Non sono bastate una sentenza e due ordinanze. Il Tar è costretto ad occuparsi ancora del caso dell’immobile in un condominio di Casamicciola Terme, la cui staticità è stata compromessa dalla realizzazione di opere abusive che rendono necessari interventi di messa in sicurezza. Il Comune era già stato condannato ad attivarsi per la esecuzione in danno di una propria ordinanza relativa ai lavori abusivi realizzati da uno dei condomini. L’Ente, dopo aver adottato anche una ordinanza di sgombero per motivi di sicurezza e aver intimato ai proprietari dell’immobile dove erano stati eseguiti gli abusi con violazione della normativa antisismica di eseguire urgentemente lavori di messa in sicurezza del fabbricato, si è poi “dimenticato” della questione. Non dando nemmeno seguito alla diffida della condomina il cui appartamento era risultato danneggiato.
Nella sentenza che accoglieva il ricorso della cittadina difesa dall’avv. Gianpaolo Buono, il collegio della Sesta Sezione evidenziava le colpe del Comune e il danno subito dalla ricorrente, destinataria dello sgombero. Rilevando «che la situazione venutasi a creare è fonte di grave pregiudizio sul piano patrimoniale, ma anche su quello economico ed affettivo per la ricorrente ed il figlio che sono stati privati della loro abitazione». Come anche che «gli abusi denunciati dalla ricorrente insistono su di un territorio paesaggisticamente vincolato e che la ricorrente, nella diffida, ha sollecitato anche l’esercizio dei poteri ex D.P.R. n. 380/2001; e a tale sollecitazione il comune è tenuto a dare una risposta con un provvedimento espresso».
IL SEQUESTRO PENALE
Con quella pronuncia del febbraio 2024 il Tar ordinava all’Ente di provvedere sulla diffida «dando esecuzione all’ordinanza sindacale n. 9 del 10 novembre 2022 per la messa in sicurezza del fabbricato, ossia provvedendo agli adempimenti dalla medesima discendenti per effetto dell’inottemperanza dei destinatari, nonché adottando una determinazione espressa sulla richiesta di esercizio dei poteri ex art.27 del DPR 380 del 2001, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione della presente sentenza o dalla notifica di parte se anteriore». E in caso di ulteriore prevedibile inerzia, aveva nominato commissario ad acta il Prefetto di Napoli o suo delegato, che avrebbe dovuto provvedere entro trenta giorni.
Altro che giorni. Dopo oltre un anno, la questione si è ancor più complicata, anche a causa dell’operato del commissario ad acta delegato dal prefetto e della presenza di un sequestro penale. E ora è emerso un ulteriore elemento che ha rallentato ancor più le iniziative, ovvero la “sovrapposizione” paventata dal commissario con le attività del Comune.
L’ultima ordinanza riassume queste ulteriori fasi. Ricordando che il commissario ad acta dott.ssa Rosa De Lucia, insediatasi nella primavera 2024, a maggio aveva chiesto chiarimenti al collegio, essendo venuta appunto a conoscenza che l’immobile è sottoposto a sequestro preventivo penale, sollecitando indicazioni per l’espletamento dell’incarico.
I chiarimenti erano stati prontamente forniti, evidenziando che «il commissario ad acta dovrà formulare apposita motivata istanza di autorizzazione alla competente Autorità Giudiziaria penale, che valuterà se sussistono le condizioni per intervenire ed eventualmente detterà le necessarie prescrizioni del caso, e che comunque il commissario ad acta dovrà adottare anche una determinazione espressa sulla richiesta di esercizio dei poteri ex art.27 del DPR 380 del 2001 secondo quanto deciso nella sentenza del 2024 di questo Tar. Si ricorda, infatti, che per costante e condivisa giurisprudenza anche della Sezione, la sottoposizione dell’immobile a sequestro penale non preclude ex sé la possibilità di adottare l’ordine di demolizione mentre per l’attività esecutiva va formulata istanza di dissequestro all’autorità giudiziaria penale».
COMPITO NON CONCLUSO, NESSUN COMPENSO
Arriviamo a ottobre scorso, quando la dott.ssa De Lucia depositava la relazione con cui riassumeva l’attività espletata e ritenendo di aver assolto al compito assegnatole, chiedeva la liquidazione del compenso. Il collegio presieduto da Santino Scudeller non condivideva affatto tali conclusioni. Con la seconda ordinanza respingeva infatti l’istanza di liquidazione in quanto il compito del commissario ad acta non era ancora esaurito. In particolare, tenuto conto di quanto sentenziato e considerato «che il giudice penale su istanza del commissario ad acta aveva concesso la rimozione dei sigilli ed il dissequestro temporaneo per il tempo strettamente necessario alla messa in sicurezza del fabbricato», aveva chiarito che la dott.ssa De Lucia dovesse seguire anche «la fase esecutiva della delibera sopracitata, assicurandosi che senza indugio vengano effettuati tutti gli adempimenti necessari alla tempestiva ed effettiva messa in sicurezza del fabbricato, della quale, una volta avvenuta, dovrà dare comunicazione al giudice penale e a questo Tar».
