L’8 marzo, a Villa Arbusto, il fotografo ischitano Simone De Sanctis inaugura la sua prima mostra personale. Un’esposizione di 30 scatti in bianco e nero e a colori, che raccontano il suo percorso artistico attraverso i ritratti di donne e ragazze incontrate negli ultimi dieci anni.
Partiamo subito parlando della mostra “D”. 30 scatti in bianco e nero e a colori. Tra le immagini esposte, spicca quella di una donna sospesa in un lenzuolo bianco, che sembra librarsi in un equilibrio tra leggerezza e introspezione
“Questa esposizione rappresenta un po’ la mia primavera artistica. Ho raccolto i ritratti di donne che ho conosciuto e fotografato nel corso di dieci anni. Alcuni scatti sono più acerbi, altri più maturi, ma nessuno è un semplice ritratto: in ogni fotografia ho cercato di catturare un’essenza, un’emozione. Alcune immagini sembrano foto di moda, ma in realtà nascondono una profondità più intima: molte ragazze, vedendosi ritratte, mi hanno detto di essersi riconosciute completamente. Ho sentito l’esigenza di raccontare questa evoluzione, anche perché non avevo mai esposto il mio lavoro prima d’ora. Non mi considero un artista, ma un fotografo.”





Durante l’inaugurazione hai previsto un live shooting. Come si svilupperà questa parte della mostra?
“Sì, ci sarà una parete bianca che sarà il punto focale di un ritratto live. Le foto scattate durante la serata verranno poi stampate e affisse, permettendo ai visitatori di tornare e rivedersi esposti nella mostra. È un modo per rendere il pubblico parte del progetto e creare un’esperienza interattiva.”
Quando hai capito che la fotografia sarebbe stata la tua strada?
“Ho iniziato a scattare a 14-15 anni con una macchina analogica, seguendo mio padre, che aveva una camera oscura in casa. Ricordo la magia della luce rossa e dell’attesa dello sviluppo. Scattavo con una Zenit, prodotta in URSS, pesava tantissimo, quasi indistruttibile, costruita con i “pezzi” di un carro armato. E ce l’ho ancora oggi.” Poi, per un periodo, ho messo da parte la fotografia e mi sono dedicato ad altro, lavorando nei locali. Dopo vent’anni, ho sentito che dovevo tornare a fotografare. Ho iniziato come assistente di Bruno Di Scala, poi ho studiato fotografia pubblicitaria e mi sono specializzato in moda, food e still life. Da allora, sono passati dieci-dodici anni e oggi questo è il mio lavoro.”
Fare il fotografo nel 2025 non è come farlo dieci anni fa. Oggi abbiamo a disposizione un certo numero di megapixel nelle nostre mani e, di conseguenza, tutti, più o meno, ci sentiamo fotografi. I moderni smartphone non si limitano più a catturare immagini, ma producono foto di alta qualità, indipendentemente dal contesto o dal segnale di rete. Tuttavia, la fotografia professionale – quella che porta la firma di un fotografo, per non parlare della fotografia d’autore, che è un concetto ancora più elevato – ha ancora un suo spazio? Può continuare a esistere?”
“Viviamo in una società satura di immagini: scrolliamo continuamente foto e video, siamo tutti ‘content creator’. Ma la maggior parte di questi contenuti è spazzatura. La fotografia d’autore, invece, ha ancora più valore proprio per questo: racconta, trasmette, fa riflettere. La fotografia è un linguaggio, e chi la pratica deve saper raccontare una storia, non solo scattare una bella immagine. A maggior ragione, oggi la fotografia assume un valore ancora più importante, soprattutto quella pensata, ragionata e capace di comunicare qualcosa. Questo lavoro è straordinario perché permette agli altri di entrare nella tua visione del mondo, di vedere la realtà attraverso i tuoi occhi. Senza questa capacità di trasmettere emozioni e prospettive, la fotografia perderebbe il suo significato più profondo”
“L’altro aspetto che mi piaceva condividere con te riguarda un merito che va riconosciuto al vicesindaco di Lacco Ameno, Carla Tufano, per aver aperto lo spazio di Villa Arbusto ai talenti ischitani. Spesso – e lo dico anche per esperienza personale – è difficile far comprendere, qui sull’isola, le rinunce, i sacrifici, le difficoltà che si affrontano: le notti insonni, le mareggiate che isolano, le ore di studio e dedizione. A volte ti trovi a dover parlare in una piazza che sembra non capirti, quasi come se parlassi una lingua diversa. Oggi, con Amazon, è semplice acquistare qualsiasi strumento tecnico, una luce particolare o un’attrezzatura specifica, senza dover chiedere a nessuno. Ma basta guardarsi intorno per rendersi conto di quanto, in certi momenti, ci si possa sentire un marziano. Quante volte ti sei sentito così, nel tuo percorso da fotografo qui sull’isola?”
