Ida Trofa | Lo stiamo denunciando da mesi. Lo avevamo annunciato ed anticipato proprio dalle colonne di questo giornale rilevando i rischi e le conseguenze che avrebbero causato i lavori e i progetti messi in preventivo dalla dirigenza senza un criterio pratico ed organizzativo valido. La maternità dell’Ospedale Anna Rizzoli a Lacco Ameno è nel caos da mesi senza che si veda lo spiraglio di una soluzione per chi opera e per chi fruisce dei servizi offerti dal reparto.
Mentre sono in corso i lavori per la realizzazione della sala operatoria, la terza in ospedale, che conta, in proporzione, più camere operatorie che pazienti. Immaginate, tre sale operatorie ed un ospedale con soli 60 posti lettp… assurdo!
Sprechi su sprechi. Pensate ai mobili, alle suppellettili lasciate sul tetto alle intemperie e ai topi in attesa che finiscano i lavori. Dopo saranno rimessi al loro posto o saranno spese nuove imponenti cifre per sopperire a questa distruzione preventivata?
La direzione sanitaria, i vertici ASL hanno scelto in tal senso, impiantando un cantiere edile all’interno del reparto di Maternità, Ostetricia e Ginecologia e dunque all’interno del Nosocomio infischiandosene delle conseguenze dei reali benefici e degli effetti disastrosi sulla sanità locale. Dai lavori già consegnati e aperti alla libera fruizione appaiono tutti i limiti e le carenze di opere al limite della normativa.
Nel reparto destinato alle gestanti, alle partorienti ed ai nascituri, tra cantieri in corso e promiscuità con le attività edilizie e gli operai, si fa insostenibile il grave problema dell’assenza di posti e servizi, come i bagni ad esempio che tutti devono usare in promiscuità come gli spazi vivibili per gli ammalati! Tutti medici ed infermieri compresi, già costretti a condizioni al limite.
Inoltre, dalle poche opere già consegnate alla libera fruizione, si evincono tutti i limiti di una progettazione fallace e affatto rispondente alle reali necessità. In una delle stanze destinate alle partorienti è stato realizzato un bagno di dimensioni ridottissime senza antibagno. Obbligatorio per legge. Il water dovrà fungere anche da bidè con la manichetta pulisci WC da usare per l’igiene intima. Una cannula installata sul cesso per lavarsi dopo che decine di persone hanno usato i servizi?!
Uno schifo, pensate all’urina e ai prodotti organici quali conseguenze possono avere su chi ha necessità di avere una pulizia massima. Le partoriente seduta appoggia con le ginocchia alla porta d’ingresso. Non esiste un antibagno, ma questo è solo il minimo disagio di un complesso vergognoso di cose. Su tutte l’assenza di un bidè vero, ricavato invece nel water, la presenza di una doccia che cade sulla tazza del bagno e il mini lavandino sputacchiera. Sì, un lavandino mini, usato come sputacchiera nella maggiora parte dei casi, che all’Ospedale Rizzoli dovrà essere usato dai pazienti per lavarsi.
Senza parlare poi degli infissi che risalgono all’epoca “Brandi”, con nuove strutture montate sui vecchi alloggi in legno e riempiti alla meno peggio con stucco e quant’altro. Un’emergenza nell’emergenza di un reparto a cui serviva solo una ritinteggiata e che ora vive nello sporco, nella polvere e nell’incertezza.
A questo punto, però, è lecito chiedersi chi approva le opere volute dall’Architetto Trinchetta per conto dell’ASL e della Grossi. Da quando sono in corso i lavori, i pazienti vengono accolti e ricoverati con le barelle. Un’emergenza pericolosa per lo stato psicofisico dei degenti. E atteso lo stato dell’arte, con la camera operatoria ed i locali per gli alloggi ancora in alto mare, questa situazione durerà per molti mesi ancora. Uno stress inutile alla luce dei risultati che tali opere hanno prodotto. Opere che si sarebbero potute evitare.
Non accade in un ospedale da campo su di uno scenario da guerra, ma accade a Lacco Ameno dove la ginecologia lavora con un solo corridoio e una sola stanza tra gli ingressi ai reparti (c’è anche UTIC!) e all’area di cantiere. Così, se esiste il rischio, fondato, di infezioni e gravi patologie per i ricoverati, lo stress ed il sovraccarico di lavoro per i sanitari è una certezza alla luce anche della carenza di organico sotto dotato. Operatori sanitari costretti a cambiarsi in corridoio, a vista, tra armadietti sistemati alla meno peggio.
La situazione, però, com’era prevedibile, nonostante le autorità fingano di non vedere, i responsabili della struttura fingano di non vedere è scoppiata. L’ospedale “Anna Rizzoli”, il suo reparto di punta, versano in condizioni disastrose e gli operatori i medici e i paramedici, i pochi rimasti in servizio, operano in condizioni disumane ed assurde, al limite dell’indecenza. Tanto che gli Operatori si dicono pronti a denunciare tutto alla Procura della Repubblica se non saranno assunti al più presto seri provvedimenti in merito al fine di porre fine a questo strazio.
La pericolosità delle condizioni igienico sanitario, lo sporco associato all’incredibile insieme di persone ammassate si fa ancor più critico e grave negli orari di visita quando il reparto diviene impraticabile e lavorare è un’impresa. Solo chi non vive davvero le necessità del Rizzoli chi non ne conosce le urgenze e le dinamiche, poteva pensare di autorizzare lavori inutili e pretestuosi in piena estate! Risulta a questo punto difficile comprendere perché la Maternità debba arrendersi a un’emergenza che tale non è trattandosi di palese ed evidente incapacità organizzativa a vari livelli.
L’igiene diffusa, la sicurezza nei luoghi di lavoro e di ricovero non sono argomento di sterile polemica fine a se stessa, ma una questione di primaria importanza, da perseguire ed attuare quale obiettivo primario. Sarebbe pertanto auspicabile che le autorità competenti intervenissero per verificare chi e come sperpera il danaro pubblico ed espone i pazienti di un ospedale, i suoi dipendenti a tali rischi.