sabato, Ottobre 5, 2024

Si chiude il sipario sul processo “Palamaro”. Nessun reato per il condono rilasciato, assolto Enzo Ungaro

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Il Tribunale di Napoli applica la riforma "Nordio" sull’abuso di ufficio e assolve gli imputati, fra cui l’ex capo dell'ufficio tecnico del comune di Barano d’Ischia, Enzo Ungaro, tutti difesi dall'avvocato Bruno Molinaro, senza rimettere la questione alla corte costituzionale

La questione non era affatto semplice, poiché da alcuni giorni i media nazionali avevano riportato che il Tribunale di Firenze, con un’ordinanza dettagliata, aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale riguardo alla cosiddetta riforma NORDIO sull’abrogazione del reato di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.), evidenziando l’incompatibilità della legge con la Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 (Convenzione di Merida) contro la corruzione.

Secondo il Tribunale di Firenze, la scelta normativa non sembra riconducibile a un legittimo esercizio della discrezionalità del legislatore. Ciò è messo in relazione al fatto che le motivazioni alla base della riforma (come la cosiddetta “paura della firma” o la “burocrazia difensiva”) non sono più rilevanti dopo i recenti interventi legislativi.

Il Tribunale di Napoli ha espresso un’opinione diversa e, con una sentenza depositata pochi giorni fa, ha assolto gli imputati Palamaro Umberto, Marziano Vincenzo, Forio Mattia e Ungaro Crescenzo, accogliendo la richiesta dell’avvocato difensore Bruno Molinaro, con la formula “il fatto non è più previsto dalla legge come reato”. Gli imputati erano accusati del reato di abuso d’ufficio in relazione al rilascio di un permesso in sanatoria e di un’autorizzazione paesaggistica del 2018 che, secondo il P.M., erano stati concessi senza rispettare i requisiti formali e sostanziali richiesti per l’accesso al beneficio del condono.

Secondo il P.M., il titolo edilizio concesso violava la legge, tra cui l’art. 97 Cost., a causa del mancato rispetto dei requisiti temporali e volumetrici, della realizzazione di interventi non inclusi nella domanda di sanatoria, e delle carenze nell’istruttoria e nel rispetto delle prescrizioni del Piano per la Valutazione di Compatibilità Paesaggistica.

Secondo il Pubblico Ministero, la condotta degli imputati avrebbe inoltre causato un danno ingiusto all’ente locale, dato che è stata confermata la mancata esecuzione delle precedenti ordinanze di demolizione, con conseguente acquisizione delle opere al patrimonio comunale e mancanza di legittimità da parte del richiedente. L’avvocato Molinaro, dal canto suo, aveva sostenuto in numerose memorie difensive fin dall’udienza preliminare, l’assoluta infondatezza dell’accusa, non essendo stata provata né l’illegittimità della condotta, né l’intenzionalità, né l’esistenza di un ingiusto vantaggio per il beneficiario.

Il difensore sostiene che, secondo la normativa sui condoni edilizi, per ottenere la sanatoria è sufficiente il completamento al rustico dell’opera senza che siano necessarie le finiture (richieste, invece, per la sanatoria relativa al cambiamento di destinazione d’uso, per cui è necessario dimostrare il “completamento funzionale” delle opere entro il termine di condonabilità). Nel caso in questione, è stato accertato che l’edificio era già dotato di muri perimetrali e copertura entro il 31 dicembre 1993, dato che al 19 febbraio 1994 il solaio risultava già privo di puntellature.

Le nuove opere non avevano alterato l’identità delle costruzioni preesistenti oggetto dell’istanza di condono, che rimanevano facilmente identificabili per caratteristiche e dimensioni. Inoltre, era stata dimostrata la piena conformità delle opere del condono alle prescrizioni del Piano per la Valutazione di Compatibilità Paesaggistica, confermata anche dalla Commissione Locale per il Paesaggio. Il piccolo edificio era composto da un unico piano fuori terra senza sopraelevazioni, con copertura piana, inserito in un’area di edilizia sparsa, senza danni per le aree agricole residue o le pratiche colturali tradizionali.

La legittimità del titolo abilitativo era stata confermata, infine, da una sentenza del T.A.R. Campania-Napoli del 23 giugno 2022.

Per quanto riguarda la presunta inottemperanza alle ordinanze di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi nn. 45/1994, 1998/1994 e 13/1999 e la conseguente acquisizione delle opere al patrimonio comunale, la tesi del P.M. era ugualmente errata. Questo perché le ordinanze di demolizione precedentemente adottate erano state rese inefficaci dalla successiva presentazione della domanda di condono, e in virtù dell’art. 39, comma 19, della legge n. 724/94, che stabilisce che per le opere abusive divenute sanabili grazie a detta legge, il proprietario che ha adempiuto agli oneri previsti per la sanatoria ha diritto all’annullamento delle acquisizioni al patrimonio comunale dell’area di sedime e delle opere realizzate su essa, disposte in attuazione dell’articolo 7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e alla cancellazione delle relative trascrizioni nel pubblico registro immobiliare previa presentazione di certificato comunale che attesti l’avvenuta domanda di sanatoria.

Questi sono, in sintesi, i punti esposti dalle parti, sui quali però il Tribunale non si è pronunciato, limitandosi a applicare la nuova normativa come emerge dalla sentenza, motivata succintamente, senza sollevare questioni di legittimità costituzionale.

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