mercoledì, Gennaio 15, 2025

Cecilia, Giorgia ed Elisabetta

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Attori & Spettatori di Anna Fermo ! Non c’è alcun tentativo di santificazione alla vista del lieto fine, ma solo il desiderio di rendere i fatti per come si sono svolti realmente, senza logiche di parte, pensando solo alla vicenda umana quand’anche immersa nella politica nostrana e non solo. Questa premessa perché lo sappiamo bene che sin troppo spesso cediamo il passo a confronti culturali contrapposti, per interessarci di querelle tra destra e sinistra sempre più accese anche se prive di contenuti e legate a mera propaganda politica.
La vicenda Sala non merita questo trattamento, ma deve piuttosto destarci tutti, specie dinanzi ad uno “stato canaglia” come l’Iran ed alle sue fobie religiose contro le donne.

La critica incessante, estenuante, disarmante al Governo Meloni, mi sia consentito, questa volta non deve affatto permettersi di smerigliare la verità dei fatti per solo gusto d’ opposizione. Piace pertanto ricordare anche noi una frase detta dalla nostra presidente, che sintetizza quello che è prima di tutto, ovvero una donna ed una madre: “Sala? Mai provato una emozione più grande di quando ho chiamato la madre!”.

Solo qualche giorno prima, Elisabetta Vernoni, la madre di Cecilia Sala, dopo l’incontro con Giorgia Meloni aveva detto: «È stato importante guardarsi negli occhi nel colloquio c’è stato un salto di qualità, ho avuto un’informazione precisa e puntuale. Non piango, non frigno, non chiedo i tempi, questo incontro mi ha aiutato, stanno lavorando. Per quanto mi riguarda, quello che potrò fare, io lo farò». Si è fidata, non affidata, la madre di Cecilia e la nostra Premier non l’ha delusa, in questa battaglia che le ha viste scendere in campo insieme, contro l’Iran, in difesa di una terza giovane donna, non diversa dalle milioni di ragazze e di donne di Teheran e dell’intero Paese, quotidianamente “vilipese ed offese da una tirannia che con lo scudo ipocrita della religione nega loro, senza vergogna, ogni libertà, sotto il tallone di una polizia morale che le controlla, le bracca, le arresta, le tortura” come è stato osservato. Ci vuole coraggio per affrontare una battaglia come questa, quasi senza speranza, e quelle donne ne dimostrano di ineguagliabile ogni giorno.
Hanno sfidato l’Iran Elisabetta, Giorgia e Cecilia e lo hanno fatto senza i distinguo politici che, per motivi di interessi elettorali, assediano ogni volta queste vicende. Hanno sfidato un regime feudale islamico sciita: l’energia ed audacia della protagonista, la giornalista del Foglio e delle Stories di Chora Media, Cecilia Sala, la Premier, la tenacia e l’intuito nel mettere in campo ogni utile azione al fine di riportare a casa una figlia del nostro modo di essere e di vivere liberi, Giorgia Meloni, e l’infinita dignità nel custodire paure e dolore della madre di Cecilia, Elisabetta Vernoni.

Cecilia e costretta in una cella di punizione, dive resterà 21 giorni, senza nemmeno gli occhiali, il pavimento come letto, quando sente al telefono la madre. Imprigionata per ricatto, per aver violato la legge islamica. E’ la peggiore delle imputazioni questa, perché non prevede l’habeas corpus, il principio che tutela l’inviolabilità personale, e garantisce il diritto di conoscere la causa dell’arresto e di vederla convalidata da un giudice imparziale.
Se tutto è bene quel che finisce bene, è vero tuttavia che nulla si improvvisa. Ormai non è più un segreto che Giorgia Meloni abbia forzato le regole ed i tempi della diplomazia e dell’intelligence. E’ volata fino a Mar-a-Lago, tempestiva e spregiudicata, per incontrare un Donald Trump in preda all’iperbole che accompagna questi ultimi giorni che precedono la sua presidenza, un Trump che minaccia Panama e la Groenlandia, perfino il Canada, e che pretende che l’Europa investa il cinque per cento del suo prodotto interno lordo in spese militari. «Meloni ha fatto pressioni aggressive sul caso di Cecilia Sala», scriverà il New York Times, e, per farle, si dice che si sia pure sorbita due ore di filmato sul preteso complotto che avrebbe privato il neopresidente della vittoria alle elezioni americane di quattro anni fa.
La trattativa con Teheran, per ottenere il rilascio di Cecilia Sala, c’è stata e non può sorprendere, perché quando si persegue il risultato di tutelare la vita e la libertà di una persona, tenuta prigioniera in assenza del diritto, non si può agire diversamente. Non dimentichiamolo : l’Iran vive in un regime che fa della sopraffazione la sua ragione d’essere e la vittoria delle nostre donne contribuisce e dare nuova energia, oltre che un palcoscenico mondiale più attento, alla battaglia delle stesse iraniane per la liberazione.

