sabato, Febbraio 15, 2025

Procida e il battito antico della passione. Quando un abito annuncia il sacro countdown

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Leo Pugliese | Non c’è bisogno di calendari né di sveglie per capire che il tempo della passione si avvicina. A Procida, il cuore della tradizione batte in una vetrina, un piccolo angolo di piazza Olmo. Qui, tra i riflessi del vetro e la polvere leggera dei giorni che scorrono, appare l’abito con la mozzetta azzurra della Confraternita dei Turchini. Ed è allora che tutto cambia. Basta un solo sguardo a quel simbolo di fede e di storia per sentire un brivido lungo la schiena. È un richiamo ancestrale, un segnale che attraversa le generazioni: la Processione del venerdì santo è vicina.

Chi vive l’isola sa che quello non è un semplice vestito esposto, ma un monito, un cuore che riprende a battere più forte. È il primo rintocco di una liturgia che non si consuma in un solo giorno, ma che si accende nell’attesa, nelle mani che lavorano il legno e la cartapesta, nei passi che già immaginano il percorso sacro della processione. Nel silenzio delle strade, la fede non ha bisogno di parole. È nei gesti antichi, nella segretezza delle botteghe, ora tendoni, dove i ragazzi danno vita ai Misteri, quelle imponenti rappresentazioni della passione di Cristo che sfileranno all’alba del Venerdì Santo. Ogni anno, le mani tremano nel modellare nuove figure, nel dipingere il dolore e la redenzione, nel costruire la speranza. E mentre il tempo scivola, l’isola intera vive un conto alla rovescia che non si misura in giorni, ma in emozioni. Il cuore accelera quando, per caso o per destino, si passa davanti a quella vetrina. Per un attimo, tutto si ferma: le chiacchiere si spengono, il respiro si sospende. Chi è cresciuto nel culto di questa tradizione sente un fremito nell’anima, un sussulto che sa di memoria e di fede.

Procida si prepara con il rispetto di chi sa che venerdì santo non è solo un racconto, ma un sacrificio rinnovato. Anche alla Confraternita dei Turchini si vivono settimane di attesa e di preparazione con la consapevolezza di essere custodi di un rito che appartiene all’intera comunità.
Il giorno della processione, quando il buio si dissolve nei primi bagliori dell’alba, l’isola intera trattiene il fiato. I Misteri avanzano, portati a spalla con devozione, e ogni passo è un battito del cuore collettivo. Il silenzio è sacro, rotto solo dal suono squillante della tromba e cupo del tamburo, dal lamento sommesso di chi segue in preghiera. È una croce che non pesa solo sulle spalle, ma sull’anima di un popolo intero, che si fa testimone di un dolore antico e di una speranza eterna.

Eppure, il miracolo della Processione del Venerdì Santo non si compie solo nei due giorni antecedenti la Pasqua. Accade prima, nei segni silenziosi che ne annunciano l’arrivo. Accade in quella vetrina che, anno dopo anno, riaccende il fuoco della tradizione, facendo sussultare Procida come un cuore che riprende a battere più forte.
Perché la fede è anche questo: un’attesa che diventa certezza, un rito che si rinnova, un’emozione che non muore mai.

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