalente nel tempo quali sarciture alle mura perimetrali, rifacimento dell’intonaco, sostituzione infissi esterni ed interni, sostituzione pavimentazione impianti ecc.; essa è priva di altra documentazione allegata. Circa la presenza di tale fabbricatosi riferisce che dalla foto aerea del sito Google Earth dell’ottobre 2007 viene raffigurato un manufatto di ingombro di circa mq. 30. Dalla foto aerea, dello stesso sito, del novembre 2015 viene raffigurato un manufatto di circa mq. 60».

CONCLUSIONI INAMMISSIBILI

L’avv. Regine passa quindi a chiarire gli aspetti urbanistici ed edilizi relativi alle opere in contestazione: «In limine va contestato l’accertamento operato dall’UTC di Forio in ordine alla esatta individuazione del fondo oggetto dell’impugnata ordinanza laddove, dalla ripetuta ordinanza, non rileva in maniera chiara ed univoca la precisa allocazione degli immobili in parola, quantomeno relativamente alla individuazione catastale degli stessi. Invero, sia dal richiamato rapporto del T.C. del 12/02/2019 che dalla stessa ordinanza di demolizione e riduzione in pristino, risulta alcuna indicazione precisa circa l’allocazione dei manufatti asseritamente abusivi; quantomeno in ordine agli estremi catastali (foglio di mappa e particella), in cui dovrebbero trovarsi gli stessi. Tale assoluta indeterminatezza in ordine all’oggetto del provvedimento amministrativo in questione, se da un lato palesa una scorretta ed incompleta attività istruttoria da parte della P.A., dall’altro frustra l’istante in un’adeguata controdeduzione.

Le conclusioni a cui si giunge con l’ordinanza in parola sono inammissibili laddove fondate su elementi carenti di adeguata istruttoria svolta dall’Ufficio preposto. Non è dato comprendere quale sia stato l’iter procedurale in base al quale il Tecnico comunale sia addivenuto alla determinazione anzidetta. Invero, dagli atti comunali, emerge una carente ed insufficiente attività istruttoria, fondata esclusivamente su mezzi di indagine inadeguati, del tutto inconferenti ai fini del corretto accertamento circa l’esistenza o meno dell’opera contestata. Proprio detta lacuna istruttoria, porta il Responsabile dell’Ufficio competente a determinarsi negativamente sino a giungere, addirittura, all’inammissibile conclusione che trattasi di un’opera completamente nuova e pertanto ne ingiunge la totale demolizione con riduzione in pristino. A ciò aggiungasi che trattasi di opere di antichissima fattura, per quanto infra».

Pertanto,«il provvedimento impugnato, oltre che illegittimo per insussistenza di presupposti di fatto e di diritto ai fini dell’esercizio del potere sanzionatorio, non risulta neanche adeguatamente motivato in ordine all’interesse pubblico concreto ed attuale alla eliminazione ed al ripristino di opere realizzate svariati anni orsono. Eloquente sul punto la sentenza del Consiglio di Stato, Sesta Sezione, del 08/04/2016 laddove precisa che:“il notevole periodo di tempo trascorso tra la commissione dell’abuso edilizio e l’adozione dell’ordinanza di demolizione, e il protrarsi dell’inerzia dell’Amministrazione comunale preposta alla vigilanza, possono costituire indice sintomatico di un legittimo affidamento in capo al privato, a fronte del quale grava quantomeno sul Comune, nell’esercizio del potere repressivo-sanzionatorio, un obbligo motivazionale “rafforzato” circa l’individuazione di un interesse pubblico specifico alla emissione della sanzione demolitoria, diverso e ulteriore rispetto a quello al mero ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato, in deroga al carattere strettamente dovuto dell’ingiunzione a demolire”».

ORDINE DI DEMOLIZIONE TARDIVO

Viene riportata ulteriore giurisprudenza in materia: «L’ingiunzione demolitoria, atto dovuto in presenza della constatata realizzazione dell’opera senza titolo abilitativo (o in totale difformità da esso), si deve considerare in linea di principio sufficientemente motivata con l’affermazione dell’accertata abusività dell’opera; pur tuttavia, si deve far salva l’ipotesi in cui, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso ed il protrarsi dell’inerzia dell’Amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato. In tale ipotesi si ravvisa un onere di congrua motivazione che indichi, avuto riguardo anche all’entità ed alla tipologia dell’abuso, il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato».

