Il presidente Occhiofino richiama pm e difesa per la discussione che si preannuncia assai infuocata.
L’elenco degli imputati: Antonio Esposito, proprietario dell’immobile; Giuseppe Buono, tecnico redattore della tecnica descrittiva allegata alla istanza di rilascio di permesso a costruire; Luigi Di Massa, direttore dei lavori; Giuseppe Barbieri, dirigente dell’UTC del Comune di Barano; Salvatore Di Costanzo e Mattia Florio, tecnici dell’UTC del Comune di Barano. Un bel gruppo di persone che si sono difese con determinazione, con tutte le forze, ben consci che la Procura non avrebbe fatto sconti
PAOLO MOSE’ | Il presidente della I sezione penale del tribunale di Napoli, Marco Occhiofino, ha dichiarato ufficialmente chiusa l’istruttoria dibattimentale del processo che riguarda sei imputati che rispondono, a vario titolo, dei reati di concorso in abuso d’ufficio, falso ideologico e violazione delle norme urbanistiche e paesistiche. Sollecitando il pubblico ministero e i difensori a ripresentarsi alla prossima udienza ben preparati per la discussione al fine di consentire al collegio di entrare in camera di consiglio per emettere la sentenza. Le cui previsioni non sono affatto semplici, per l’altalenante situazione che si è venuta a creare in ogni singola udienza, dove sono emerse prove a carico degli imputati e in altre a discarico. Il tutto si poggia su sfumature che possono dimostrarsi determinanti nella scelta dei giudici. Un pubblico ministero che si è dichiarato non pronto ad affrontare immediatamente la requisitoria, riferendo al collegio che ci sono troppe sfumature che hanno bisogno di essere discusse ed argomentate, in quanto siamo in presenza di una serie di atti emanati dall’Ufficio tecnico del Comune di Barano che non rientrano in quella fattispecie di legalità. C’è inoltre da soppesare le altre posizioni che sembrerebbero più marginali rispetto a coloro che di fatto hanno sottoscritto progetti o documenti che avrebbero poi consentito la realizzazione e l’ampliamento della struttura oggetto del processo. Capire se si è voluto intenzionalmente procurare o meno un vantaggio patrimoniale. Tutto ruota intorno all’avverbio “intenzionalmente” che configura di fatto l’abuso d’ufficio. Se vengono assolti per questo episodio, anche il falso ideologico ne verrebbe trascinato. Per il reato urbanistico, la prescrizione ormai acquisita per quegli imputati che sono in attesa di giudizio. Il resto è tutta una partita aperta per Antonio Esposito, proprietario dell’immobile; Giuseppe Buono; tecnico redattore della tecnica descrittiva allegata alla istanza di rilascio di permesso a costruire; Luigi Di Massa, direttore dei lavori; Giuseppe Barbieri, dirigente dell’UTC del Comune di Barano; Salvatore Di Costanzo e Mattia Florio, tecnici dell’UTC del Comune di Barano. Un bel gruppo di persone che si sono difese con determinazione, con tutte le forze, ben consci che la Procura non avrebbe fatto sconti, dovendo difendere fino in fondo la richiesta del sostituto Maria Laura Lalia Morra.
La complessità della vicenda è strettamente correlata all’ipotesi d’accusa del cosiddetto abuso edilizio, più tecnicamente riconosciuto di violazione alla norma urbanistica di cui all’art. 44 della 380/01, per tutti gli imputati: «Per avere, in concorso tra loro, nelle rispettive qualità prima indicate, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, iniziato, continuato ed eseguito in Barano d’Ischia, in attuazione di un provvedimento concessorio inesistente in quanto prodotto del delitto di cui al capo d), ed in zona PIR protezione integrale con restauro paesistico ambientale del piano territoriale paesaggistico di Ischia (riapprovato con DM dell’8.2.1999): demolizione di un rudere preesistente, costituito un piano cantinato parzialmente interrato e da un unico piano fuori terra di cui muro perimetrale sulla via Buttavento ancora edificato; realizzazione di un manufatto a pianta regolare, di forma rettangolare di tre piani fuori terra con struttura portante in travi e pilastri in cemento armato per una superficie totale di circa 245,00 mq per una volumetria di circa 778 mc.».
