martedì, Marzo 18, 2025

Condono a Barano atto secondo, il Tar “boccia” anche il commissario ad acta

Gli ultimi articoli

Iscriviti alla nostra newsletter

Resta informato e non perderti nessun articolo

Accolto l’ennesimo reclamo che “salvava” gli abusi sul fabbricato confinante. Annullato il provvedimento con cui l’ing. Camerlingo aveva rilasciato il permesso di costruire in sanatoria definendo l’istanza del 1986 perché adottato in totale assenza di contraddittorio con la cittadina reclamante. Permangono i dubbi sulle due domande di condono e anche sulla suddivisione della proprietà tra le sorelle. Analoga sorte è toccata all’atto rilasciato dal Comune

Secondo capitolo della querelle sul fabbricato a Barano e secondo condono annullato. Il Tar (che finora si è pronunciato sul caso con ben quattro sentenze) non ha bocciato solo il Comune, ma anche il commissario ad acta nominato, che peraltro già era stato richiamato ad assolvere pienamente al compito assegnatogli.

L’ultima sentenza, che accoglie il reclamo della cittadina difesa dall’avv. Antonio Iacono, annulla, dopo quello rilasciato dal Comune nel 2023, anche il permesso di costruire in sanatoria rilasciato stavolta dal commissario nel 2024, ma anche questo frutto di un’attività “frettolosa” e superficiale.
La questione come è noto verte su un immobile confinante con quello della reclamante ed ereditato da due sorelle e su due distinte istanze di sanatoria che hanno generato una voluta “confusione”, come pure poco chiara è l’effettiva riconducibilità delle proprietà. In difformità alla licenza edilizia del 1971 sono state realizzate opere abusive che hanno trasformato un piccolo rudere ad uso agricolo in un ampio fabbricato attualmente suddiviso in due unità abitative. Ulteriori lavori sono stati realizzati nel 2020.

Dopo una diffida senza esito, già nel 2022 il Tar aveva dato ragione alla ricorrente ordinando al Comune di concludere il procedimento iniziato con la domanda di condono del 29.11.1986 e nominando, in caso di ulteriore inerzia, il commissario ad acta. Che però non si era nemmeno insediato, concludendo, dopo uno scambio di corrispondenza con il Comune, che la pratica fosse in fase di conclusione. Una decisione avversata dalla interessata, che aveva presentato reclamo. Seconda sentenza dei giudici amministrativi che nel 2023 “bacchettavano” già il commissario in quanto l’istanza di condono esaminata dal Comune era quella del 1995 e non quella del 1986, oggetto della sentenza da ottemperare.
Di qui: «l’accoglimento del reclamo, con la nullità degli atti reclamati; l’ordine al commissario ad acta di effettivamente esplicare i propri poteri, nel contraddittorio con la parte reclamante oltre che con le controinteressate, definendo la domanda di condono del 1986».

I VIZI DEL PROVVEDIMENTO CONTESTATO
Ma il commissario ing. Luigi Camerlingo ha sbagliato ancora. Infatti «con provvedimento n. 11 del 29.5.2024, dopo la presupposta autorizzazione paesaggistica n. 15 del 14 marzo 2024, il commissario ad acta, in esecuzione delle sentenze di questo Tar del 2022 e del 2023, definiva la istanza di condono del 1986, rilasciando al fine l’agognato permesso di costruire in sanatoria, individuandone il destinatario» in una delle due sorelle. Un atto mai notificato alla reclamante, «ma solo occasionalmente conosciuto».
Pronto il secondo reclamo che ha scaturito la quarta sentenza, con cui si chiedeva l’annullamento del provvedimento elusivo del giudicato del Tar.
Diverse le censure, ad iniziare dalla violazione e falsa applicazione art. 3 legge 241/90, «stante la violazione del giudicato, essendo stata la determina commissariale – e gli atti presupposti – adottati senza la interlocuzione con la reclamante e senza tenere conto dei profili di criticità evidenziati nel primigenio atto di diffida da cui era scaturito l’obbligo di provvedere giudizialmente sancito».

