sabato, Febbraio 22, 2025

M’illumino di meno 2024: al centro la moda etica e il contrasto agli sprechi

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Titta Lubrano: “Approfondiamo il tema della sostenibilità”

La XXI edizione di M’illumino di meno, l’iniziativa promossa da Caterpillar Radio2 per sensibilizzare sul risparmio energetico e la sostenibilità ambientale, quest’anno accende i riflettori su un tema di grande attualità: la moda etica e il contrasto agli sprechi legati al fast fashion.
L’evento, nato per promuovere una maggiore consapevolezza sui consumi energetici e sull’impatto delle nostre azioni quotidiane sull’ambiente, ha ampliato negli anni il suo raggio d’azione, abbracciando diversi aspetti della sostenibilità. Il 2024 è l’anno della moda consapevole, un settore che ha un peso significativo sull’ambiente e che merita una riflessione approfondita.

A sottolineare l’importanza dell’iniziativa è l’Assessore Giuditta Lubrano, che invita a una riflessione collettiva:
“Fino a venerdì 21 febbraio si terrà la XXI edizione dell’iniziativa, con tante idee e progetti per approfondire il tema della sostenibilità. Tra questi, la moda veloce è un fenomeno che ci riguarda tutti: acquistiamo a prezzi bassissimi, spesso online, senza conoscere la provenienza dei capi e senza pensare alle conseguenze. È un’abitudine che ci sembra innocua, ma che in realtà ha un impatto enorme sull’ambiente e sulle condizioni di lavoro di milioni di persone nel mondo”.
L’industria della moda è tra le più inquinanti al mondo. La produzione di abiti a basso costo richiede elevate quantità di risorse naturali, genera tonnellate di rifiuti tessili e contribuisce all’inquinamento da microplastiche.

I numeri parlano chiaro: secondo un rapporto dell’ONU, il settore tessile è responsabile del 10% delle emissioni globali di CO₂, più di quelle prodotte da tutti i voli internazionali e il traffico marittimo messi insieme. Inoltre, per produrre un solo paio di jeans servono circa 7.500 litri d’acqua, l’equivalente di quella bevuta da una persona in sette anni.
Oltre all’impatto ambientale, il fast fashion ha anche un costo sociale altissimo. Molti capi vengono prodotti in paesi dove le condizioni di lavoro nelle fabbriche tessili sono precarie, con salari bassissimi e orari massacranti. Tragedie come il crollo del Rana Plaza in Bangladesh nel 2013, che causò la morte di oltre 1.100 operai tessili, hanno acceso i riflettori sulle condizioni di sfruttamento nel settore, ma il problema è tutt’altro che risolto.

Di fronte a questi dati allarmanti, l’iniziativa M’illumino di meno invita a una riflessione: Da dove arrivano i capi che indossiamo?
Dove finiscono quando li buttiamo? Perché compriamo compulsivamente invece di riutilizzare e scambiare i vestiti?
Perché non cerchiamo più il “cappotto buono”, come facevano le generazioni precedenti? Anche quest’anno il Comune di Procida ha aderito all’iniziativa, coinvolgendo cittadini, scuole e associazioni in un percorso di sensibilizzazione. L’obiettivo è quello di stimolare una riflessione sul nostro modo di consumare e di promuovere abitudini più sostenibili.

Tra le azioni concrete messe in campo: Raccolta degli abiti dismessi, attraverso i cassonetti gialli situati in diversi punti dell’isola (cortile comunale, CCR, Porto, Lungomare Chiaiolella). Questa iniziativa permette di dare una seconda vita ai vestiti, riducendo lo spreco e aiutando chi ne ha bisogno.
Dibattiti e incontri, per stimolare la discussione sul consumo responsabile e sulle alternative al fast fashion. Scuole, associazioni e cittadini sono invitati a partecipare attivamente, con l’idea di creare una comunità più consapevole e attenta all’ambiente.
Se il fast fashion ha un impatto così pesante sul pianeta, cosa possiamo fare per ridurlo? La soluzione non è smettere di acquistare vestiti, ma modificare il nostro approccio al consumo, adottando strategie più sostenibili.

Ecco alcuni suggerimenti per ridurre il nostro impatto: Acquistare meno, ma meglio, prediligendo capi di qualità e duraturi. Invece di comprare tanti vestiti economici, investire in pochi capi resistenti è una scelta più sostenibile.

Sostenere brand etici e sostenibili, informandosi sulla provenienza dei prodotti e privilegiando aziende che rispettano l’ambiente e i diritti dei lavoratori. Riutilizzare, scambiare e donare, anziché accumulare e gettare. Il second-hand sta diventando una tendenza diffusa, con mercatini dell’usato e piattaforme online che permettono di acquistare e vendere vestiti di seconda mano.
Riparare e personalizzare i vestiti, per allungarne la vita. Un tempo, era normale riparare un abito o trasformarlo per adattarlo alle nuove mode. Recuperare questa abitudine può fare la differenza.
Uno dei problemi principali del fast fashion è la mentalità dell’usa e getta. Un tempo, si comprava un “cappotto buono”, un capo di qualità destinato a durare anni. Oggi, invece, l’abbigliamento è diventato un prodotto di consumo veloce, con collezioni che cambiano continuamente e spingono all’acquisto compulsivo.

L’iniziativa M’illumino di meno ci ricorda che è possibile cambiare rotta, adottando comportamenti più rispettosi dell’ambiente e del lavoro di chi produce i nostri vestiti. La moda sostenibile non significa rinunciare allo stile, ma scegliere con consapevolezza.
La moda può (e deve) diventare più sostenibile. Il cambiamento inizia dalle nostre scelte quotidiane.

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