A causa della presenza di pubblici ufficiali, nella persona del responsabile dell’Ufficio tecnico, il pubblico ministero ha ritenuto quell’autorizzazione illegittima e in conseguenza di ciò ha arrecato un ingiusto vantaggio patrimoniale a colui che ne aveva fatto istanza e al proprietario dell’immobile. Struttura riqualificata, ammodernata, ampliata ed abbellita. L’accusa di concorso in abuso d’ufficio è per tutti gli imputati: «Perché in concorso tra loro, con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, in violazione della L 380/01 e D.Lgs. 42/04 nelle qualità sopra indicate ed in particolare: Esposito Antonio e Buono Salvatore in qualità di mandanti, Barbieri Giuseppe, in qualità di esecutore materiale, determinavano l’emissione del decreto dirigenziale n 13/2005 di autorizzazione paesaggistica e del permesso a costruire n 6/06 datato 16.6.2006 per “realizzazione di opere di recupero, manutenzione, aggiornamento funzionale, adeguamento igienico-sanitario, consolidamento delle strutture portanti verticali” così legittimando opere del tutto abusive descritte ai capi a) e b) che precedono; e Di Costanzo Salvatore e Florio Mattia in qualità di esecutori materiali, attestavano falsamente la preesistenza di un fabbricato su cui intervenire con lavori di “manutenzione straordinaria – restauro e risanamento conservativo” mentre in realtà il manufatto originale era un mero “rudere” per cui, trattandosi di una”nuova costruzione” la relativa ricostruzione doveva essere rilasciata un apposito atto concessorio finalizzato alla realizzazione ex novo di un fabbricato (e non la mera “ristrutturazione”di un inesistente manufatto). In particolare dopo che era stata emessa ordinanza di sospensione dei lavori, Di Costanzo Salvatore, attestava nella relazione del 19.12.2006 che le opere risultavano conformi alla normativa ed alla documentazione presentata dalla parte così determinando la revoca della suddetta sospensione dei lavori, consentendone la prosecuzione e Florio Mattia, nella relazione del 24.7.2007 (redatta a seguito di richiesta dei CC di Barano d’Ischia) nuovamente attestava che le stesse opere risultavano conformi alla normativa e alla documentazione presentata dalla parte, così consentendo la prosecuzione dei lavori abusivi, procurando intenzionalmente ad Esposito Antonio l’ingiusto profitto consistente nella realizzazione delle opere in assenza dei requisiti di legge».
Dalle indagini esperite si evidenzierebbe (e questo è un passaggio sul quale il tribunale dovrà soffermarsi per verificarne l’attendibilità) che il rilascio e la procedura seguita si baserebbe su una falsa certificazione che il pm Morra addebita agli imputati Esposito, Di Massa e Buono:«Per avere in concorso tra loro, Esposito Antonio in qualità di mandante, il Di Massa in qualità di esecutore materiale delle opere ed il Buono in qualità di redattore ai sensi del co. 1 dell’art 23 DPR (ed in questi termini l’Esposito ed il Buono esercenti un servizio di pubblica necessità) della richiesta di permesso a costruire (del 5.8.2005) per l’esecuzione di lavori da eseguirsi presso l’immobile di cui ai capi che precedono, con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, redigendo i grafici relativi allo stato dei luoghi difformi dalla realtà, attestato falsamente in atti destinati a provarne la verità che gli interventi edili erano scrivibili a “manutenzione straordinaria – restauro e risanamento conservativo” mentre in realtà i detti lavori consistevano in “nuova edificazione”, peraltro vietata dalla vigente normativa urbanistica».