Inoltre si contestava la «non riferibilità della istanza di condono n. 7467/86 alle opere realizzate in assenza di titolo abilitativo ed attualmente di proprietà» di una delle due sorelle.
Nel “merito”, si evidenziava «la sostanziale modificazione dello stato dei luoghi (siccome rappresentati nel 1986), con notevole ampliamento del fabbricato (manufatto di 60 mq, seminterrato adibito a cantina, altro fabbricato di 33 mq); la istanza di condono del 1986 non sarebbe riferibile all’immobile attualmente di proprietà della sorella della confinante, essendo di contro riferibile all’ampliamento eseguito in difformità alla licenza edilizia n. 1073 del 7.1.1971, quindi all’immobile attualmente di proprietà della confinante, realizzato – come emergerebbe dal confronto tra i grafici di progetto allegati alla licenza edilizia del 1971, quelli depositati in data 7.1.1993 ad integrazione della istanza di condono del 1986, ed a quelli di rilievo e progetto allegati alle DIA del 2013 – con demolizione integrale del vecchio fabbricato e costruzione di un nuovo e diverso complesso edilizio, avente superficie abitabile notevolmente superiore a quella del vecchio fabbricato (più del doppio)».

VIOLAZIONE DELLA LEGGE 241/90
Sia il Comune che le controinteressate si sono costituiti in giudizio, ma ancora vanamente.
Il collegio della Sesta Sezione presieduto da Santino Scudeller ha giudicato fondato anche questo reclamo.
E’ bastato il primo motivo, ovvero la violazione della legge 241/90, per accogliere il reclamo, senza nemmeno dover esaminare le altre censure. In proposito la sentenza spiega la natura delle attività del commissario ad acta e appunto la violazione commessa in questo caso: «L’esame del primo motivo del reclamo, afferente alla violazione del contraddittorio e delle prerogative procedimentali della reclamante, richiede, in via preliminare, talune precisazioni circa la fonte genetica della potestà commissariale e la natura degli atti da esso commissario adottati, all’uopo valendo il rinvio alle statuizioni già rese da questa Sezione, in virtù delle quali: “il commissario ad acta è giustappunto abilitato a sperimentare sequenze procedimentali e ad adottare, al fine, provvedimenti in guisa strutturalmente e morfologicamente analoga a quella che avrebbe dovuto essere seguita dalla Amministrazione”».
Di qui «la applicabilità, alla potestas commissariale – che rinviene genesi e funzione nell’ordine del giudice, ma modus e quid nella potestà amministrativa non esercitata e nelle regole procedimentali che quella potestà conformano – dell’ordito normativo che governa giustappunto la ridetta potestà amministrativa».

ELUSA LA SENTENZA
E qui il collegio richiama appunto quanto riportato nella sentenza del 2023, che «ordina al commissario ad acta di effettivamente esplicare i propri poteri, nel contraddittorio con la parte reclamante oltre che con le controinteressate, definendo la domanda di condono del 1986».
Invece la reclamante era stata completamente “ignorata” nell’iter che ha portato al rilascio della sanatoria. Scrivono infatti i giudici: «Ne discende, nella fattispecie, la effettiva pretermissione delle guarentigie procedimentali effettivamente spettanti in capo alla reclamante, titolare di situazioni giuridiche meritevoli di tutela, imponendosi la partecipazione e il contraddittorio endoprocedimentale anche al fine di una compiuta ricostruzione della complessa situazione fattuale sottesa all’esercizio dei poteri commissariali.
Di tale partecipazione, per converso, non vi è traccia nel preambolo del provvedimento commissariale, né tampoco nei presupposti atti istruttori; di qui la violazione delle facultates procedimentali irrefragabilmente spettanti alla reclamante – in sede di esplicazione della potestà commissariale – secondo l’inequivocabile dettato giudiziale».

Ancora: «Nessuna comunicazione volta ad eccitare la ridetta partecipazione, di contro, risulta giammai essere stata indirizzata alla reclamante, id est al soggetto da cui in definitiva è scaturito il giudizio da cui è promanato l’ordine della cui esecuzione si verte e, indi, sulla cui sfera giuridica la potestas commissariale poteva incidere, ledendola o comprimendola (come poscia effettivamente avvenuto)».

