La Iliad, in perenne contenzioso con i Comuni isolani, incassa per il momento una vittoria parziale a Lacco Ameno, dove il Comune aveva dichiarato la improcedibilità della richiesta di installazione di un impianto radio per telefonia cellulare.
Una questione complessa, che il Tar Campania ha risolto con una sentenza che annulla i provvedimenti sfavorevoli, ma lascia aperta la possibilità di un eventuale futuro diniego.
Nella sentenza il collegio della Settima Sezione ricostruisce i fatti. Iliad Italia aveva presentato in data 19 ottobre 2022, al Comune di Lacco Ameno un’istanza di autorizzazione per l’installazione di un nuovo impianto di radio-trasmissione per rete di telefonia mobile, comprensiva dell’istanza di autorizzazione paesaggistica. Il provvedimento impugnato è quello datato 30 maggio 2023, «avente ad oggetto “Progetto di installazione di impianto tecnologico di radio telecomunicazioni per telefonia cellulare – improcedibilità”, con cui il Comune di Lacco Ameno ha dichiarato improcedibile la richiesta di installazione di un impianto tecnologico di radio telecomunicazioni per telefonia cellulare nel Comune di Lacco Ameno – zona Negombo,in applicazione della delibera a monte del Commissario Straordinario n. 23 del 23 luglio 2020, avente ad oggetto “Moratoria della sperimentazione della tecnologia 5g su tutto il territorio comunale a tutela dell’ambiente e della salute pubblica. Atto di indirizzo”». Impugnata anche quella deliberazione del Commissario Straordinario.
A sostegno del ricorso Iliad ha evidenziato una serie di violazioni alla normativa anche europea in particolare nella materia oggetto del contendere.
LA DIFESA DEL COMUNE
Il Comune di Lacco Ameno si è costituito con più memorie difensive. Eccependo innanzitutto «la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, poiché proposto avverso un atto endoprocedimentale, essendo la gravata nota del 30 maggio 2023 (asseritamente) “riconducibile l’istituto del cd. preavviso di rigetto, di cui alla l. 7 agosto 1990 n. 241”, nonché la sua irricevibilità, per la tardiva impugnazione della Delibera del Commissario Prefettizio n. 23/2020 (pubblicata a far data dal 23/7/2020, per 15 giorni consecutivi, sull’Albo Pretorio online del Comune di Lacco Ameno), e, infine, la sua infondatezza».
Successivamente la stessa Amministrazione comunale ha deciso di regolamentare nuovamente la materia e lo ha fatto presente in una seconda memoria, rilevando la sopravvenuta «improcedibilità del ricorso introduttivo per carenza di interesse oppure, in alternativa, la cessazione della materia del contendere, e ciò naturalmente, fatti salvi i conseguenti provvedimenti dell’Ente e degli organi preposti in relazione all’originaria istanza, dal momento che in data 1.2.2024, il Comune di Lacco Ameno ha adottato la delibera n. 14/2024 che prevede di adottare, nel consiglio Comunale dell’8.2.2024, il regolamento ai sensi dell’art. 8 della Legge 22 febbraio 2001, n. 36, del codice delle Telecomunicazioni, per il corretto insediamento degli impianti di telefonia, come quelli in esame». Regolamento che «sostituisce ogni provvedimento in materia precedentemente emanato, in particolare la delibera del Commissario Straordinario n. 23 del 23.7.2020 e prevale su eventuali disposizioni regolamentari in materia che risultino in contrasto con lo stesso». Delibera depositata agli atti.
Iliad a sua volta si è opposta alla declaratoria di improcedibilità o di cessata materia del contendere, «ribadendo l’interesse alla caducazione della dichiarazione di improcedibilità ed affermando che “Non essendovi stato alcun diniego (ma solo una dichiarazione di improcedibilità), rimosso giudizialmente l’arresto procedimentale (e l’abnorme delibera che si pone a monte), poiché sono ampiamente maturati i termini del silenzio assenso, la ricorrente avrà il titolo autorizzatorio per installare nel sito oggetto della propria domanda autorizzatoria”».
RESPINTE LE ECCEZIONI DELL’ENTE
Il Tar ha sciolto gli intricati nodi accogliendo il ricorso ma facendo salvi i successivi provvedimenti del Comune.
Le eccezioni dell’Ente sono state ad ogni modo respinte. Ad iniziare dalla «inammissibilità del ricorso per carenza (originaria) di interesse, in quanto la gravata nota del 30 maggio 2023, avendo determinato un arresto del procedimento de quo, non costituisce atto endo-procedimentale, riconducibile all’istituto del cd. preavviso di rigetto (peraltro in alcun modo richiamato nella nota impugnata), bensì provvedimento finale lesivo e, come tale, impugnabile».
