Quando frequentai il master per i sistemi di qualità d’area del turismo alla SDA BOCCONI ebbi modo di ascoltare una relazione particolarmente interessante sulle certificazioni di qualità. Era il 2003, quindi in pieno boom delle ISO ed EMAS in seno alle aziende, requisiti che caratterizzarano la nascita (e la morte a breve scadenza) di numerose società di formazione ed enti di rilascio, pronte a distinguere questa o quell’azienda elargendo un titolo rimasto a lungo prezioso ai fini della partecipazione a gare, concorsi e appalti.
Nell’ambito di tale relazione rimasi particolarmente colpito dallo scoprire quella che a suo tempo era il SIX SIGMA, ovvero il sistema più complicato e costoso di certificazione di qualità delle procedure, adottato -ad esempio- per i sistemi di pilotaggio dei velivoli di linea. Infatti la maniacale scrupolosità richiesta a piloti, hostess e steward nei tempi e nei modi di adottare ogni loro singola azione mi insegnò a comprendere e, consequenzialmente, apprezzare il lavoro ripetitivo e sistematico del personale di volo, che cominciai ad osservare in modo totalmente diverso nelle mie esperienze in aereo da quel momento in poi.
Si trattava di una sistematicità quasi robotica con cui si attivano o disattivano dispositivi, ci si stacca da un finger, si lascia una banchina iniziando la marcia, si risponde alla radio, si seguono le indicazioni del personale di terra e si inizia e termina ogni singola fase di decollo, volo e atterraggio, con comandi e conferme formulate sempre allo stesso modo e con la medesima sequenza. Impossibile cambiare, accelerare, rallentare, anticipare o posporre una di quelle procedure: rischia di andarci di mezzo la sicurezza di tutti i passeggeri e dello stesso personale. E ancora oggi, va detto, diventare pilota di un aereo di linea civile resta estremamente difficile e anche particolarmente dispendioso.
Ventidue anni dopo mi sembra impossibile che anche in contesti tutt’altro che sottosviluppati e con uomini e mezzi assolutamente all’altezza del compito possano ancora accadere incidenti fatali come quello di mercoledì scorso sul fiume Potomac a Washington, laddove uno scontro tra un elicottero militare e un aereo di linea ha provocato ben sessantasette morti e nessun sopravvissuto. Una circostanza, quella verificatasi negli Stati Uniti, che di certo non può essere accostata alle cause dei più recenti incidenti aerei dove tragedie di maggior portata sono state imputate al basso livello delle compagnie aeree, alla vetustà dei velivoli, alla scarsa qualità della manodopera del paese di bandiera o ad avverse condizioni meteo, ma che a maggior ragione deve lasciarci riflettere su come sia possibile che a così bassa quota e in un paese particolarmente evoluto sia avvenuto uno scontro di tale gravità.
La sicurezza in volo, al pari di quella per le strade o nella navigazione marittima non può e non deve conoscere eccezioni. Ovunque e comunque.
Daily 4ward di Davide Conte del 31 gennaio 2025