domenica, Novembre 17, 2024

Lello Montuori: “l’angolo visuale degli imprenditori del turismo è parziale”

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Lello Montuori, a margine del comunicato emesso da Federalberghi riguardante il raddoppio ipotizzato dell’imposta di soggiorno, scrive alcune riflessioni molto interessanti che vi riportiamo.

“Ho letto con l’interesse e l’attenzione che si deve ad un’ importante associazione di categoria il comunicato della Federalberghi di Ischia relativo all’ipotizzato aumento della tassa di soggiorno introdotta nel nostro comune come in altre località turistiche italiane due anni orsono e divenuta in poco tempo uno dei principali strumenti di finanziamento dei servizi offerti dalle amministrazioni locali in tutto il Paese.
Da privato cittadino, non investito di munus pubblico per mandato elettivo, quindi libero di avere personalissime opinioni che rappresentano solo me stesso (quando sono proprio in me!) al di fuori dell’ufficio, mi sentirei di approcciare al tema dell’imposta di soggiorno in modo un po’ diverso ma non per questo necessariamente inconfutabile da quello -pur autorevole- dei vertici degli imprenditori del turismo.
Ho diversi albergatori fra i miei più cari amici. Forse per questo mi sento libero di dire tutto il contrario di ciò che essi sostengono senza timore di perderli. Perché con gli amici si deve prima di tutto essere onesti. Forse più che con se stessi.
L’angolo visuale degli imprenditori del turismo come espresso nel comunicato mi sembra parziale quando non addirittura chiuso in un orizzonte molto angusto : l’informativa ai turisti già prenotati, la Naspi, la crisi del settore nella crisi generale. Oltre ad apparire gravemente condizionato da una visione che pone al centro del sistema Ischia le loro aziende produttive. Delle quali nessuno disconosce il valore e l’importanza ma che vanno necessariamente collocate nel contesto più ampio dell’interesse pubblico che il Comune, primo fra tutti, è deputato, per Costituzione e vocazione, a realizzare.
Le modifiche degli ultimi anni al sistema di finanziamento degli enti locali hanno visto una progressiva riduzione dei trasferimenti dallo Stato in linea con un modello di federalismo fiscale e di rispetto del principio autonomistico che può rivelarsi una risorsa o il definitivo de profundis per le autonomie locali in trasformazione.
In altre parole se lo Stato trasferisce sempre meno soldi dal centro alla periferia, i comuni devono autofinanziarsi.
Lo fanno con le tasse, queste vituperate imposizioni che ciascuno vorrebbe allontanare da sé come la causa di ogni iattura per una economia bloccata. Dovrebbero farlo anche mediante una più accurata allocazione delle risorse pubbliche finalizzata ad una progressiva riduzione della spesa. Che è poi la spesa per servizi pubblici ancorché molti siano convinti che si tratti solo della spesa per i vitalizi degli odiati politici di turno e del loro ancor più esecrato ed aborrito stuolo di Dirigenti e segretarie.
Questo nuovo regime impone agli enti locali sulla base della propria vocazione territoriale di reperire nuove risorse e finanziarsi.
Così le località turistiche ricorrono all’imposta di soggiorno o a quella di sbarco a seconda che considerino maggiori le presenze giornaliere o quelle di un soggiorno prolungato, i comuni dove insistono stabilimenti produttivi e industriali regolano le aliquote delle imposte su capannoni industriali e commerciali in modo da aumentare il gettito fiscale, le città d’arte aumentano i biglietti per far visita a palazzi, castelli e campanili o addirittura per varcare i centri storici, le grandi metropoli con quartieri elegantissimi mettono a reddito il valore degli immobili più cari.
Ciascuno si arrangia come può.
Che poi -al di là dell’arrangiarsi- vuol dire solo amministrare. Cioè contemperare interessi e andare avanti.
Non si sa perché da noi amministrare significa sempre aumentare il terreno dello scontro. Ma qui non c’entra niente Federalberghi. Absit iniuria verbis.
Ipotizzare crastole. E sperpero di soldi pubblici. Come se da una parte ci fosse la virtù privata di chi manda avanti un’azienda tra mille ostacoli e tanti sacrifici e dall’altra, invece, i vizi pubblici di chi pensa solo a spendere soldi che poi non sono suoi.
Mi chiedo e chiedo -a titolo di esempio- in un solo anno quante comunicazioni o richieste di autorizzazioni, rinnovi, abilitazioni, nulla osta, inizio attività, chiusure, trasferimenti, ampliamenti, pervengono dalle aziende alberghiere o commerciali ad un ente come il Comune.
E quante ore, mesi, o forse anni di lavoro pubblico queste aziende costino al paese per istruire controllare, integrare, concedere, abilitare, rigettare, interloquire, avviare procedimenti, sospenderli, archiviarli o finalmente concluderli per ricominciare a rinnovarli, modificarli o integrarli l’anno dopo.
E mi chiedo -sommessamente- se tutto questo non sia un costo di cui far carico a qualcuno.
Mi chiedo anche chi dovrebbe vigilare, se solo disponesse di uomini e mezzi per farlo davvero, sulle agibilità delle strutture, sui loro pressoché annuali ampliamenti, sulle ristrutturazioni, le manutenzioni, i servizi che offrono, il numero di stelle, la qualità del personale, l’adeguatezza dei servizi e i loro standard nel rispetto dei clienti.
E perché ci si lamenti che tutto questo non avvenga se non ci si cura di fornire, a chi dovrebbe farlo, risorse adeguate a ciò che occorre fare.
A meno che non si preferisca una pubblica amministrazione debole e senza mezzi perché più idonea a far prevalere interessi forti.
E allora basta dirlo.
Sono certo -peró- perché conosco l’onestà intellettuale di molti imprenditori, che solo pochi di loro preferirebbero che i controlli non ci fossero.
Che abilitazioni e nulla osta fossero di colpo eliminati. Che ognuno fosse finalmente padrone a casa sua dal numero di camere al numero di stelle.
Ma la maggior parte no.
Ciascuno invoca più presenza, più controlli alle case private e agli alberghi abusivi, una verifica congrua delle aree tassabili, più cura del territorio, più vigilanza sulle strade nelle ore notturne, maggiore repressione dell’accattonaggio e dell’ambulantato, più spettacoli di qualità nei mesi estivi, più promozione turistica e lavori pubblici per completare reti infrastrutturali di primario interesse per il paese.
Chi paga tutto questo? O meglio chi dovrebbe pagare tutto questo?
Perché qualcuno dovrà pur pagarlo.
È indubbio che molti vorrebbero mandare a casa gli impiegati della casta, i sopravvissuti a dire il vero, quelli che aspettano nell’immaginario collettivo il 27 di ogni mese, mangiapane a tradimento sulle spalle di chi produce con il rischio dell’impresa.
Per carità, ogni opzione è lecita.
Ma Federalberghi è un’associazione troppo seria per mettersi alla stregua dei primitivi teorici di una tale forma di risparmio.
Qualcuno infatti -quale che sia il nome che porta-deve pur restarci in municipio.
A meno di non voler accreditare la tesi di chi preferirebbe l’assenza di qualsiasi ente a cui chiedere permessi e nulla osta.
Dunque gli enti hanno costi. E i costi degli enti crescono per il solo fatto che nel loro territorio esistono aziende produttive.
Per fortuna. Ci mancherebbe altro.
Quindi un’azienda che voglia essere seria prima di occuparsi di se stessa dovrebbe occuparsi di chi le consente di operare, nascere, crescere e persino di morire. E la strategia d’impresa prima che di se stessa dovrebbe tener conto di quella del Comune. Considerarla propria. E non come un’aliena.
Perciò anziché dire no all’imposta di soggiorno -che non ha prodotto alcun documentato decremento delle presenze turistiche in alcuna delle località dove è stata adottata- e senza che nemmeno ci si stanchi a spiegarne le ragioni magari fondatissime che vi oppongono, gli imprenditori del turismo potrebbero suggerire come un ente pubblico dovrebbe finanziarsi per assolvere a quei fini che l’esistenza stessa degli alberghi oltre che delle case di chi vive o sopravvive in quest’isola turistica, impone di perseguire.
Perchè si badi bene, ad esser seri, queste risorse, non spetta ai politici trovarle, ma proprio a quelle imprese la cui sopravvivenza è tutt’uno con la sopravvivenza del Comune.
Anche se magari uno ancora non lo sa.”