Analoga sorte per l’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività, «in quanto la presupposta delibera del Commissario Straordinario n. 23 del 23 luglio 2020 è stata, nella fattispecie di causa, (tempestivamente) impugnata unitamente alla nota comunale del 30 maggio 2023 che ne ha fatto applicazione, in conformità alla giurisprudenza di questa sezione e, in generale, amministrativa richiamata dallo stesso difensore del Comune resistente nella memoria difensiva del 05/02/2024. Infatti, anche a volere ritenere che la predetta delibera commissariale contenga prescrizioni immediatamente e direttamente lesive rispetto alle quali il provvedimento di applicazione ha carattere semplicemente adempitivo, il Comune resistente non ha dimostrato la piena conoscenza da parte dell’odierna ricorrente “dell’esistenza della Delibera n. 23/2020 quantomeno dalla data 6.7.2021”».
Nemmeno è sufficiente a far decorrere il termine di impugnazione della stessa la sua pubblicazione, a far data dal 23/7/2020, sull’Albo Pretorio online del Comune.
Rigettata anche la tesi della «sopravvenuta improcedibilità del ricorso per carenza di interesse o cessazione della materia del contendere a seguito della adozione della delibera della Giunta Comunale del 31/01/2024 e della successiva deliberazione del Consiglio comunale dell’08/02/2024», in quanto il Comune, «a seguito dell’adozione degli atti di cui sopra, non ha, però, provveduto ad annullare in autotutela e/o ritirare (anche) il provvedimento comunale del 30 maggio 2023, con il quale è stata dichiarata l’improcedibilità dell’istanza di autorizzazione per cui è causa, e rispetto al quale, pertanto, parte ricorrente conserva l’interesse ad una pronuncia giudiziale di annullamento».
LA DELIBERA COMMISSARIALE
Scendendo nel merito i giudici riportano la motivazione del provvedimento impugnato. «Con riferimento alla “Istanza di autorizzazione ai sensi degli artt. 44 e 49 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche” Sistema 3G/4G/5G … si informa la SV che la richiesta in oggetto è improcedibile in quanto la Deliberazione del Commissario Straordinario N.23 del 23.07.2020 che si allega, prevede l’astenersi dall’autorizzare, asseverare e dare esecuzione a progetti relativi a nuove tecnologie, come li 5G, che possono condurre ad un aggravamento delle lamentate condizioni di insalubrità ambientale. Quindi al fine di poter dar seguito alla richiesta bisogna riformularla escludendo tale tecnologia».
Sta di fatto si rileva in sentenza, che con quella delibera commissariale di indirizzo viene deliberato «di manifestare indirizzo negativo riguardo all’estensione sul territorio comunale della nuova tecnologia 5G, fino quando non sarà garantita la completa sicurezza di questa nuova tecnologia; di astenersi dall’autorizzare, asseverare e dare esecuzione a progetti relativi a nuove tecnologie, come il 5G, che possano condurre ad un aggravamento delle lamentate condizioni di insalubrità ambientale».
Sul punto il collegio ha ritenuto fondata e assorbente la censura formulata nel quinto motivo di ricorso, «incentrata sulla dedotta violazione dell’art. 8 della L. n. 36 del 22/02/2001 (“Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”)».
Osservando che «il gravato provvedimento comunale di improcedibilità si basa esclusivamente sulla richiamata delibera a monte del Commissario Straordinario n. 23 del 23 luglio 2020». Un atto che introduce, però, «un divieto generalizzato di installazione degli impianti di telecomunicazione in questione nel territorio comunale, in palese contrasto con l’art. 8 (“Competenze delle regioni, delle province e dei comuni”) della L. n. 36/2001, il quale, in particolare, prevede espressamente che “I comuni possono adottare un regolamento nel rispetto delle vigenti disposizioni di legge, per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato”».
RESPINTA LA TESI DEL SILENZIO-ASSENSO
Il divieto generalizzato su cui si fondava il provvedimento comunale è dunque illegittimo. Di qui l’annullamento, che si estende anche alla delibera commissariale peraltro sostituita dal nuovo Regolamento «con salvezza, però, dell’ulteriore corso dell’azione amministrativa in relazione all’istanza di autorizzazione per cui è causa (come sostenuto anche dal Comune resistente nella sua memoria difensiva del 05/02/2024)».
Il Tar infatti non condivide la tesi esposta da Iliad nella memoria di replica, secondo cui, invece, «rimosso giudizialmente l’arresto procedimentale (e l’abnorme delibera che si pone a monte), poiché sono ampiamente maturati i termini del silenzio assenso, la ricorrente avrà il titolo autorizzatorio per installare nel sito oggetto della propria domanda autorizzatoria».
Quella autorizzazione non si intende rilasciata alla luce del silenzio assenso e giudici precisano: «A tal fine, in diparte ogni altra considerazione, basti rilevare, in via dirimente, che l’odierna ricorrente, con il ricorso introduttivo del presente giudizio, si limita a chiedere l’annullamento degli atti impugnati, senza dedurre, tra i motivi di gravame, l’asserita formazione del silenzio assenso sulla propria istanza di autorizzazione, sicché tale questione, a cui parte ricorrente fa – inammissibilmente – un generico cenno solo nella predetta memoria di replica del 15/02/2024 non notificata, non può essere scrutinata da questo Tribunale».
Il Comune di Lacco Ameno risulta comunque soccombente e condannato a pagare le spese di giudizio, ma non è stato sentenziato alcun “obbligo” a suo carico ad autorizzare in futuro quell’impianto radio.