TUTTI I NODI ANCORA DA SCIOGLIERE
Una violazione grave, e la sentenza non fa “sconti”: «Peraltro, la circostanza che la potestà del commissario si sia dispiegata in assenza di contraddittorio e senza la partecipazione del soggetto su impulso del quale si è iniziata la vicenda giurisdizionale de qua, assume nella sostanza valenza incidente al lume dei circostanziati profili di criticità sollevati dalla reclamante, già in sede stragiudiziale con il primigenio atto di diffida e, poi, nel corpo del reclamo in esame».
E il collegio ricorda quale fosse in questo caso il “nodo del contendere”: «In particolare, va quivi rilevato che: oggetto del munus commissariale è solo ed esclusivamente la domanda di condono siccome ab origine presentata nel 1986, per opere in difformità dalla licenza edilizia del 1971, relativo ad un piano fuori terra di ca. mq 42,46, destinato ad uso non abitativo; nessuna rilevanza, indi, possono assumere successive modificazioni e/o integrazioni di tale domanda, ivi comprese e massimamente quelle relative alla integrazione del 7.1.93, né tampoco alle SCIA del 2013; dalla effettiva natura e latitudine della domanda di condono in allora presentata manufatto ad uso non abitativo, di circa mq 42, realizzato in difformità dalla licenza edilizia del 1971 discende, specularmente, la ampiezza del potere commissariale, come detto biunivocamente legato alla primigenia domanda del 1986; la potestà di sanatoria che ne occupa non mai può estendersi, indi, a fabbricato altro da quello che solo è evidenziato nella domanda del 1986 (manufatto destinato ad uso non abitativo di mq 42,46; del resto nello stesso dispositivo del permesso commissariale si fa menzione di “un manufatto adibito ad uso deposito”); affatto inconferente e poco perspicuo, indi, si appalesa il riferimento – contenuto nel preambolo del gravato permesso commissariale – ad una non meglio precisata “richiesta acquisita al protocollo comunale del 14.11.2023 presentata a nome della sorella della confinante (…) con cui si chiede il rilascio del permesso di costruire in sanatoria riferito alle istanze di condono edilizio del 20.11.1986”».

Tutto sbagliato, ancora una volta: «L’accoglimento del reclamo nei sensi suesposti implica la nullità degli atti commissariali adottati in pretesa esecuzione delle sentenze di questo Tar – permesso di costruire in sanatoria e presupposta autorizzazione paesaggistica – dovendo il commissario provvedere a nuovamente esercitare il proprio officium, nel pieno contraddittorio con la parte reclamante e con le germane, consentendo loro, indi, di effettivamente interloquire plena causae cognitio ac tota re perspecta in subiecta materia, tenuto conto: della ridetta, irrefragabile, latitudine della potestà da esercitarsi, astretta solo ed esclusivamente al manufatto ad uso non abitativo di mq 42,46 oggetto della domanda di condono del 1986, realizzato in difformità dalla licenza edilizia del 7 gennaio 1971; della assoluta irrilevanza, indi, di ogni altro successivo intervento, opera, integrazione (compresa quella, del 1993, affatto inconferente ai fini che ne occupano)».

Il commissario dovrà anche fare luce sulla effettiva proprietà dell’immobile in questione: «In tal guisa delimitata la res immobile che solo può essere (eventualmente) sanata, consequenziale sarà poi acclarare la riconducibilità di essa res – siccome immutabilmente e irremissibilmente cristallizzata nella domanda di condono del 1986 – alla sfera dominicale di una delle due germane, questione pure agitata dalla parte reclamante».
Annullati gli atti commissariali, il Tar ordina all’ing. Camerlingo «di nuovamente esplicare i propri poteri, nel contraddittorio con la parte reclamante e con le controinteressate nei sensi esposti in parte motiva, indissolubilmente ed esclusivamente legati al manufatto siccome ab initio cristallizzato nella domanda di condono del 1986». Assegnando il termine di 120 giorni per l’adempimento.
Sarà sufficiente questa ennesima sentenza a risolvere definitivamente la questione o si registreranno ulteriori errori e violazioni?

Autore

  • Gaetano Di Meglio

    Marito di Agata e papà di Martina, Valeria, Domenico ed Enzo, sono nato e vivo ad Ischia. Credo nella libertà degli uomini di poter essere liberi da ogni bisogno e necessità. Credo nel valore del giornalismo come espressione di libertà e difesa dei più deboli. Sono preconcetto contro ogni forma di potere. Ah, sono il direttore del giornale 😉

    Visualizza tutti gli articoli
contenuti sponsorizzati da Geozo

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Gli ultimi articoli

Stock images by Depositphotos