Davide Conte |Si sta sgretolando lentamente, la nostra Italia; e per una volta non parliamo di mera recessione, ma di uno stato idrogeologico che ha superato il semplice livello di rischio, diventando vera e propria certezza.
Tutto il paese, il Bel Paese ovunque invidiato, sta conoscendo momenti drammatici. Ad ogni pioggia abbondante e in ogni dove, negli ultimi anni più che mai, arriva puntualissima l’incazzatura di fiumi, torrenti e costoni, pronti a ribellarsi ad uno stato di storica incuria che, a quanto pare, non conosce più né confini, né cause specifiche.
Proprio così! Se prima i soloni di turno (vero, Tozzi?) erano pronti ad imputare le cause di eventi del genere a fenomeni di abusivismo o mala gestioartatamente geolocalizzati nel meridione d’Italia, proprio quanto accaduto da qualche giorno a questa parte ha dimostrato la gratuità di certi addebiti. Tanto in Friuli quanto in Toscana, così come in Liguria, nel Lazio, in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, l’uomo ha sbagliato senza distinzioni di sorta e non solo laddove ha voluto strafare a tutti i costi. Spesso è bastato “non fare”, smentendo alla grande il famoso assunto secondo cui “solo chi non fa, non sbaglia”.
Qualcosa si sta rompendo, stiamo cominciando a pagare con interessi carissimi decenni e decenni di assoluta mancanza di strategie nella prevenzione ambientale, forse pensando che il problema potesse essere scaricato reiteratamente su chi verrà dopo ed avere alibi per occuparsi d’altro. A quanto pare, invece, il nostro è un territorio che va totalmente ridisegnato e non solo nella burocrazia, nell’economia e nelle infrastrutture, ma anche nel suo stato fisico.
L’emergenza ambientale, al pari di quella economico-finanziaria, necessita di interventi dalle keywords ben precise: immediatezza, competenza, efficacia, efficienza e, perché no, coscienza; quella che molto spesso manca a chi è demandato ad occuparsi della “cosa pubblica”. Ma in questo, come in altri casi analoghi, c’è ben poco da cui nascondersi dietro un dito.