Psicologicamente del Dr. Enzo Sarnelli | “Fermate il tempo, non voglio crescere” anzi sarebbe il caso di dire “evito l’incontro, non conosco, quindi non sperimento la mia vita”. Da uno studio americano della San Diego State University, emerge una realtà che dovrebbe indurre gli adulti di riferimento ad una profonda riflessione.
Il campione analizzato in USA ha monitorato, lungo il corso degli ultimi quarant’anni, la propensione di circa 8,4 milioni di adolescenti americani (età tra i 13-19). Il risultato dello studio ha indicato che i diciottenni di oggi si comportano come i quindicenni di ieri, inoltre i giovani di oggi tendono a posticipare sempre più le esperienze adulte come avere un partner, guidare l’auto, lavorare. In Italia sono state analizzate le risposte di circa 65 mila ragazzi di 11, 13 e 15 anni, misurando l’interesse, la voglia dei giovani di fare nuove esperienze, che in qualche modo li rendessero consapevoli del valore del tempo che inesorabilmente passa. Ma l’unica buona notizia è che gli astemi sono passati dal 19% del 2002 al 25% del 2020. Questo risultato è sicuramente positivo per la salute pubblica, ma leggendo i risultati sulla loro capacità di sperimentarsi in una relazione, nel cercare un lavoro, i dati letti insieme, tracciano un’ identikit di un giovane “connesso al mondo ma sconnesso con se stesso e la sua quotidianità”.
Poco motivato a sperimentarsi in nuove esperienze che gli consentano di svincolarsi dalla propria adolescenza e guardare oltre. Nell’era “touch” non sopravvivono i giochi del quartiere, quelli che univano, che mettevano insieme un gruppetto di ragazzini, che solo dopo aver finito i compiti, potevano incontrarsi per giocare, litigare, confrontandosi con le proprie capacità e i limiti.
Oggi giorno, notiamo che gli adolescenti trascorrono sempre meno tempo con gli amici, qui intendiamo un “tempo non strutturato”, al di fuori delle consuete attività scolastiche e sportive. Inoltre l’Aci fa sapere che le patenti per l’auto hanno subito un crollo del 40% tra il 1992 e il 2017. Secondo la ricerca Usa, i giovani preferiscono giocare su internet perché hanno capito che c’è la possibilità di “osare” in modo virtuale. Se qualcosa va storto su facebook, si può eventualmente cambiare identità o interrompere la conversazione. Il ruolo degli adulti di riferimento è un po’ controverso, nel senso che, anche i genitori utilizzano i social media, spesso usano la tv, i giochi virtuali e gli smartphone come baby-sitter per controllare i loro bambini.
Gli studi e le ricerche internazionali hanno rilevato che la Rete-internet non è l’unica causa a determinare una riluttanza giovanile verso il così detto mondo degli adulti. L’interpretazione più ecologica riguarda la “storia di vita” di ogni bambino, l’ambiente in cui cresce e il tipo di educazione che riceve. Chi vive in ambienti agiati tende ad avere meno fretta di crescere rispetto a chi passa la propria adolescenza tra rinunce e ristrettezze.
L’essere umano quando è posto in condizioni di sopravvivenza, caratterizzate da un futuro incerto e poche rassicurazioni, deve poter contare solo su stesso, valorizzando ed incentivando le proprie ed uniche risorse per riuscire a farcela. Dal 2000 in poi, “i nativi digitali” sono cresciuti mangiando “pane e tecnologia”, questa è la generazione degli “smartphone”, di coloro che sono sempre “on line” connessi con la Rete, una sorta di “occhio indiscreto” che confonde i ruoli tra adulti di riferimento e figli.
Inoltre, rispetto agli anni 70 è aumentato il reddito delle famiglie, questo ha reso i genitori economicamente più tranquilli rispetto alla progettualità di vita all’interno del nucleo familiare. Ma tutto ciò, negli adolescenti, ha completamente zittito l’orologio biologico formatosi in tempi più primitivi. I teenager di oggi “super touch” prediligono l’uso di whatsapp e tic-toc perché sentono meno il bisogno di uscire e di incontrarsi fisicamente. Il desiderio dell’incontro “de visu” ha ceduto il passo alla paura di sentirsi inadeguati, incapaci di affrontare il momento di conoscenza-apertura verso ciò che non è conosciuto, scontato.
Ciò che emerge è una mancanza di fiducia nella relazione adulto-adolescente, soppiantata dal bisogno di controllo e dalla difficoltà comunicativa tra due generazioni. Molto spesso, quando il conflitto diviene l’unico modo per parlarsi, il ruolo di genitore è strumentalizzato per tentare di ristabilire con forza un ordine che non c’è mai stato. Inoltre, sembra quasi sparita la cultura del “meravigliarsi” rispetto alla bellezza della vita, nelle sue molteplici sfaccettature, intesa come natura e storia di ogni essere umano.
Inoltre la ricerca ha notato anche un modus operandi non ecologico degli adulti di riferimento nei rapporti educativi. La relazione adulto-giovane è contaminata dall’utilizzo abnorme dei social da parte degli adulti che inconsapevolmente tendono a “parcheggiare” i più piccoli in un tempo virtuale che perde il suo significato relazionale. Sarebbe auspicabile nell’interesse di tutti, utilizzare le nuove tecnologie con moderazione, riservando più spazio e tempo a riprendere quel dialogo interiore e autentico con il proprio sé; sprone che ci condurrà all’incontro con un “tu” senza pretese, vivendo nuove opportunità per ritornare ad essere gli artefici delle proprie esistenze.