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Matteo e Donald | #4WD

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Daily 4ward di Davide Conte del 17 settembre 2024

Trovo una notevole similitudine tra Matteo Salvini e Donald Trump e non solo per il fatto che il primo sostenga apertamente il secondo così come faccio io.

Né Salvini né Trump mi sono particolarmente simpatici da sempre. La loro inguaribile guasconeria nel modo di porsi risulta molto spesso sgradevole e pone il più classico degli interrogativi: è così difficile rimodulare la propria programmazione neurolinguistica per un personaggio pubblico del loro livello? Ma sia per l’uno che per l’altro sono evidenti certe -per così dire- disparità di trattamento che alla fine mettono in condizioni un comune mortale che non abbia il cervello all’ammasso di difenderli e fare il tifo per loro.

La richiesta di sei anni di reclusione per Salvini da parte del PM in seno al processo Open Arms, se analizzata in modo scevro dai condizionamenti di parte, è del tutto inconcepibile e non solo secondo il concetto che un Ministro della Repubblica abbia il dovere di far rispettare le leggi dello Stato che siano o meno in linea con le scelte e le decisioni della propria agenda politica. Non è pensabile, infatti, che in uno stato di diritto, il Pubblico Ministero di un processo esprima nella propria requisitoria valutazioni che lo pongano in netto contrasto con un decreto legge (quindi, con la Legge dello Stato) e con la linea politica di un Governo che, in quanto tale, era legittimato ad agire sebbene non eletto dal popolo. Non è quello il suo compito! E se non è un processo politicizzato questo…

Per Trump, invece, fresco fresco di un ulteriore tentato omicidio a suo danno, ho già avuto modo di scrivere che non solo negli Stati Uniti ma ovunque al mondo si sta tentando di ripetere la strategia del 2016, allorquando la vittoria di Hillary Clinton veniva sbandierata ai quattro venti quale scontata e con un vantaggio enorme, mentre alla fine i principali media americani (a partire dal New York Times) si videro costretti a genuflettersi al neo-eletto presidente tycoon, scusandosi e rimangiandosi una miriade di sondaggi rivelatisi oltremodo fasulli. Il tutto, in questo caso, non occorre ad altro che a mascherare a tutti i costi la singolarità del cambio in corsa del candidato alla Casa Bianca da parte dei democratici, lasciando in carica fino a fine mandato un presidente “inadatto” a mo’ di contentino e proponendo in alternativa la sua vicaria, che fa di tutto per apparire come una “novità” ma che, negli ultimi tre anni, è stata co-protagonista dei disastri della politica di Biden e oggi non disdegna affatto di “copiare” molti dei provvedimenti storicamente cavalli di battaglia elettorali di Trump.

Matteo e Donald, due facce di una medaglia dal conio di scarsa fattura ma che, quanto al valore attribuito e percepito, meriterebbe qualche riflessione in più.

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