Da quando mi interesso di politica ho partecipato a tantissime campagne elettorali. E nel corso degli anni ho maturato una mia personalissima convinzione che, però, trova ampio conforto nei fatti: a meno che non ti chiami “Stefano Caldoro nel 2015”, non esiste a nessun livello che un sindaco o presidente in carica possa perdere le elezioni contro il suo sfidante. C’è qualche possibilità allorquando, ad esempio, l’uscente ceda il posto al suo successore, sebbene la sua presenza al comando sia in grado di “pilotare”, per così dire, buona parte del consenso grazie al pieno controllo della macchina amministrativa. Ma se sussiste il segno della continuità, il collante del potere è un’arma infallibile per restare al timone per un ulteriore mandato.
Questo lo sa benissimo Giovanni Toti e chi lo ha messo in condizioni di dimettersi per sciogliere il consiglio regionale ligure e tornare al voto. Ma lo sa bene anche quell’amministratore locale ischitano dalle ambizioni piccole piccole (sarebbe troppo onore nominarlo) il quale, rimasto fuori da tutte le poltrone che contano e a cui, a dire il vero, poco son servite ai fini della considerazione popolare, anela nuovamente al suo primo ed eterno amore: fare il sindaco del paesello. E per questo, ancora una volta, cerca disperatamente di portare dalla sua la carta vincente per spodestare anzitempo il concorrente in carica, far venire nuovamente il commissario e consolidare in questo modo non solo la sua stessa candidatura, ma anche il suo consueto modus operandi già adottato per tre volte diverse con altrettanti suoi successori.Come lui ha fatto anche un altro suo collega (anche per lui l’onore della menzione è troppa roba) e compagno di progetti sovversivi, in un comune poco distante. Lui è uno che salvo l’ultima esperienza che lo ha visto correre a vuoto e sprecare risorse e consenso inutilmente, non si muove se non a colpo sicuro. E poiché confrontarsi alle urne con un’amministrazione in sella rappresentava comunque un rischio di troppo, ecco per due volte il golpe salvatore, carte rimescolate e… le jeux sont faits: tutti a casa e si rivota sulle ali dell’entusiasmo, rappresentando prima per interposta persona e poi in prima la “novità” e la “speranza” dei soliti fessi.
Logica vorrebbe che oggi il primo dei due imitasse quanto accaduto qualche anno fa a Procida, così come quest’anno a Capri, dove Luigi Muro e Ciro Lembo hanno composto la loro squadra e hanno corso senza troppe alchimie, uno contro il sindaco in carica e un altro contro un nuovo candidato. Entrambi perdendo, per carità, ma senza nessuna forzatura di troppo.E a Ischia… cosa succederà? Ci sarà veramente a breve il “colpo di mano” annunciatomi ieri da un consigliere comunale che già considera il primo cittadino in carica (per par condicio stavolta non nomino neppure lui) un “ex sindaco”? Cià putimme fa? O è meglio, con certi “chiari di luna”, non metterci il pensiero?
Daily 4ward di Davide Conte del 29 settembre 2024