venerdì, Gennaio 31, 2025

Tari a Lacco Ameno, nuova sconfitta al Tar per il “duca”. Niente sconto al Negombo

Gli ultimi articoli

Iscriviti alla nostra newsletter

Resta informato e non perderti nessun articolo

La “Immobiliare Cinarime” aveva impugnato la tassa del 2021. Regolamento e tariffe approvati dal Consiglio comunale e applicati al Negombo venivano contestati sostenendo il calcolo errato delle superfici imponibili, la mancata indicazione dei criteri e la diversa categoria di utenza. Per i giudici tutte censure già esaminate e ritenute infondate nelle sentenze che avevano respinto i ricorsi precedenti

Fulceri Camerini ci ha provato ancora ad impugnare innanzi al Tar le tariffe e il regolamento Tari del Comune di Lacco Ameno, ma ne è uscito nuovamente sconfitto.
Stavolta il ricorso presentato dalla società “Immobiliare Cinarime”, proprietaria del Negombo, esercente l’attività di “stabilimento idropinico ed idrotermale” (parco termale), era finalizzato all’annullamento delle delibere n. 25 e n. 26 del 30/07/2021 del Consiglio Comunale lacchese, che avevano approvato il Regolamento e le relative tariffe per la tassa dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani per l’anno 2021.
Tre le censure, che ricalcavano quelle proposte in occasione di precedenti ricorsi e che già in quelle sedi non erano andate a buon fine. E la sentenza di “bocciatura” richiama appunto quanto già sentenziato in passato.

Per prima è stata censurata «l’erronea indicazione delle superfici imponibili relative agli arenili ed ai parchi termali, a ciò conseguendo l’arbitraria ed erronea elevazione delle tariffe applicabili, con correlato pregiudizio anche per la ricorrente; ha lamentato, in particolare, che “l’esclusione totale o parziale di talune attività produttive di rifiuti solidi abbia determinato una perdita di superfici imponibili la cui inclusione avrebbe certamente determinato una riduzione dell’imposizione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi di almeno il 20% a vantaggio dei contribuenti già iscritti nei ruoli”».

Con il secondo motivo “Immobiliare Cinarime” ha dedotto che «nel provvedimento impugnato non sarebbero stati correttamente individuati né i costi per la determinazione del fabbisogno da coprire con la tariffa, né i criteri utilizzati per la determinazione della tariffa medesima».

STABILIMENTO BALNEARE
Per ultimo, «ha contestato l’erronea applicazione del regolamento, poiché l’attività esercitata dalla medesima non rientrerebbe nelle categorie di utenze non domestiche approvate dall’Ente, e dovrebbe piuttosto essere ricondotta a quella di stabilimento balneare, trattandosi di un’attività termale; in particolare, parte ricorrente ha dedotto che l’attività di Parco idrotermale non è ricompresa tra le 30 categorie economiche individuate nelle Tabelle 3za e 4ta che individuano i Coefficienti per l’attribuzione della parte fissa e variabile della tariffa relativa alle utenze non domestiche, tabelle allegate al d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158; in tale caso, come in tesi previsto dall’art. 17, comma 3, del Regolamento Tari di cui sopra, bisognerebbe fare riferimento, ai fini della individuazione degli indici Kc e Kd, alla categoria di attività che presenti maggiore analogia sotto il profilo della destinazione d’uso e della connessa potenzialità quantitativa e qualitativa a produrre rifiuti».
Secondo questa ricostruzione, «il Comune di Lacco avrebbe omesso di applicare il suo stesso regolamento dal momento che un parco termale all’aperto, fruibile solo nella stagione estiva da una clientela che indossa esclusivamente abbigliamento balneare potrebbe essere, dal punto di vista dell’attività esercitata, assimilata solo a quella esercitata da uno stabilimento balneare».