“Oggi la maggior parte del mio lavoro si svolge fuori dall’isola. Tuttavia, amo profondamente Ischia e tengo molto a fare qualcosa per valorizzarla. Spero, un giorno, di poter realizzare un progetto tangibile che racconti l’isola attraverso la fotografia. Non mi considero un artista, ma un fotografo. Nel frattempo, voglio ringraziare l’amministrazione di Lacco Ameno, in particolare il vicesindaco e architetto Carla Tufano, che è anche un’amica. La ringrazio perché mi ha dato questa opportunità, che non è affatto scontata. Oggi, poter allestire una mostra personale in una realtà come Ischia – che per tanti anni ha trascurato la cultura – è un traguardo importante.”
Con l’avanzare dell’intelligenza artificiale, quale futuro vedi per la fotografia professionale?
L’intelligenza artificiale, oggi, ha raggiunto livelli altissimi nella creazione di immagini e video. Fortunatamente, per ora, è ancora possibile riconoscerne l’uso, ma non so per quanto tempo sarà così, visto il ritmo con cui si sta evolvendo. In ambito pubblicitario, molte aziende stanno già utilizzando l’IA per le loro campagne, ma queste scelte vengono ancora criticate. Molti si chiedono: perché affidarsi all’intelligenza artificiale per creare immagini fittizie, inserendo semplicemente dei codici per generare scene artificiali con i propri prodotti? Il prestigio di un brand, infatti, si costruisce anche attraverso la credibilità e l’autenticità delle immagini. Per questo la fotografia professionale ha ancora un ruolo fondamentale – e, si spera, lo avrà ancora a lungo. Come ho già detto, la sensibilità e la ricerca umana faranno sempre la differenza.
Dieci anni di lavoro raccolti in 30 immagini esposte a Villa Arbusto. Sicuramente, percorrendo le sale della mostra, riaffioreranno tanti ricordi legati a questi scatti. Senza svelare troppo – così da lasciare ai visitatori il piacere della scoperta – c’è qualche storia particolare che ti è rimasta dentro, che poi la fotografia ha saputo immortalare e confermare?
” È bello perché, riguardando oggi tutte le foto mentre le stampavo, mi sono tornati alla mente tanti ricordi. Alcune ragazze che ho fotografato quando erano ancora a Ischia, oggi sono modelle a Milano. Altre, che avevano iniziato posando qui, nel tempo sono diventate mamme. Ricordo scatti fatti a ragazze in dolce attesa che poi, appena uno o due giorni dopo, hanno dato alla luce i loro bambini. Ogni foto per me ha un significato profondo. La cosa che spero è che, anche per chi visiterà la mostra, ci sia qualcosa di speciale: magari non conosceranno le storie dietro ogni volto, ma ognuno potrà dare la propria interpretazione a quelle immagini. Nelle mie foto c’è una parte di me, ma c’è soprattutto l’essenza delle persone ritratte. Spero davvero che questo lavoro lasci il segno in chi verrà a vederlo.”
E per chiudere, Michael Jordan o LeBron James?
“Jordan, senza dubbio! Noi siamo figli di quell’epoca. LeBron fa grandi statistiche, ma Jordan era tutta un’altra storia.”