Una guerra infinita e senza esclusione di colpi, quella di Campagnano, e che si combatte su più fronti. Il Comune d’Ischia avrebbe espresso la volontà di acquisire l’immobile di proprietà di Carmela Mazzella, moglie di Raffaele Di Iorio, per gli abusi contestati nell’ordinanza di demolizione del 2019 e dopo il rigetto del ricorso da parte del Tar. Ed ecco che subito il legale della coppia, l’avv. Carmine Bernardo, presenta nuova impugnazione ai giudici amministrativi per l’annullamento previa sospensione degli atti comunali ritenuti illegittimi.
In particolare della «nota del Comune di Ischia del 22/05/2024, notificata in data 28/05/2024, con la quale il Comune di Ischia ha negato la autorizzazione ad effettuare i lavori di ripristino dello stato dei luoghi di cui alla ordinanza di demolizione nr. 145 del 30/09/2019, richiesti con nota del 11/03/2024, ritenendo che, con il verbale di accertamento della inottemperanza dei vigili del 15/11/2023, la proprietà del bene è stata acquisita al patrimonio comunale ipso iure». Una nota e nemmeno una ordinanza.
LA STORIA
In premessa l’avv. Bernardo ricostruisce i fatti, a partire dall’ordinanza del 30/09/2019con la quale veniva ingiunta la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi. Nel 2023 il Tar rigettava il ricorso. Sta di fatto che «con Scia del 14/10/2019 la sig.ra Mazzella Carmela comunicava al Comune che avrebbe provveduto al ripristino dello stato dei luoghi in esecuzione della ordinanza nr. 145/2019 e chiedeva l’accertamento della conformità urbanistica». Il ripristino dello stato dei luoghi era previsto per la maggior parte degli abusi, mentre per i rimanenti «il geom. Sasso asseverava che, trattandosi di interventi che non comportano una modifica del territorio e conformi alle norme edilizie, era necessario solo un accertamento di conformità».
Qui nel ricorso si precisa che l’immobile «fa parte di un cespite immobiliare di due piani costruito in epoca antecedente il 1967. Ha una superfice di circa mq 70 ed una volumetria di oltre mc 280, per cui i piccoli aumenti di volume e superfici sono insignificanti.Non si tratta, quindi, di lavori di nuova costruzione ma sono interventi di ristrutturazione edilizia». Il tecnico specifica nella relazione asseverata, «per quanto riguarda l’accertamento di conformità, che non vi è alcun aumento di volumetria ad eccezione di un piccolo incremento volumetrico di 5 mq per il quale si chiedeva il ripristino dello stato dei luoghi. Atteso che il proprietario sovrastante aveva utilizzato il tetto di questo piccolissimo abuso per costruirvi una scala di accesso alla propria abitazione, si specificava che la demolizione avrebbe comportato anche la demolizione della scala».
Il Comune però «con nota del 12/11/2019 sospendeva la SCIA ritenendo che fosse necessaria l’autorizzazione dei condomini aventi diritto nella corte condominiale, e, ciò nonostante che si trattava di eliminare lavori abusivi (sic!). In data 13/11/2023 vista la impossibilità di acquisire il consenso dei comproprietari della corte condominiale, la sig.ra Mazzella, con nota del 14/11/2023, comunicava la rinuncia alle opere previste con la richiamata S.C.I.A. oggetto di sospensione, limitando l’intervento alle sole opere finalizzate al ripristino dello stato dei luoghi di cui alla ordinanza di demolizione nr. 145/2019».
In riscontro a tale istanza in data 15/11/2023 il Comune ha notificato l’accertamento dei vigili urbani di inottemperanza «ed in data 30/11/2019 la ingiunzione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 31 comma 4 bis Dpr 380/2001». Contro tali atti è stato presentato ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, «per il quale non risulta che ad oggi il Comune abbia fatto le sue controdeduzioni». E arriviamo agli inizi di marzo scorso, quando la Mazzella «spontaneamente ha iniziato i lavori di ripristino dello stato dei luoghi per eliminare le dette abusività, ma sono intervenuti in data 06/03/2024 i vigili urbani che hanno disposto la interruzione dei lavori, riferendo che con il verbale di inottemperanza la proprietà del bene era passata al Comune e, quindi, la Mazzella non aveva alcun titolo ad intervenire».
Con nota del 11/03/2024, la Mazzella, pur precisando che alcuna acquisizione al patrimonio pubblico vi era stata, chiedeva di poter eliminare gli abusi contestati. Ma «il Comune nei termini non forniva alcun riscontro, costringendo la Mazzella a presentare ricorso avverso silenzio inadempimento, ricorso già discusso ed in attesa della decisione. Dopo la notifica del ricorso e nella imminenza della udienza fissata dal Tar, solo in data 28/05/2024 il Comune rispondeva con la nota qui impugnata con la quale, dichiarando la intervenuta acquisizione ipso iure del bene al patrimonio comunale con il verbale di inottemperanza redatto dai vigili urbani, riteneva improcedibile la richiesta di ripristino dello stato dei luoghi».
