Nello scontro aperto tra il Comune d’Ischia e Santaroni ora interviene anche il caso del condono negato e dell’ordinanza di demolizione per le opere a protezione dell’Hotel Miramare e Castello. E il ricorso al Tar a firma degli avvocati Gianluca Maria Esposito e Angela Parente per conto di Generoso Santaroni è un vero e proprio atto d’accusa nei confronti dell’Ente.
Si chiede l’annullamento, previa adozione delle misure cautelari, del provvedimento del 30.4.2024, recante rigetto dell’istanza di condono ex lege 326/2003, del 10.12.2004 presentata da Ludovico Santaroni nell’interesse della Turistica Villa Miramare; dell’ordinanza del Comune di Ischia n. 77 del 2.5.2024, recante: annullamento in autotutela della nota dell’8.5.2023, e ordine di demolizione e di rimessione in pristino dello stato dei luoghi ex art. 35 del DPR 380/2001 e art. 167 del d.lgs 42/2004, delle opere denominate “area terrazza panoramica” e “braccio a mare” oggetto della domanda di condono. Inoltre della nota della Soprintendenza del 26.3.2024; la nota del Comune di Ischia del 27.3.2024; la nota del 18.4.2024 recante comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di sanatoria; il verbale di sopralluogo del 29.3.2024 e rapporto tecnico del 17.4.2024. Nonché la condanna al risarcimento del danno.
LA CONCESSIONE DEMANIALE MARITTIMA
Per ricostruire i fatti si parte da lontano: «La società ricorrente è concessionaria sin dal 1966 dello specchio acqueo antistante la struttura alberghiera denominata Hotel Miramare a Castello ove insistono sin dal 1964 una banchina in cemento c.d. braccio a mare e una terrazza panoramica aventi funzione di difesa della proprietà privata realizzata a ridosso dello specchio acqueo in argomento». Opere realizzate «in forza di regolare autorizzazione paesaggistica rilasciata il 12.6.1964, poi rinnovata, per ampliamento, con autorizzazione paesaggistica del 25.3.1965.
Il braccio a mare e la terrazza panoramica sono stati realizzati su parte dello “specchio acqueo” antistante l’albergo ottenuto in concessione dalla ricorrente giusta Concessione demaniale marittima del 14.10.66 n. 301 per una superficie di 663 mq, avente ad oggetto “la costruzione di banchina per difesa proprietà privata e terrazza panoramica”. Le opere in argomento, lo si precisa sin da subito non sono state realizzate sull’arenile bensì sullo specchio acqueo».
Dopo ulteriori provvedimenti concessori, la Capitaneria ha rilasciato la concessione 66/88 «per la superficie complessiva di mq 750 di cui: mq 388 corrispondenti alla terrazza panoramica in cemento (realizzata nello specchio acqueo a ridosso e protezione dell’albergo); mq 162 di arenile; mq. 130 corrispondente alla scogliera di difesa della costa c.d. braccio a mare realizzato nello specchio acqueo antistante l’albergo); mq. 70 corrispondenti alla banchina in cemento di difesa (realizzata nello specchio acqueo antistante l’albergo)».
Veniva precisato che la concessione «è suscettibile di modifica, in conseguenza all’esito degli accertamenti in corso intesi ad individuare le opere costruite sul demanio marittimo dalla società concessionaria ai fini di una loro eventuale acquisizione allo Stato come pertinenze demaniali marittime». Per ultimo sempre la Capitaneria con atto del 26 ottobre 1991 «ha espressamente rinnovato i precedenti atti concessori per la complessiva superficie di mq 750 “allo scopo di mantenere opere di difesa-terrazza panoramica e da arenile (…)”, dietro versamento della cauzione di L. 4.000.000 a garanzia degli obblighi manutentivi (delle opere a difesa), tuttora efficace».
ASSENZA DI VERIFICHE
Negli anni seguenti, «al di là di modesti interventi di protezione della banchina rovinata dalle frequenti mareggiate, la società concessionaria non ha eseguito alcuna opera significativa, salvo la “rifioritura” della scogliera, devastata in più circostanze dalle violente mareggiate invernali, e ciò sempre previa specifica autorizzazione della Capitaneria di Porto e del Comune di Ischia».
L’istanza di condono aveva appunto ad oggetto «opere di manutenzione straordinaria non valutabili in termini di superficie o di volume». Ed è stata presentata alla luce della «perdurante inerzia dell’Ente concedente, il quale, a fronte della riserva contenuta nella concessione n. 66/1988 non ha mai verificato ex post la esatta consistenza delle opere autorizzate e realizzate a difesa della costa sullo specchio acqueo concesso alla ricorrente». Ma tali opere sono state giudicate legittime anche dalla sentenza della Sezione distaccata di Ischia del 2001.