3 COMMENTS

  1. L’indignazione nasce dalla mancata rendicontazione di tutti quei flussi economici che sono stati ergogati verso Il Comune ( alias tassa di soggiorno ). L’indignazione nasce dalla mancanza di servizi adeguati. Vero è che in altre città la tassa di soggiorno è molto più alta rispeto alla nostra, ma è pur vero che i turisti non sono costretti ad attendere ore ed ore per il passaggio di autobus, oppure fare slalom tra le varie buche e dissesti stradali. In stradine piccole come Ischia facciamo transitare autobus di dimensioni pari a quelli che transitano in Via Turati a MIlano ( la nostra carreggiata è pari alla loro corsia ) obbligando ischitani e turisti a code anche in orari di normale flusso stradale, prendiamo scarti della Ansaldo Breda che necessiterebbero solo di rottamazione ed invece ad Ischia trovano terreno fertile. Da cittadino di Ischia auspicavo, dopo l’ingresso della tassa di soggiorno, ad una gestione molto più attenta sia delle risorse economiche e sia dell’amministrazione in generale, ovviamente ciò non è stato. Il turista che paga 2,00 euro al giorno in tassa di soggiorno ne pagherà anche 3, il problema non è questo. Lo sdegno è’ voler continuare a pretendere sostegno finanziario dalle imprese invece di ridistribuire adeguatamente le risorse economiche comunali. Tecnicamente questo si chiama PIZZO!!!!!!!!!!!!!!!!

  2. L’esasperazione non giova a nessuno e il pizzo e’ tutt’altra cosa. Ogni visuale e’ parziale, ognuno di noi ha una percezione diversa in relazione al contesto di riferimento. Vi e’ ,comunque, un’interdipendenza tra le parti per cui e’ giusto che le decisioni vengano fuori dal confronto con i gruppi (imprese, parti sociali ecc.). Le interazioni collettive creano un maggior grado di coinvolgimento sociale e un maggior consolidamento delle decisioni prese. L’esito del confronto tra le parti e’ sempre la migliore decisione perche’ e’ molto piu’ della semplice somma di pareri. Tanto piu’ che trattasi, nel caso specifico degli albergatori, degli stakeholder piu’ “attivamente” coinvolti.

  3. Gianni, il politichese in questo momento non mi appartiene per cui chiamo le cose con il loro nome cognome e per ischia, pizzo mi sembra il termine molto ma molto calzante. pagare la tassa di soggiorno è giusto se vengono erogati giusti servizi, caso inverso è solo un continuare a finanziare l’amministrazione comunale e questo penso non sfugga a nessuno. quale altra interpretazione vorresti dare ad una mala gestio così evidente?

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