IL RUOLO DEL VICINO
Nella vicenda entra in gioco il vicino dei Di Iorio-Mazzella, ed infatti l’avv. Bernardo nel ricorso ricorda l’altro fronte della guerra, ovvero della ordinanza di demolizione a carico di Attilio De Angelis rimasta inottemperata: «Il proprietario sovrastante ed autore della illegittima sopraelevazione abusiva, come ritorsione, ha denunciato le minimali opere della Mazzella per le quali oggi non si può provvedere al ripristino dello stato dei luoghi per l’incomprensibile comportamento del Comune. Il mancato ripristino dello stato dei luoghi favorisce indubbiamente il proprietario sovrastante che beneficia anche delle opere contestate abusive realizzate nelle parti comuni. Il Comune da un lato non esegue la ordinanza di demolizione per la illegittima sopraelevazione del De Angelis Attilio e nel contempo impedisce alla Mazzella il ripristino dello stato dei luoghi, ripristino che sicuramente avrebbe danneggiato il proprietario sovrastante.
La Mazzella nel caso di specie ha il solo torto di aver più volte sollecitato il Comune a porre in essere gli atti del suo ufficio procedendo alla demolizione della illegittima sopraelevazione effettuata dal De Angelis Attilio. In risposta a tali sue legittime richieste gli si impedisce finanche il ripristino dello stato dei luoghi eliminando i lavori minimali dichiarati dal Comune abusivi». Per concludere: «Questa difesa ritiene che ci troviamo rispetto ad un unicum nel panorama italiano delle ordinanze di demolizione e cioè il proprietario che vuole provvedere al ripristino dello stato dei luoghi ed il Comune che lo impedisce». Tutti aspetti che il legale chiede al Tar di esaminare, compreso «l’accertamento negativo in ordine all’acquisizione gratuita dell’immobile in capo al comune».
RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA
Nel ricorso innanzitutto si evidenzia che i lavori oggetto dell’ordinanza «rientrano nella fattispecie della ristrutturazione edilizia in quanto realizzati su immobili preesistenti al 1967. In poche parole, la sig.ra Mazzella non ha realizzato alcun nuovo manufatto ma soli lavori di ristrutturazione di una vecchia abitazione». Ebbene, per le ristrutturazioni edilizie sprovviste di idonei titoli abilitativi «non si applica l’art. 31 del DPR 380/2001 ma l’art 33», che prevede solo la demolizione. Dunque il Comune ha «errato nell’applicare l’articolo 31 con la sanzione pecuniaria mentre doveva applicare l’art 33 procedendo alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi.
L’intervento così come contestato è escluso dall’acquisizione gratuita ma è soggetto alla demolizione e rispristino». Ripristino bloccato perché i vigili urbani «hanno ritenuto che la inottemperanza avesse trasferito la proprietà del bene al Comune». Tesi ribadita con la nota del 22/05/2024, ma ritenuta totalmente errata. Inoltre «anche il procedimento posto in essere dal Comune per la acquisizione al patrimonio comunale è totalmente illegittimo. L’Ente ritiene che il verbale redatto dai vigili urbani comporti l’acquisizione ipso iure al patrimonio comunale del bene interessato dai lavori illegittimi.
Per l’avv. Bernardo «il verbale di inottemperanza redatto dai vigili urbani in data 15/11/2023 difetta dei requisiti essenziali per la successiva applicazione dell’art. 31 citato. Infatti, in esso non vi è indicata la esatta qualificazione dell’intervento edilizio privo di titolo. Ciò è importantissimo perché, come già detto, in caso di interventi edilizi di ristrutturazione, la inottemperanza alla ordinanza ingiunzione non comporta l’applicazione del citato articolo 31 e, quindi, l’acquisizione al patrimonio comunale». Inoltre il verbale costituisce solo un atto istruttorio, «meramente propedeutico all’adozione del provvedimento, nella specie mancante che costituisce titolo per l’immissione nel possesso».
PERCHE’ IL COMUNE NON PUO’ ACQUISIRE
Anchela nota impugnata del 22/05/2024 «sicuramente non è l’atto di acquisizione al patrimonio comunale, in quanto essa è unicamente il riscontro alla istanza del 11/03/2024 della ricorrente».Ma anche in caso contrario, la nota «difetta dei requisiti essenziali per poter procedere alla acquisizione al patrimonio comunale.Il Comune non ha in alcun modo effettuato una esatta qualificazione dell’intervento edilizio ed in particolare non ha valutato se l’intervento rientra nella ristrutturazione edilizia. Richiama unicamente un passaggio della sentenza 1756/2023 del Tar Campania che ha rigettato il ricorso avverso la ordinanza di demolizione e riporta passi della relazione tecnica dell’ing. Trani, tecnico di De Angelis Attilio, costruttore della illegittima sopraelevazione di cui si è detto in precedenza.