E si arriva ai giorni nostri: «A distanza di oltre vent’anni dalla presentazione della domanda di condono del 10.12.2004, il Comune di Ischia ha avviato il procedimento di definizione della stessa».
Il ragionamento dell’Ente fonda «sul presupposto erroneo, come si dirà infra, secondo cui la legge 326/03 all’art 32 comma 14 precludesse il condono per le opere eseguite sul demanio marittimo, e tale non è lo specchio acqueo».
E’ stato adottato il provvedimento di diniego di condono e quindi l’ordinanza di demolizione del braccio a mare e della terrazza panoramica, «nonostante si trattasse di opere ripetutamente autorizzate e dalla Soprintendenza e dalla Autorità marittima titolare dello specchio acqueo oggetto di concessione».
«ARGOMENTAZIONI PRETESTUOSE E PRIVE DI FONDAMENTO»
Nei sei motivi di ricorso si elencano gli errori del Comune, ad iniziare dal «falso presupposto che le opere oggetto di condono, che per natura e tipologia non sono valutabili in termini di volumi e superfici, siano state realizzate sul demanio marittimo». La concessione demaniale, si ribadisce, ha ad oggetto lo specchio d’acqua antistante la struttura alberghiera. E «non vi è ricompreso alcun tratto di arenile». Tra i beni appartenenti al demanio marittimo individuati dal Codice della Navigazione non è ricompreso lo specchio acqueo. Dunque non può essere applicata – sostiene il ricorso – la norma citata.
Parte il primo fendente, definendo le argomentazioni del Comune «pretestuose e prive di fondamento fattuale».
Sbagliata anche la contestazione che sull’area concessa siano state realizzate «ulteriori opere abusive in prosecuzione a quelle oggetto di condono, che hanno trasformato, ampliato, completato e modificato irreversibilmente le stesse».
Dopo aver ricordato tutti i titoli rilasciati negli anni, il ricorso precisa che la domanda di condono «ha ad oggetto le opere di manutenzione del braccio a mare e della terrazza panoramica autorizzate sin dal 1964/1965 e realizzate sullo specchio acqueo oggetto di concessione demaniale rilasciata in favore della ricorrente. Contrariamente a quanto affermato nel provvedimento impugnato, non risultano, allo stato, realizzate opere diverse e/o ulteriori rispetto a quanto autorizzato dall’Ente Concessionario e dalla competente Soprintendenza».
Il ricorso richiama la perizia tecnica allegata, che attesta che «le superfici demaniali occupate sono esattamente quelle concesse in termini di superfici e per cui vengono regolarmente e annualmente pagati i canoni demaniali».
Le differenze sarebbero prevalentemente determinate dal movimento degli scogli e dai vari ripristini e manutenzioni.
«ISTRUTTORIA SIMULATA ED ERRONEA»
Quanto alle opere eseguite “in assenza di titoli abilitativi edilizi-urbanistici e paesaggistici” contestate negli «erronei accertamenti confluiti nel Rapporto Tecnico del 17 aprile 2024», la stessa perizia dell’ing. Ferrandino assevera trattarsi «della originaria conformazione dell’opera da sempre riportata nei grafici allegati agli atti concessori e nella domanda di sanatoria».
Per il presunto ampliamento del “braccio a mare”, «si deve rilevare che l’opera è stata realizzata nel 1964/65 in modo non perfettamente conforme ai grafici “di massima” allegati alle autorizzazioni» e nel corso degli anni ha subito modeste modifiche finalizzate alla protezione dei fabbricati, in particolare con “rifioriture” della scogliera: «Quelle soluzioni sono state suggerite, anzi imposte, solo da esigenze tecnico strutturali, peraltro sempre riportate nei grafici-SCIA».
Escluso l’incremento volumetrico trattandosi di scogliera, il presunto incremento di superficie è smentito dalle foto e dalla sovrapposizione delle stato dei luoghi attuale al grafico delle concessioni dal 1988, che risultano perfettamente coincidenti.
Anche per ulteriori opere cementizie di pavimentazione sommerse da sabbia, «non coglie nel segno l’accertamento istruttorio operato dalla PA, trattandosi di opere strutturali costituenti le fondazioni lato nord dell’albergo, realizzate nel lontano 1960 e forse prima, tutte sommerse dalla sabbia al pari del cordolo di collegamento impropriamente denominato “muretto”».
L’attività istruttoria del Comune viene pertanto definita «simulata e, all’evidenza, erronea». E si aggiunge che il ripristino della scogliera era stato autorizzato dallo stesso Comune nel 2019 e dalla Capitaneria nel 2020: «Tanto dimostra la illegittimità per contraddittorietà dell’atto impugnato fondato su presupposti travisati e istruttoria apparente».