Ancora: «Occorre una congrua motivazione da parte dell’amministrazione nel caso di un ordine di demolizione a seguito di un abuso edilizio successivo di oltre venti anni alla costruzione dell’immobile; infatti in tal caso il decorso del tempo e il possesso determinano un affidamento in capo al possessore che è peraltro anche tutelato dall’ordinamento con l’istituto dell’usucapione».

IL DIFETTO DI MOTIVAZIONE

Nell’istanza si contesta una ulteriore “omissione”: «Va altresì evidenziata l’illegittimità del provvedimento emesso in ordine alla violazione dell’art. 3 della Legge n. 241/1990 secondo il quale ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato. Il Responsabile dell’Ufficio in indirizzo, con l’atto di ingiunzione di cui in oggetto, sostiene che essendo l’ordine di demolizione di opere abusive un’attività vincolata sarebbe priva di margini di discrezionalità, e quindi è sufficiente la mera constatazione dell’esecuzione di un intervento edilizio eseguito senza titolo per poter emettere l’ordinanza demolitoria, non necessitando di una particolare motivazione in ordine alle disposizioni normative che si assumono violate, né in ordine all’interesse pubblico alla rimozione dell’abuso che è in re ipsa, consistendo nel ripristino dell’assetto urbanistico violato.

Tuttavia l’affermazione del Responsabile comunale di cui innanzi, non consente un’omissione a priori di una ben che minima motivazione dell’atto amministrativo tale da permettere al destinatario del provvedimento quantomeno la ricostruzione dell’iter logico-giuridico che ha determinato il Responsabile all’emissione del provvedimento amministrativo. In definitiva l’istante, anche ai fini di una corretta censura in ordine all’operato della P.A. nell’emissione di un atto, ha diritto di conoscere i motivi della scelta della P.A. operati nei limiti concessi».

Su questo punto la giurisprudenza in materia chiarisce: «Il difetto di motivazione dell’atto amministrativo impedisce di comprendere in base a quali dati specifici sia stata operata la scelta della pubblica amministrazione, nonché di verificarne il percorso logico seguito nell’applicare i criteri generali nel caso concreto, così contestando di fatto una determinazione assolutamente discrezionale e non controllabile e violando non solo l’obbligo di motivare i provvedimenti amministrativi, indicando, ai sensi dell’art. 3 l. 7 agosto 1990 n. 241, i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che li hanno determinati in relazione alle risultanze dell’istruttoria, ma anche i principi di imparzialità e buon andamento, di cui all’art. 97 cost.». Ribadendo: «Tanto premesso e per quanto correttamente precisato dal Tecnico comunale con la ripetuta relazione del 12/02/2019 è evidente la preesistenza, seppur parziale, dell’opera oggetto di ordinanza di demolizione».

LA PREESISTENZA PARZIALE

La richiesta fornisce precise indicazioni sulla preesistenza: «Il manufatto oggetto di demolizione, almeno in parte, preesisteva. Ciò è quanto si evince dal rapporto tecnico dell’UTC del 12/02/2019, richiamato dall’ordinanza, laddove lo stesso Tecnico comunale precisa che“…. dalla foto aerea del 2007 viene raffigurato un manufatto di ingombro di circa mq. 30…”. Circostanza, tra l’altro, corroborata dagli stessi danti causa della istante, i defunti genitori, che, giusta comunicazione del 25/10/2018 – anch’essa richiamata in ordinanza- segnalavano l’effettuazione di“…lavori di ordinaria manutenzione di natura conservativa ad un ex fabbricato rurale completamente legittimo di molto risalente nel tempo quali sarciture alle mura perimetrali, rifacimento dell’intonaco sostituzione infissi esterni ed interni, sostituzione pavimentazione impianti ecc.».

