domenica, Dicembre 29, 2024

A Natale siamo tutti più buoni? Di certo siamo tutti un po’ più soli

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Marco Neri | E’ Natale, tempo di bilanci sull’anno trascorso e su ciò che ha influito di più nelle nostre vite. Sugli aspetti negativi e positivi di questo periodo lungo 12 mesi. Tra le riflessioni che verranno fatte ci sarà sicuramente quella che la società attuale conviva, (ed è un ossimoro in questo caso!), con una solitudine, sociale e reale, sempre più diffusa.

I ritmi socio-economici dettati dal nostro tempo hanno portato le persone negli ultimi anni, per scelta o per necessità, ad avere vite sempre più solitarie con scarse o persino assenti interazioni.
In Italia, per esempio, gli ultimi dati Istat certificano che le persone sole rappresentano il 33,2% della popolazione italiana e che questa percentuale sia destinata ad aumentare con il tempo. Ma la solitudine non è solo una questione relazionale (amorosa ed amicale) ma anche relativa ad una società che non sa più dare certezze ad una popolazione sempre più preoccupata per il futuro. Lavori precari, instabilità politiche, ascensore sociale bloccato e ansie dettate dall’aumento delle tensioni internazionali e dai cambiamenti climatici stanno portano le persone a chiudersi sempre di più in una forma di isolazionismo.

A renderlo maggiormente possibile sono gli strumenti digitali (da non demonizzare assolutamente!) che permettono di fuggire da una realtà che sembra piacere sempre meno a chi la vive. Un fenomeno che potrebbe giustificare anche il fatto che in molti paesi occidentali, tra cui l’Italia, ci sia un notevole calo demografico, ininterrotto da ben 15 anni per quanto riguarda la nostra nazione peninsulare. Le classifiche che riguardano la qualità della vita, che sembrerebbero più una conferma socio-politica di come il nostro paese sia spaccato a metà, non darebbero risposte esaustive al crollo di fiducia che è diffuso da nord a sud. Patologie come la depressione e sensi di apatia sociale, politica e creativa ormai sono generalizzate in tutte le fasce d’età, senza una reale distinzione di ceto o genere. Periodi come quello natalizio non fanno altro che accentuare ancora di più questa situazione.

Purtroppo, oggigiorno, l’ascolto di questo grido d’allarme lanciato dalla popolazione sembrerebbe non solo essere ignorato, ma anche banalizzato. È un utile strumento di propaganda politica parlarne ma, si sa, risolvere non porta voti, mantenere lo status quo invece aiuta ad alimentare una forma di clientelismo. Poiché oggi, in un’era di incertezze, la disperazione fa sì che ci si fidi di chi riesce a dare un minimo appiglio, e ci si aggrappa con tutte le forze sperando di non cadere ancora più giù nel baratro dell’oscura incertezza.

In fondo resta la speranza che nei bilanci di questo Natale, (accelerato dai dettati consumistici nonostante l’inflazione), ci sia posto per l’ascolto, interiore ed esteriore, delle proprie solitudini. Il primo passo verso un mondo migliore e ascoltare il nostro cuore e il cuore di chi ci sta accanto e no, non vuole essere una frase fatta, ma un sincero augurio di buon Natale: che possa davvero essere il principio di un cambiamento e che ci possa rendere non solo più buoni, come è consuetudine dire, ma meno soli. Buon Natale a tutti!

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