EDITORIALE di Gaetano Di Meglio | L’apertura del settore Distinti dello Stadio Mazzella è senza dubbio una buona notizia, soprattutto per i tifosi dell’Ischia. Lo è anche per la società e per tutto il mondo sportivo locale, ma c’è un aspetto politico e amministrativo che non può essere ignorato.
Prima di tutto, senza voler aggiungere ulteriori argomentazioni, va evidenziato come, ancora una volta, Enzo Ferrandino si sia assunto la responsabilità personale, oltre a quella istituzionale, di firmare un’ordinanza che potrebbe avere future ripercussioni. Un provvedimento con una forzatura evidente, in linea con la precedente ordinanza che aveva già permesso all’Ischia Calcio e ai suoi tifosi di poter vivere il Mazzella.
E qui emerge una contraddizione: gli stessi tifosi che per mesi lo hanno contestato, definendolo incapace e intonando cori contro di lui, oggi – senza che se ne comprenda bene il motivo – lo elogiano e ne tessono le lodi. Nulla di nuovo sotto il cielo: è il solito approccio semplicistico e infantile (dovrei dire da asilo) se lo caliamo nella dimensione della comprensione reale dei fatti.
Un fallimento politico e gestionale
I fatti, però, parlano chiaro e raccontano un fallimento. Un fallimento che dovrebbe essere equamente diviso tra l’Ischia Calcio e il suo protettore politico, Gianluca Trani. Non vedere il bicchiere mezzo vuoto sarebbe un torto alla realtà. E la realtà condanna il presidente del consiglio comunale, che in questa vicenda avrebbe dovuto comportarsi più da delegato al Mazzella (per le altre strutture condivide la delega con gli altri membri del consiglio comunale) che da presidente dell’assemblea cittadina.
Si parla di fallimento perché è evidente che c’è stata sia una pessima gestione del Mazzella (da almeno 30 anni) sia una pessima gestione della vicenda in questione. Posso comprendere che molti interessati facciano fatica a capirlo, ma questo non significa che tutti dobbiamo andare all’ammasso della logica e del ragionamento.
I Distinti del Mazzella sono stati riaperti dopo 12 ore dalla loro chiusura, con sole tre ore di lavori, dopo un cesso riparato, due catenacci rimossi e dopo che qualcuno si è reso conto che le “rustine e le paretane” bloccavano l’apertura delle porte agli ingressi della struttura sportiva.
Ora, se per rendere nuovamente fruibile il settore sono bastati questi quattro interventi da “Bob Aggiustatutto”, la domanda sorge spontanea: perché non erano già pronti giovedì mattina? Certo, qualcuno potrebbe dire che ci si era concentrati sulla zona della Tribune Coperta, ma è anche vero che è inaccettabile che l’altra parte del campo dovesse restare in quelle condizioni di degrado e abbandono anche perché, quella sarebbe stata la zona dove avremmo dovuto ospitare i tifosi! Alla faccia dell’accoglienza…
E se anche questa ricostruzione non fosse sufficiente, il ragionamento porta a un’altra riflessione. I Distinti del Mazzella sono stati riaperti con una semplice ordinanza del sindaco, senza alcun collegamento con i lavori della Commissione Pubblici Spettacoli.
Un atto amministrativo ordinario, che – ne sono convinto – Enzo Ferrandino aveva già deciso di adottare, forse già mentre trascorreva la sua “Mezz’ora” (per citare un celebre film) al Mazzella giovedì mattina.
Un atteggiamento amministrativo superficiale
Se si escludono le dinamiche dell’appalto e i suoi ritardi, che vanno analizzati separatamente, resta un aspetto evidente: la gestione dell’intera vicenda è stata improvvisata e superficiale.
Accogliere la Commissione Pubblici Spettacoli in ambienti sporchi, abbandonati da mesi e, in alcuni casi, al limite delle condizioni igienico-sanitarie, è stato un atto di dilettantismo amministrativo.
Un altro punto critico, che qualsiasi amministratore pubblico dotato di un minimo di onestà intellettuale dovrebbe riconoscere, è che l’attuale autogestione dell’impianto sportivo affidata all’Ischia Calcio non è sostenibile. Lo stesso vale per la gestione anarchica dello stadio Rispoli e delle altre strutture sportive attualmente agibili.
La scelta amministrativa di affidarsi al buon senso dei terzi è stata un errore. Una tematica che avevo già trattato parlando dei problemi del Rispoli e della sua fatiscenza. Certo, dal punto di vista strutturale può essere salvato tra i progetti pronti da appaltare, ma dal punto di vista gestionale e quotidiano siamo di fronte a pura follia.
Ed è qui che ritorna il concetto dell’ammasso delle menti.
Mi rendo conto che prendere decisioni che vadano contro logiche clientelari significhi privare i consiglieri comunali di zone di consenso, e questo ci condanna a rimanere nella condizione pietosa in cui ci troviamo.
Serve un cambio di rotta nella gestione degli impianti sportivi
Questa pura follia dovrebbe spingere Enzo Ferrandino a cambiare totalmente strategia. Pur essendo fermamente convinto che la gestione debba rimanere pubblica, ritengo che affidare alcuni servizi ai privati sia il passo successivo obbligatorio.
Tuttavia, se ci riconnettiamo al ragionamento iniziale, ci rendiamo conto che un simile cambiamento priverebbe i consiglieri comunali di zone di consenso. Ed è proprio questo che ci condanna a restare in questa situazione.
Il primo fallimento politico di Trani. Se questa era la prima pratica amministrativa con cui Gianluca Trani si è misurato, il risultato è un fallimento. Come si leggeva sulle gomme da masticare di un tempo: “Non hai vinto. Riprova.”