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Quale futuro per il Made in Italy? | #4WD

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Daily 4ward di Davide Conte del 17 ottobre 2024



Corriere.it, testata che per me rappresenta senza dubbio un’eccellenza nel panorama italiano dell’informazione, ha pubblicato ieri un elenco frutto di un’elaborazione eseguita dal Centro Studi ItalyPost, contenente quelle che a giudizio degli analisti rappresentano le cento aziende italiane degne di menzione quanto a “tasso di crescita, redditività, solidità finanziaria e patrimoniale”. Il range di ricavi delle aziende esaminate era compreso tra i 500 milioni e i 10 miliardi di euro di ricavi lordi e l’elenco ha toccato, in quantità diverse, tredici categorie merceologiche.
Il settore metalmeccanico, secondo l’elenco, è quello in grado di offrire il maggior numero di eccellenze, con ben trentasette aziende segnalate; segue, manco a dirlo, quello farmaceutico con ventuno. Ma è particolarmente significativo il fatto che nelle altre undici categorie, si parte dalla terza posizione del settore cosiddetto “altro manifatturiero” con otto unità, il commercio al dettaglio al quarto posto con sette, l’elettrico-elettronico con sei, i servizi alle imprese con cinque, tessile e sistema moda con quattro, trasporti e logistica con tre, alimentari/bevande + legno/mobile/arredi + costruzioni + altri servizi con due cadauno e, udite udite, energia ed estrazione con una sola unità.
Vi starete chiedendo, legittimamente aggiungo io, dove voglia arrivare. Non è difficile capirlo! Al di là di quelli che possono essere i condizionamenti di parte legati alla necessità della testata di favorire, nella scelta delle menzioni, quelle società più vicine ad essa nei loro investimenti pubblicitari e promozionali, l’impressione è quella che proprio i settori merceologici dove l’Italia vanta la sua migliore tradizione (l’agroalimentare, la moda, il manifatturiero in generale) non sono più in grado di esprimere quella notevole quantità di eccellenze che l’hanno fatta grande in giro per il mondo e che tuttora, se vogliamo, rappresentano modelli ispiratori per le nuove generazioni delle imprese di settore.
Il Governo Meloni, in carica da due anni, per primo ha inserito nella denominazione del dicastero affidato ad Adolfo Urso la dizione “Made in Italy” abbinata al più classico “Ministero delle Imprese”, che da sempre ha sede nello splendido palazzo dell’epoca fascista in Via Veneto a Roma. Non è certo con una semplice felice intuizione che si risolvono i problemi delle aziende di casa nostra. La strada è quella giusta, ma serviranno ancora tempo e tanti altri provvedimenti concreti, in particolar modo sul piano fiscale. Per ora, accontentiamoci dei primi segnali positivi provenienti dai dati su disoccupazione, inflazione e fiducia degli imprenditori nelle politiche del Governo, fino alle anticipazioni già piuttosto interessanti della prossima finanziaria 2025.

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