CONDIVISE LE SENTENZE DELLE ALTRE SEZIONI
L’Ente, costituitosi, ha sostenuto l’infondatezza del ricorso, «anche sulla scorta di precedenti pronunce di questo Tribunale».
Una circostanza subito evidenziata anche dal collegio dell’Ottava Sezione: «Come correttamente posto in risalto dalla difesa dell’amministrazione comunale, le censure articolate nel presente gravame ricalcano fedelmente quelle già esaminate da questo Tar nella pronuncia del 7 novembre 2023 (sez. IV) e in quella del 12 settembre 2022 (sez. I), le cui conclusioni, di natura reiettiva, il Collegio condivide e fa proprie, non ravvedendo ragioni di segno contrario».
Le censure vengono ad ogni modo esaminate per motivarne ancora una volta l’infondatezza. Per quanto riguarda la prima, «atteso che parte ricorrente, nel contestare le superfici contenute nel piano finanziario, non ha fornito specifica e adeguata prova di quanto affermato, difettando ogni documentazione per provare la asserita diversa consistenza degli arenili in concessione, così come quella dei parchi termali presenti sul territorio comunale».

Si legge ancora nella sentenza: «L’allegazione, alla memoria depositata in giudizio in data 5 dicembre 2024, di documentazione concernente concessioni regionali per lo sfruttamento di acque termo minerali nel Comune di Lacco Ameno, rilasciate ad imprese diverse, e concessioni rilasciate dal Comune per lo sfruttamento dell’arenile non può valere, invero, ad assolvere il menzionato onere probatorio.
Per quanto concerne la questione dei parchi termali (non assumendo rilievo, come meglio si dirà infra, la diversa categoria degli stabilimenti balneari), infatti, l’elenco delle concessioni termo minerali rilasciate ad alcune Strutture operanti sul territorio non ne determina la qualificabilità, sic et simpliciter, ai fini che qui rilevano, in termini di Parchi termali, ben potendo venire in rilievo una diversa classificazione, ad es. quella alberghiera, in presenza, come nella specie, di strutture ricettive che offrono, quale mero servizio accessorio, attività termali ai propri clienti.
La presenza di una piscina o di servizi termali non trasforma – detto altrimenti – una struttura alberghiera in un parco idro-termale, con la conseguenza che la documentazione prodotta non appare, sul punto, concludente».

CORRETTA APPLICAZIONE DEL REGOLAMENTO
Stessa sorte per gli altri due motivi. Spiega il Tar: «In base al provvedimento impugnato è ben specificato, diversamente da quanto obiettato (sub II), il criterio di calcolo, cioè il cd. metodo normalizzato, la cui legittimità è già stata positivamente vagliata da Tar Napoli, sez. I, 2022, alla quale si fa rinvio».
In quella sentenza si osservava tra l’altro che «risulta sostanzialmente corretto il criterio di calcolo fondato sul c.d. metodo normalizzato, in quanto aderente alla normativa in materia (art. 1, comma 652, l. n. 147/2013 menzionato e art. 3 D.P.R. n. 158/1999), da ritenersi non in contrasto con il quadro legislativo dell’Unione e, in particolare, col principio: “chi inquina paga”».

Quanto alla terza doglianza, diretta a contestare l’applicazione del regolamento e la tipologia di utenza, si richiama ancora una precedente sentenza: «Come già osservato sulla specifica questione “il regolamento prevede un’apposita tariffa per i parchi termali, per cui non occorre ricercare un’attività analoga a cui fare riferimento, non essendovi alcun vuoto di previsione in ordine ai parchi termali. In particolare, le tabelle approvate dall’Ente prevedono espressamente un’attività riconducibile a quella svolta dalla “Cinarime s.r.l.” ossia quella di Parco Termale. Peraltro, la gestione di Parco termale è attività diversa da quella di gestione di stabilimento balneare dal momento che produce una maggiore quantità di rifiuti, mentre la chiusura stagionale è una scelta non obbligata del gestore.

Inoltre il regolamento comunale individua le categorie di utenze non domestiche per la definizione della tariffa del servizio di gestione dei rifiuti, differenziando tra le stesse gli stabilimenti balneari (al n. 03) dai i Parchi termali (al n. 19), sul presupposto che le attività ivi svolte risultano produrre differenti quantità di rifiuti (a parte il rilievo che la ricorrente svolge all’interno del proprio parco anche l’attività di ristorazione, ciò ulteriormente confermando che la sua disciplina non può essere ricondotta a quella degli stabilimenti). Infine, non è secondario rilevare che la categoria c.d. balneari viene applicata dall’amministrazione resistente per la parte del parco in cui effettivamente si svolge tale attività”».
Ricorso infondato e dunque respinto, con conseguente condanna per Fulceri Camerini al pagamento delle spese di giudizio, quantificate in 2.000 euro.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Gli ultimi articoli

Stock images by Depositphotos