Il Tar nella sentenza espressamente dice che le opere non rientrano nell’edilizia libera o negli interventi di manutenzione straordinaria», ma «non si esprime se le opere rientrano nella tipologia della ristrutturazione edilizia». Inoltre nella nota non vi è alcun riferimento alla SCIA presentata e sospesa (non rigettata) dal Comune. L’Ente «poi illegittimamente con la nota del 22/05/2024 ha dichiarato improcedibile la richiesta di voler ripristinare lo stato dei luoghi e ciò sulla falsa considerazione che l’immobile già era stato acquisito al patrimonio comunale.
Fermo restando che ad oggi alcuna acquisizione al patrimonio comunale è avvenuta per tutti i motivi evidenziati sopra, la volontà espressa della Mazzella di procedere alla eliminazione dei minimali abusi contestati con il ripristino dello stato dei luoghi, oggi impedita dal Comune, rende la procedura di acquisizione non ancora formalizzata, questa sì, improcedibile». La giurisprudenza in materia chiarisce che ogni qualvolta il responsabile dell’abuso abbia provveduto sia pure in epoca successiva alla scadenza del termine alla demolizione con integrale ripristino dello stato dei luoghi, «la fattispecie acquisitiva non è procedibile, attesa la sovraggiunta restitutio in integrum dell’ordine urbanistico edilizio violato».
E’ IL COMUNE A IMPEDIRE LA DEMOLIZIONE
Sempre in base alla giurisprudenza, anche se il bene fosse stato acquisito al patrimonio comunale, la Mazzella manteneva sempre il diritto di poter procedere al ripristino dello stato dei luoghi: «Decorso il termine per demolire, qualora l’Amministrazione non decida di conservare il bene, resta la possibilità di un’ulteriore interlocuzione con il privato per un adempimento tardivo dell’ordine di demolire». Invece «sembrerebbe che non venga consentito alla Mazzella il ripristino dello stato dei luoghi per la possibilità teorica prevista da parte del Consiglio Comunale di mantenere in essere gli abusi. Nella nota ci si limita solo a paventare questa ipotesi, ma non si evidenzia alcun procedimento iniziato in tal senso».
L’avv. Bernardo cita il Consiglio di Stato: «In alternativa alla demolizione del bene il Consiglio comunale può deliberare il mantenimento in essere dell’immobile abusivo…». In questo caso manca la delibera del Consiglio comunale e dunque «con il comportamento del Comune gli abusi realizzati non verranno mai demoliti proprio per la possibilità che il Consiglio Comunale ha di mantenere il bene con le abusività contestate al privato. E’ il caso di ribadire che la scelta discrezionale, da esercitare previa ponderazione degli interessi in gioco, dell’organo politico consiglio comunale, è una opzione derogatoria rispetto alla “regola”, coincidente con la necessaria demolizione».
L’ISTANZA DI SOSPENSIVA
Il ricorso censura anche i “tempi”, in quanto fino al 13/11/2023, data nella quale la Mazzella ha rinunciato alla Scia, la ordinanza di demolizione era inefficace ed i termini sono ripresi a decorrere dal 13/11/2023: «Quindi alla data di accertamento della inottemperanza (15/11/2023) il termine di 90 giorni non era ancora decorso per cui il verbale è totalmente illegittimo ed anche i provvedimenti impugnati con il presente ricorso». Si contesta anche la mancata notifica della ordinanza a tutti i comproprietari, confermata necessaria per l’acquisizione dal Consiglio di Stato.
Nell’istanza di sospensiva si evidenzia che i provvedimenti del Comune oltre che illegittimi sono «anche gravemente lesini della posizione personale e patrimoniale della ricorrente. Questa da anni sta tentando di eliminare i minimali abusi contestati con il ripristino dello stato dei luoghi. Ciò è necessario, poi, per poter iniziare, munendosi di validi titoli, i necessari lavori di ristrutturazione per poter utilizzare il vecchio cespite come sua abitazione principale.
Allo stato la sig.ra Mazzella è costretta a vivere in un immobile in locazione con canone elevato che sta man mano erodendo i propri risparmi necessari per la ristrutturazione». Infine, alla luce dell’ultima “novità”, «questa difesa si riserva di integrare i motivi del ricorso anche in relazione alla conversione in legge del D.L. c.d. “salva casa” che, a dire degli organi di stampa, sembrerebbe prevedere la possibilità di sanare anche piccoli aumenti volumetrici e di superfici come nel caso di specie». La guerra continua.