Davide Conte | Da Francesco Facchinetti all’ultimo degli utenti social italiani, i qualunquisti e i colpevolisti sul caso Francesco Schettino si sprecano insieme ai loro like e retweet. L’icona del comandante codardo, incarnatasi alla perfezione nel marittimo di Meta di Sorrento passato agli onori delle cronache dopo il disastro della Costa Concordia, è da oltre un anno uno degli oggetti del desiderio di chiunque abbia voglia di puntare il dito contro qualcuno a tutti i costi e, a proprio dire, a ragion veduta.
Premetto che avendo un suocero provetto ufficiale marittimo in pensione, concordo perfettamente con la tesi che vuole il Comandante Schettino colpevole senza attenuanti per quanto accaduto e per i comportamenti successivi all’episodio; al pari di quanto ritenga inconcepibile che egli, al pari di altri italiani in attesa di giudizio, debba aspettare anni e anni prima di poter veder riconosciuta la propria colpevolezza od innocenza. Tuttavia, visto che dalle nostre parti le cose funzionano così, il quesito da porci è uno solo: con tutto il tatto che una condizione del genere richiede nel rispetto dei trentatré morti e dei gravissimi danni economici causati, un essere umano avrà pure il diritto di continuare a vivere?
Scrivere un libro per cavalcare l’eco mediatica e guadagnare soldi è senz’altro una scelta di pessimo gusto, ma cosa c’è di male a recarsi in vacanza ad Ischia? E’ forse più fuori luogo l’apparente indifferenza di Schettino verso quanto gli è successo l’anno scorso, oppure la sfacciataggine di chi si mette in posa accanto a lui condividendone senza esitazione gli scatti, o la semplice frenesia da contrappasso di chi vorrebbe fargli fare la stessa fine delle vittime e basta?
Vivere o non vivere, questo è il dilemma. Il passo verso il “come vivere”, purtroppo, solca un confine fin troppo difficile da riconoscere verso quelle forme di rispetto ed opportuna discrezione che gioco forza non appartengono in egual misura ad ogni essere umano. La platealità di certe situazioni e comportamenti decisamente inopportuni, però, vanno condannati parimenti sia verso gli Schettino di turno, sia nei confronti di alcuni dei suoi tantissimi detrattori e di molti suoi improvvisatissimi ed insospettabili fans dell’ultima ora.
Oggi, senza neppure aggiungere il nome, il cognome del maldestro numero uno di quella piccola città galleggiante che giace nel porto di Genova in attesa di essere demolita, non solo non ha bisogno di presentazioni, ma coinvolge ingratamente tutti quanti, pur non avendo nulla a che fare con lui, vi sono associati da una scomoda quanto petulante omonimia: dall’elenco telefonico, a Napoli sono circa una settantina; non arrivano a dieci, invece, tra Meta, Piano e la stessa Sorrento.
Forma e sostanza, purtroppo, appartengono sempre meno al nostro immaginario collettivo nazional-popolare. Ma si sa che per un popolo di eroi, santi, poeti, artisti e… navigatori (sì, Mussolini menzionò anche loro, manco a farlo apposta), crescere è sempre stato particolarmente difficile.
(foto: lintraprendente.it)