Gli stessi imputati rispondono infine di violazione alla norma paesistica. Con l’ampliamento della struttura ed i lavori eseguiti, si sarebbe modificato sostanzialmente il luogo dove sorgeva il precedente volume del fabbricato. Un’ipotesi di reato che è stata sì affrontata in questo lungo dibattimento, ma che non ha avuto una valenza tale da costringere le parti ad una discussione da richiamare l’attenzione del tribunale: «Per aver, in concorso tra loro, l’Esposito in qualità di proprietario dell’immobile di cui sub a), Buono Giuseppe quale tecnici progettista ed estensore della relazione tecnica e dei grafici relativi ai lavori svolti sull’immobile prima indicato e Di Massa Luigi in qualità di direttore ed esecutore materiale delle opere, con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, realizzato le opere di cui al capo a) su area sottoposta a vincolo paesaggistico».
Come era logico, il presidente Marco Occhiofino e i due giudici a latere hanno chiesto ai numerosi testimoni che sono comparsi di spiegare la procedura adottata per il rilascio dell’autorizzazione. Seguendo un principio legato al famoso art. 9, tema di scontro tra avvocati e pubblici ministeri per una diversa interpretazione sulla possibilità di intervento sul territorio isolano. Il tribunale ha inteso chiedere se vi siano state delle forzature nell’interpretazione delle norme, se la procedura adottata fosse uguale a tutte le altre e se vi fossero rapporti particolari tra gli imputati in modo da favorire la pratica intestata all’Esposito. Di tutto questo nulla di particolarmente eclatante si è udito nell’aula della I sezione penale.
Tutto nasce dalla relazione del consulente del pubblico ministero, l’arch. Paglia. Il suo esame è stato particolarmente lungo e travagliato, avendo lui stesso una posizione molto più rigida rispetto a quella dei difensori. Questi ultimi a cercare di sminuire la relazione depositata in atti per rendere l’intervento edilizio più che legittimo, in quanto tutto rientrante nell’ambito della sfera di lavori di straordinaria manutenzione. Senza stravolgere in modo marcato la struttura preesistente. Il teste dell’accusa era partito sulla valutazione degli atti acquisiti dalla polizia giudiziaria e messi a sua disposizione dal magistrato inquirente: «La verifica dei titoli a costruire che vennero mostrati, che ha consentito la modifica del fabbricato intestato all’Esposito. Posso dire che allo stato delle cose l’intervento può essere classificato illegittimo, in quanto non era affatto di tipo conservativo, in quanto, secondo quanto io ho accertato, era un fabbricato del tutto inesistente. Tra l’altro voglio sottolineare che la demolizione e ricostruzione è possibile solo se esiste già da tempo un fabbricato che ha bisogno di interventi di ristrutturazione totale, ma non un residuo di struttura, come in questo caso. Che tra l’altro non consente di conoscere esattamente la consistenza strutturale».
Il contrasto maggiore è su quanto da lui stesso accertato e la documentazione difensiva, composta da una serie di fotografie che attestavano lo stato dei luoghi prima degli interventi sulla struttura e cosa infine realizzato. L’arch. Paglia sul punto si è detto assai scettico, non ritenendo quelle foto capaci di fare chiarezza: «Una rappresentazione fotografica che descriveva lo stato dei luoghi, ma su questo non è possibile una valutazione tecnica».
Dichiarandosi d’accordo un po’ con tutti che nel comune c’è una situazione alquanto stagnante, dove non è possibile svolgere alcun intervento nella certezza di essere nelle regole, mancando quelle discipline che dovrebbero regolamentare quali interventi sul territorio possono essere eseguiti e quali no: «Il comune di Barano non ha un piano regolatore, ma aggiungo che il tecnico non ha attestato la preesistenza di un fabbricato, ma si è limitato ad autorizzare rispetto al grafico depositato».