“C’è stato un lavoro di triangolazione diplomatica con Iran e Usa per quello che riguarda una svolta nel caso, non direi che c’è stato un momento di svolta perchè la questione è stata seguita dall’inizio. Le interlocuzioni con l’Iran sono di natura diplomatica e di intelligence, il governo è tenuto alla riservatezza in questi casi. Mantovano è stato al Copasir ed è pronto a tornare nel caso in un’ulteriore audizione, ricordiamo che in Iran sono presenti altri 500 italiani e bisogna essere molto cauti” ha detto la premier Giorgia Meloni nel corso della conferenza stampa con i giornalisti esprimendo piena gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito a rendere possibile il ritorno di Cecilia, permettendole di riabbracciare i suoi familiari e colleghi.

“Sono stati giorni difficili, abbiamo lavorato di continuo, li abbiamo trascorsi dedicando al caso ogni sforzo. Oggi possiamo dire che c’è stato un lavoro di squadra fra governo, intelligence, diplomazia e anche con la famiglia che è stata bravissima a gestire la situazione ed il silenzio stampa. E c’è stato un intervento diretto della premier, che ha partecipato a tutte le riunioni. Poi la situazione si è sbloccata per davvero l’ultima notte. La discrezione, il lavoro incessante portano risultati”. Ha confermato al Corriere della Sera il ministro per gli affari esteri Antonio Tajani. “Gli sforzi sono massimi e sono gli stessi per ogni cittadino italiano – puntualizza – e se è possibile anche i risultati, come in Iran si vide nel caso Piperno. La Farnesina si impegna per ogni italiano all’estero in difficoltà, questo era un caso particolarmente delicato. Conosco il papà di Cecilia, è chiaro che ho condiviso la sua preoccupazione di padre, ma ripeto: per noi tutti gli italiani che hanno bisogno di aiuto sono uguali”. Tajani sottolinea che il fatto che l’Italia “ha rapporti con tutti i paesi dell’area del Medio Oriente, anche con quelli di cui non condivide politica e azioni”. “Non a caso abbiamo tenuto aperti i rapporti politici con l’Iran, abbiamo tenuto aperta l’ambasciata in Siria”, spiega il vicepremier. Tajani nega poi che ci sia uno scambio tra la liberazione di Sala e quella dell’ingegnere iraniano Abedini: “Sono due cose separate, lo hanno spiegato anche le autorità iraniane”. E riconosce all’opposizione che “a parte qualche voce isolata”, è stata “responsabile”. La visita del premier a Trump del 4 gennaio “ha avuto un effetto politico che è stato affiancato dal lavoro politico generale costruito per far capire che l’Italia parlava con gli Stati Uniti, ma non c’è stata una conseguenza diretta sulla liberazione di Sala”. Al quotidiano Qn poi Tajani conferma che la situazione per la liberazione della giornalista si è sbloccata definitivamente la notte precedente il suo arrivo in Italia, quando Caravelli” è andato a Teheran per l’ultimo colloquio e poi a riprendere Cecilia e accompagnarla a Roma”.

Il giorno dopo il rientro, la premier in conferenza stampa: “Credo che ieri sia stata una bella giornata, una bella giornata per l’Italia intera, per il sistema Italia, per le tante persone che ci hanno lavorato. È stata sicuramente una bella giornata per me. Vi farò una confessione: tra le molte cose che accadono quando si ricopre un incarico complesso come il mio, posso dirvi che non ho provato un’emozione più grande in questi anni come quella di quando ho potuto chiamare una madre per dire che la figlia stava tornando a casa”.
“Ho trovato bene Cecilia, ma è stanca e ha bisogno di riposare. Abbiamo registrato un podcast in cui racconta come sono stati questi giorni. Dirà che la cosa più difficile per lei è stato l’isolamento, il silenzio” ha riferito Mario Calabresi, direttore di Chora Media, la podcast company per cui lavora Cecilia Sala. Lo ha detto all’uscita dalla casa della giornalista rinchiusa per 21 giorni in una prigione di Teheran.

Adesso come adesso, sappiamo che verrà trasmessa in Procura, a Roma, una informativa con il verbale di audizione di Cecila Sala, sentita dai carabinieri del Ros per alcune ore all’aeroporto di Ciampino dopo il ritorno dall’Iran. Quando l’incartamento sarà a disposizione dei pm si valuterà un’eventuale apertura di un fascicolo di indagine in base a quanto contenuto nell’informativa. Al momento non c’è ancora alcun fascicolo a Roma in relazione alla vicenda dell’arresto della 29enne.
“Ho la fotografia più bella della mia vita, il cuore pieno di gratitudine, in testa quelli che alzando lo sguardo non possono ancora vedere il cielo. Non ho mai pensato, in questi 21 giorni, che sarei stata a casa oggi. Grazie”. Scrive sui social Cecilia, postando la foto dell’abbraccio con il compagno, Daniele Raineri, all’aeroporto di Ciampino.
Quanto accaduto dimostra che gli strumenti della nostra democrazia ed i valori civici e costituzionali della nostra convivenza, ci rendono forti e pronti ad agire anche in ambiti religiosi e culturali così arcaici come quelli dell’Iran. L’integrazione d’altronde, può realizzarsi solo su un modello che è quello delle libertà e dei diritti di una società come la nostra basato su parità e rispetto.

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