Elena Mazzella | Padre Alex Zanotelli, Missionario comboniano, uomo di rara intensità, con una vita spesa per i più giovani grazie ad un’attenzione quasi poetica ai loro processi educativi, un amore infinitamente tenero e potente per i ragazzi, con tutte le loro potenzialità, ma anche e soprattutto sempre e da sempre impegnato a creare condizioni di pace e giustizia solidale. Un piccolo ma grande uomo che nella giornata di sabato scorso ha incontrato, oltre al Presbiterio Diocesano di Ischia, tutta la cittadinanza isolana e in particolare i referenti parrocchiali per le missioni, i catechisti, gli operatori Caritas, e quanti collaborano nelle nostre comunità parrocchiali, nei movimenti, nei gruppi laicali e nelle associazioni.
Con la sua immancabile sciarpa arcobaleno divenuta ormai simbolo del suo messaggio di pace universale, ha portato tra noi la sua preziosa testimonianza di vita che lo ha visto in un continuo cammino accanto ai poveri del mondo, suoi maestri di vita, in particolare negli ultimi dodici anni di vita vissuti un una baracca nello slum di Korogocho a Nairobi.
La sua determinazione nel “vivere dentro” i popoli che hanno più problemi sociali lo ha portato a scegliere il quartiere della Sanità nel cuore di Napoli dove vive da ormai quasi venti anni perché il Sud è quello che paga per il progresso del Nord. Una preziosa testimonianza delle sue esperienze di vita vissuta tra gli ultimi ed ai margini che ha toccato profondamente la sensibilità di tutti i presenti nella sala conferenze del Palazzo della Curia Vescovile di Ischia Ponte. Ha raccontato storie da brividi, provenienti da un luogo “Non luogo” dove abitano gli ultimi a pochi chilometri da dove abitano i ricchi: una confusionaria serie di baracche dove ragazzini disperati sniffano colla per spegnere il cervello, ragazzine che vengono vendute o indotte alla prostituzione dalle madri stesse in un inferno dove regna sovrano l’AIDS. Un inferno chiamato Korogocho nel quale è facile perdere qualsiasi fede e certezza e dal quale si eleva a straziante il suo grido di impotenza verso un Dio che fa quasi fatica a credere che esista
Oggi la missione di questo mahatma, seppur sia cambiato il contesto sociale, è sempre la stessa: aiutare la gente a rialzarsi a riacquistare fiducia . E lo fa con una serenità straordinaria impressa sul volto, con una sicurezza contagiosa, contento di aver speso la sua vita, al netto degli oltre ottant’anni, per gli emarginati, per i più poveri, per gli invisibili, facendosi portavoce di una delle frasi più celebri di Gesù: “se la vita la tieni per te , sei morto. Se sei capace di giocarcela per gli altri, allora vivi”.
Solo qualche settimana fa si è indignato per la strage di Cutro dove centinaio di profughi sono periti in mare a pochi metri dalla spiaggia calabrese perché potevano e dovevano essere salvati. Si è indignato ancora di più contro il Decreto Cutro, trasformato poi in legge, che definisce come uno schiaffo ai naufraghi e alla Costituzione italiana che garantisce il diritto d’asilo. “Come uomo e come missionario mi vergogno di questa disumanizzazione in atto. Se non sentiamo la sofferenza dell’altro, significa che siamo diventati delle belve. Dobbiamo cambiare rotta: per salvarci dobbiamo ritornare ad umanizzarci” grida forte padre Alex.
Una voce autorevole da un fondatore di diversi movimenti italiani che hanno quale scopo principe quello di creare condizioni per la pace e giustizia: vediamo insieme chi è padre Alex che abbiamo avuto l’onore di ospitare qui ad Ischia nei giorni scorsi.