Otto mesi di reclusione e 10mila euro di multa all’ex amministratore de “La Torre”
Gestione ritenuta troppo allegra di un sito di stoccaggio in località Cava Grado nella frazione di Sant’Angelo del comune di Serrara Fontana, che era sotto il controllo della società “La Torre”, attualmente in liquidazione. E di cui l’imputato Angelo De Dato era il responsabile organizzativo e gestionale, che è stato tratto a giudizio per violazione della norma che disciplina il funzionamento delle attività di raccolta, stoccaggio e di utilizzo di aree per i rifiuti solidi urbani. L’imputato De Dato, difeso dall’avv. Luca Migliaccio, è stato condannato ad otto mesi di reclusione e 10.000 euro di multa.
Una bella batosta dopo un processo lungo e soprattutto ricco di documentazione e di testimonianze rese in particolar modo dai militari del Nucleo operativo ecologico dell’Arma dei carabinieri. Sono stati soprattutto costoro che hanno fatto visita in più di un’occasione al sito di Sant’Angelo e che riscontrarono tutta una serie di irregolarità. Rinvenendo “abbandonati” sul terreno rifiuti cosiddetti speciali che non erano provvisti di coperture e sicurezze tali da assicurare che non si realizzasse un inquinamento dell’intera area. Nella comunicazione notizia di reato i militari descrissero minuziosamente l’area interessata e quanto veniva ritrovato: «Giunti sul posto constatavamo che sulla suddetta area asfaltata di circa 2000 mq veniva effettuata la sosta di un autocompattatore, da cui era visibile che era pieno di rifiuti solidi urbani, nonché dei cassoni scarrabili con uno all’interno vetro, un altro pneumatici, un altro con rifiuti misti di alluminio, acciaio e plastica ed altri con all’interno rifiuti ingombranti, nonché lo stoccaggio al suolo di altri rifiuti ingombranti, vari cassonetti fuori uso utilizzati per la raccolta degli RSU e varie imbarcazioni ed una moto d’acqua anch’esse fuori uso; altri due contenitori del tipo per il deposito degli accumulatori fuori uso, ovvero delle batterie al piombo esauste venivano notati al coperto ove si accede all’area che nella circostanza era chiusa; si procedeva ad effettuare dei rilievi fotografici».
Successivamente venne eseguito un nuovo sopralluogo in cui i militari riscontrarono la presenza di «ferro, carta, vetro, plastica ed ingombranti, e non contrariamente a quanto accertato, ovvero lo stoccaggio al suolo di rifiuti ingombranti e quello permanente di cassonetti per la raccolta di RSU e delle imbarcazioni obsolete, nonché lo stoccaggio di pneumatici fuori uso in cassoni e di imballaggi misti in più materiali, ovvero alluminio acciaio e plastico, tutti rifiuti pericolosi, ed anche lo stoccaggio di rifiuti pericolosi quali le batterie esauste».
Il pubblico ministero Barbara Affinita chiedeva il sequestro, che trovava piena accoglienza da parte del giudice per le indagini preliminari e solo nella fase successiva la stessa magistratura ne disponeva il dissequestro.