Pasquale Raicaldo | «Questo è l’unico punto dell’isola dal quale si scorgono, contemporaneamente, il Castello Aragonese e Sant’Angelo». Francesco Mattera è un Cicerone d’eccezione e tra i quaranta escursionisti del “Contastorie”, un eterogeneo e nutrito gruppo di ischitani e turisti, accomunati dalla voglia di scoprire o riscoprire il territorio, si spargono «oooh» di meraviglia. Cielo terso, brezza leggera e provvidenziale, tappeti di foglie marroni che annunciano un autunno imminente raccontando una verità diversa da quella delle spiagge ancora affollate: è l’ultimo dei percorsi con il quale “Il Contastorie” ha voluto accompagnare i momenti di riflessione e spettacolo, benché di spettacolo e riflessioni ne detti – eccome – anche un’escursione come questa: Piano Liguori, tra cielo e mare. La regìa è del Cai, della cui sottosezione ischitana Francesco – preparazione enciclopedica su biologia e geologia dell’isola, raccontate mai con cattedratica saccenza ma con la passione di chi sa entrare in sintonia con l’interlocutore – è il fiero reggente.
Si parte alle 9:30 dalla piazza di Campagnano, dove confluisce un’umanità varia: una squillante Clementina Petroni, il giornalista Almerico Di Meglio con improbabili “Converse” fucsia, Pietro Cuomo che ostenta fiero una tenuta da trekking “stellato”. Arriveranno anche Umberto Castellaccio e Valerio Iacono con allegra famiglia al seguito, e soprattutto un consistente sacco di pane e mortadella. Ché l’isola è bella, naturalmente, ma scalarla mette una fame che neanche immaginate.
Duecentocinquanta metri di dislivello, quattro ore di cammino: in quaranta si è in tanti, occorre una guida ogni dieci persone. Sei chilometri sospesi tra cielo e mare, vigneti a perdita d’occhio in una Piano Liguori che profuma di vendemmie, aria d’estate alla Sgarrupata, sconsigliata per chi soffre di vertigini. Attrezzatura necessaria: scarponi da trekking e indumenti a strati tecnici. «Qualche volta – racconta Pietro – qualcheduno arriva anche in infradito». Stavolta non capita e, al netto di qualche concessione alla moda, il gruppo si presenta impeccabilmente attrezzato. Soprattutto di smartphone, ché dal Torchio di Campagnano la visuale sul Castello Aragonese è un’impareggiabile cartolina che farà – ne sono tutti sicuri, qui – incetta di “like” su Facebook.
«E’ un sentiero totalmente a strapiombo sul versante sud/orientale dell’isola, la più antica da un punto da vista geologico» spiega Francesco, srotolando la guida. Si inizia costeggiando la baia di Cartaromana: sotto, c’è Aenaria, la vecchia città sommersa. Poi, si prosegue per un agile sentiero a strapiombo su varie insenature nelle quali confluiscono terrazzamenti ripidissimi coltivati a vigneti. Si continua tra la macchia mediterranea ed un castagneto fino a risalire su Monte Vezzi, un duomo vulcanico di 392 metri. E’ da qui che si apre la vista – impareggiabile – di un’ampia fetta d’Ischia. E’ anche tempo di colazione e di immancabile brindisi con vino bianco, rigorosamente Pietratorcia. Vietato alzare il gomito, la discesa dalla cima conduce condurrà alla “Scarrupata di Barano”. Sai com’è, meglio arrivarci sobri. «Le pareti mostrano begli esempi di materiali vulcanici stratificati (tufo , pomici, lapilli, ceneri bianche, roccia trachitica) e da cui si può godere uno degli scorci più belli dell’isola verde» spiega Francesco Mattera, un piccolo Highlander che non conosce stanchezza.
Poi, si ritorna a Piano Liguori e si gode del panorama su Punta San Pancrazio (156 m) con la caratteristica chiesetta a strapiombo sul mare. Sono immagini di rata bellezza, cui l’occhio – dell’ischitano, del turista – non potrà mai abituarsi. «Il susseguirsi di vedute mozzafiato del golfo di Napoli, campagne coltivate a viti ed alberi da frutta, strapiombi che danno sul mare aperto offrono un’esperienza che lascia spazio alla mente ed all’anima di riequilibrasi con il corpo» aveva garantito Francesco Mattera, che con il Cai organizza periodicamente escursioni guidate sui sentieri dell’isola più bella, lontana dagli schiamazzi del centro e dalla globalizzazione dell’isola in crisi d’identità. Ecco, un’identità ce l’avremmo eccome: per ritrovarla, basterebbe indossare comode scarpe da ginnastica. Anche fucsia.