E’ notorio che in questi casi «è onere dell’interessato, fornire la prova circa la preesistenza dell’immobile oggetto di demolizione, per quanto ampiamente ribadito dalla giurisprudenza di massima». Ebbene, scrive l’avv. Regine, «all’uopo si depositano, in allegato, tre fotografie dell’Istituto Geografico Militare, estrapolate dall’Archivio Fotografico, con voli datati rispettivamente il 16/08/1943 serie 58 fotogramma 78, il primo; il 15/10/1966 serie VI fotogramma 85, il secondo; il 19/05/1974 serie XXI fotogramma 948, il terzo. Tutte e tre le foto aeree si riferiscono alla pratica n. 350/2020 ed hanno ad oggetto i Fogli di mappa n.ri 183 e 184 del Comune di Forio. Da dette foto aeree, che costituiscono prova, si evince che l’immobile in questione preesisteva addirittura al 1 settembre del 1967 ossia prima dell’entrata in vigore della Legge 765/1967 – cosiddetta “Legge Ponte”- , prima della quale, quantomeno sotto l’aspetto meramente urbanistico, era escluso per gli immobili ricadenti al difuori del centro abitato – come nel caso di specie- il rilascio del titolo edilizio».

LA LEGGE “PONTE”

Si richiama ancora la giurisprudenza del Consiglio di Stato: «In materia di abusi edilizi, in caso di contestazione dell’abusività di un’opera grava sul proprietario l’onere di dimostrare l’esistenza di un titolo edilizio oppure di fornire la prova della risalenza dell’immobile a un periodo precedente alle previsioni normative che hanno imposto la necessità del titolo abilitativo edilizio, in linea generale coincidente con la c.d. legge “ponte” n. 765 del 1967, che ha imposto l’obbligo generalizzato di previa licenza edilizia per le costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano”-, spetta all’interessato fornire, appunto, la prova o quantomeno un principio di prova della preesistenza del bene, al fine di poter escludere al riguardo la necessità di rilascio del titolo edilizio».

Come pure: «In materia edilizia il soggetto che contesti la legittimità dell’ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo, realizzato al di fuori del centro abitato, ha l’onere di fornire per lo meno un principio di prova in ordine al tempo di ultimazione di quest’ultimo, laddove asserisca che l’immobile sia stato realizzato in data antecedente all’entrata in vigore della Legge n. 765/1967, quando per tali tipi di costruzione non era prescritta alcuna licenza edilizia». «Ciò, appunto – aggiunge l’avv. Regine -, per essere stata l’opera realizzata secondo il regime originariamente previsto dall’art. 31 della L. n. 1150 del 1942, ossia prima della novella introdotta dall’art. 10 della c.d. legge ponte n. 765 del 1967».

Per concludere: «A fronte di tanto, avendo l’istante ottemperato all’onere della prova suddetto, quantomeno fornendone un principio, si chiede pertanto che il Responsabile dell’UTC – VII Settore- del Comune di Forio, Arch. Nicola Regine, voglia annullare o quantomeno sospendere l’ordinanza di demolizione n. 170 del 23/10/2023. In subordine, a fronte degli elementi probatori forniti, si chiede al Responsabile in indirizzo che, previ ulteriori accertamenti tecnici a seguito di nuova ed adeguata istruttoria, voglia quantomeno appurare quanto sostenuto dalla istante e restringere l’ambito di esecuzione della sanzione demolitoria limitatamente a opere edili eventualmente ulteriori ed abusive rispetto al preesistete legittimo manufatto indicato nelle menzionate foto aeree».

Interesse concreto e attuale

«… il provvedimento impugnato, oltre che illegittimo per insussistenza di presupposti di fatto e di diritto ai fini dell’esercizio del potere sanzionatorio, non risulta neanche adeguatamente motivato in ordine all’interesse pubblico concreto ed attuale alla eliminazione ed al ripristino di opere realizzate svariati anni orsono»

Le prove

Depositate tre fotografie dell’Istituto Geografico Militare, estrapolate dall’Archivio Fotografico, di cui la prima risalente addirittura al 1942 e la seconda al 1966

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