L’AUTORIZZAZIONE DEL RUP
Il commissario ad acta si è confrontata con gli uffici comunali ma questo, anziché facilitare e accelerare le “operazioni”, le ha ancor più complicate e rallentate. Agli inizi di dicembre la De Lucia ha infatti richiesto ulteriori chiarimenti, «evidenziando che il Rup, in data 21 novembre 2024, avrebbe autorizzato sostanzialmente il condomino ad eseguire a proprie cure e spese all’esecuzione dell’ordinanza del commissario straordinario (la dott.ssa Calcaterra, ndr) e chiedendo, al fine di “evitare una situazione di esercizio concorrente” del potere da parte dell’amministrazione e da parte del commissario ad acta, se l’atto emanato dal Rup andasse considerato come tale, nonché di fornire indicazioni circa la corretta esecuzione del proprio incarico. Successivamente il commissario ad acta ha anche depositato la nota del 2 gennaio 2025, con cui il Rup le ha trasmesso il progetto pervenuto per “Interventi di messa in sicurezza e rimessione in pristino opere Ordinanza Commissario Straordinario n. 9 del 10.11.2022 – Sentenza TAR Napoli — Sez. IV”, relativo alla proprietà sita in via Cretaio, facente parte del Condominio “Parco Mare Verde”, a firma del tecnico incaricato, chiedendole l’autorizzazione a permettere al condomino di “eseguire a proprie cure e spese ogni opera indicata nell’Ordinanza del Commissario Straordinario n. 9 del 10.11.2022 nonché a dare esecuzione spontanea alla sentenza del Tribunale Amministrativo della Campania».
LO SPIEGONE DEL TAR
Con “tanta pazienza” i giudici hanno risposto al commissario ad acta chiarendo: «Si ritiene, innanzitutto, che nella fattispecie in questione non sia configurabile una ipotesi di esercizio concorrente di potere da parte dell’amministrazione comunale: come desumibile anche dall’ulteriore documentazione depositata in giudizio dal commissario ad acta, il responsabile dell’area tecnica del comune, nominato quale rup dallo stesso commissario ad acta, non sta operando autonomamente ma ha chiesto al commissario ad acta l’autorizzazione a permettere al condomino di “eseguire a proprie cure e spese ogni opera indicata nell’Ordinanza del Commissario Straordinario n. 9 del 10.11.2022 nonché a dare esecuzione spontanea alla sentenza del Tribunale Amministrativo della Campania”, così dimostrando di voler operare come ausiliario del commissario ad acta».
Ed arriva l’ennesima sollecitazione ad espletare fino in fondo il proprio compito: «Tanto premesso, si conferma quanto già evidenziato con la precedente ordinanza di chiarimenti e cioè che spetta al commissario ad acta adoperarsi per garantire che senza indugio vengano effettuati tutti gli adempimenti necessari alla tempestiva ed effettiva messa in sicurezza del fabbricato».
A scanso di equivoci, indicano chiaramente alla De Lucia come operare: «Il commissario ad acta, avvalendosi del supporto del rup già nominato e/o di ulteriori professionisti che dovesse ritenere necessari per la corretta esecuzione dell’incarico, dovrà provvedere a che, entro venti giorni dalla comunicazione della presente ordinanza, sia predisposta adeguata progettazione, idoneamente valutata, per la messa in sicurezza del fabbricato, tenendo conto anche che si tratta di esecuzione di ordinanza contingibile e urgente adottata ai sensi dell’art. 54 del D.Lgs. n. 267 del 2000, e nei successivi quaranta giorni sia data materiale esecuzione agli interventi di messa in sicurezza, nel rispetto della normativa vigente e dei requisiti tecnici e di sicurezza previsti, e venga certificata l’eliminazione del pericolo da parte di tecnico abilitato.
Della conclusione degli interventi di messa in sicurezza, il commissario ad acta dovrà dare comunicazione anche al giudice penale che ha autorizzato il dissequestro temporaneo».
Anche quest’ultima ordinanza (ma sarà davvero l’ultima?) detta scadenze brevi affinché si provveda finalmente alla messa in sicurezza. Il commissario ad acta si darà una mossa?