LA MEMORIA DIFENSIVA TACIUTA DALL’ENTE
Lo scontro prosegue su un’altra circostanza dirimente, ovvero l’affermazione del Comune che non sia pervenuta alcuna memoria difensiva nei termini fissati. Un assunto che «non risponde al vero!». Infatti era stata inviata per pec il 29 aprile 2024 memoria difensiva «idonea a superare le contestazioni dell’Ufficio» in quanto chiariva la situazione fin qui descritta.
Le argomentazioni non menzionate dall’Ente avrebbero condotto alla archiviazione del procedimento sanzionatorio: «La PA, invece, in radicale violazione delle disposizioni poste a garanzia del giusto procedimento amministrativo ha omesso di considerare gli scritti difensivi, affermando, in tutta erroneità, che non fossero state prodotte memorie difensive. È evidente la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 che inficia insanabilmente il provvedimento impugnato in via principale».
Osservazioni che si sarebbero rivelate maggiormente utili «in ragione delle macroscopiche erroneità – rectius assenza di istruttoria – che hanno caratterizzato il procedimento».
L’accusa al Comune d’Ischia è di aver «semplicemente simulato l’osservanza degli obblighi partecipativi, ma in realtà ha completamente “svuotato” la effettività degli stessi, rendendo inutile l’apporto procedimentale del ricorrente con riferimento alle osservazioni presentate».
La difesa di Santaroni prende di mira anche il “Preavviso di diniego” o “Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza”, che non indica «alcuno dei motivi riportati nell’impugnato provvedimento di diniego». E tale provvedimento, «nel quale erroneamente si afferma che non risultano prodotti scritti difensivi, confermando di non averli affatto considerati, improvvisamente si arricchisce ed indica quali motivi di diniego atti e circostanze completamente nuovi e diversi rispetto al preavviso stesso, con evidente annullabilità del preavviso e del diniego impugnato» violando la L. 241/90.
Ne consegue che anche l’ordinanza di demolizione è viziata da illegittimità derivata.
PROVVEDIMENTO IMMOTIVATO
Per ultimo, si sostiene che il provvedimento «non contiene la benché minima valutazione dell’interesse pubblico, né la comparazione con il sacrificio imposto al privato trattandosi di opere realizzate, ab immemorabile, di protezione, finalizzate in primo luogo, alla protezione del fabbricato alberghiero dalle ricorrenti mareggiate invernali. Ne consegue che l’Ente, a distanza di tanto tempo, pur non essendo codificato alcun termine prescrizionale, solo in presenza di un prevalente, specifico e pregnante interesse pubblico, avrebbe potuto adottare la determinazione in parola. Ma nel caso in specie, nessun riferimento in tale senso è contenuto nell’atto impugnato».
Ribadendo: «La conservazione di simile stato dei luoghi ha ingenerato nella ricorrente l’incolpevole affidamento sulla legittimità del titolo, derivante, in particolar modo, dall’adempimento delle prestazioni propedeutiche al rilascio del condono».
E si accusa apertamente il Comune di contraddirsi, per aver consentito negli anni la realizzazione delle strutture temporanee in virtù delle SCIA depositate. Richiamando la nota del 2023 poi annullata in autotutela, che concludeva «il “procedimento amministrativo volto alla verifica della legittimità delle banchine di cemento denominate “Area Terrazza Panoramica” e “braccio a mare” rappresentate nella tavola grafica dello stato dei luoghi delta SCIA del 30.03.2023, in quanto per tali opere oltre ad essere supportate dai titoli abilitativi su mensionati, sono anche interessate dalla domanda di condono edilizio del 10.12.2004, allo stato ancora non definita”».
Il principio dell’affidamento, legato al tempo trascorso, è stato tutelato conformandosi ai principi comunitari: «Ne consegue che il provvedimento di rimozione dell’asserito abuso va congruamente motivato, indicando il pubblico interesse, diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato».
Oltretutto «è palese la illegittimità dell’ordinanza per generica indicazione delle presunte opere abusive, con conseguente impossibilità di identificarle».
RISARCIMENTO DEI DANNI
Il ricorso contiene anche l’istanza di risarcimento danni, così motivata: «La ricorrente ha subito e subisce un gravissimo danno patrimoniale a causa dei provvedimenti gravati», avendo versato la prevista cauzione per la concessione demaniale marittima rilasciata e tuttora efficace: «Il diniego è perciò frutto di una colposa violazione delle norme sopra citate da parte degli uffici, che non hanno correttamente tenuto conto dello stato di fatto, tale da impedire il rigetto di una domanda meramente ricognitiva di condono, avviando il procedimento per la illegittima revoca della concessione».
E si rincara la dose contro il Comune: «Nella specie, sussistono tutti i presupposti per affermare la responsabilità dell’ente, dal momento che, come dimostrato, lo stesso ha con colpa grave violato le suddette norme, discostandosi, senza dare alcuna motivazione, dalle regole ivi sancite e seguite per il rilascio della precedente autorizzazione e dei successivi rinnovi».