domenica, Dicembre 22, 2024

Abuso d’ufficio, Sergio Buono assolto perché il fatto non sussiste

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La prima sezione penale del Tribunale di Napoli ha assolto l'assessore di Barano dalla grave accusa che ne avrebbe imposto la decadenza. Smontato dall’avvocato molinaro il teorema accusatorio

Il processo era delicato per le conseguenze cui era esposto l’attuale assessore della Giunta municipale di Barano Ing. Sergio Buono. Il decreto Severino del 2012 prevede, infatti, che, anche in caso di condanna non definitiva per il reato di abuso di ufficio, il cittadino non possa candidarsi a cariche pubbliche che, se già ricoperte, cessano di avere effetti. Il processo si è però concluso per Sergio Buono nel migliore dei modi, avendo il suo difensore, l’avvocato Bruno Molinaro, ampiamente dimostrato, sulla base di copiosa documentazione e del richiamo a pertinenti precedenti della Cassazione, sia la insindacabilità dell’atto amministrativo incriminato sia l’assenza di ogni elemento di prova in ordine alla c.d. “ingiustizia” del presunto vantaggio patrimoniale, che, nella specie, sarebbe consistito in un incarico professionale conferito dal comune di Barano all’avvocato Annalisa Mazzella, stimata professionista del Foro napoletano, per resistere a un decreto ingiuntivo di circa settantamila euro emesso a carico del comune e successivamente revocato dal giudice civile in quanto carente dei presupposti di legge.

La prima Sezione del Tribunale penale di Napoli (Pres. Conte, giudici Somma e Napolitano Tafuri) ha accolto la tesi della Difesa e prosciolto il Buono con la formula “perché il fatto non sussiste”. Anche il P.M. di udienza si è uniformato chiedendo anch’egli l’assoluzione con la medesima formula.

I fatti.
Con decreto n. 26/2017 del 3 marzo 2017, il Tribunale di Napoli, Sez.distaccata di Ischia, ingiungeva al comune di Barano d’Ischia il pagamento, in favore di un cittadino che assumeva di averne diritto, della somma di euro 69.884,14, oltre interessi e spese della procedura. Con atto dell’8 marzo 2017, il Responsabile del Settore Ammnistrativo-Legale della civica amministrazione, svolta l’istruttoria di rito e ritenuta la necessità di proporre opposizione al decreto ingiuntivo, chiedeva alla Giunta di autorizzare il Sindaco p.t. a stare in giudizio, in nome e per conto dell’Ente, onde avviare il relativo procedimento.

Con delibera del 14 marzo 2017, n. 25, la Giunta, acquisiti anche i pareri favorevoli dei responsabili dei servizi,deliberava in conformità, autorizzando espressamente il Sindaco a proporre opposizione al decreto ingiuntivo. Con la medesima delibera veniva anche conferito incarico all’avv. Annalisa Mazzella di predisporre gli atti necessari, con riconoscimento alla medesima del diritto ad un compenso forfettario di euro 1.500,00, oltre accessori e rimborso delle spese vive, se documentate. Con successiva delibera del 4 aprile 2017, n. 42, la Giunta, preso atto della intervenuta rinuncia all’incarico da parte dell’avv. Mazzella, disponeva la revoca dello stesso, procedendo con separato atto alla nomina di un nuovo legale.

Tale essendo la vicenda, l’imputato veniva chiamato a rispondere del “reato p. e p. dall’art. 323 c.p.,perchè, nella sua qualità di assessore comunale presso il comune di Barano d’Ischia, partecipando alla delibera di Giunta Municipale n. 25 del 14.3.2017, con la quale il comune affidava all’avv. Annalisa Mazzella il mandato “ad litem” per spiegare opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 7050/2016 emesso dal Tribunale di Napoli in danno del citato comune, ometteva di astenersi pur in presenza di un interesse di un prossimo congiunto, atteso che l’avv. Annalisa Mazzella è cugina del medesimo Buono Sergio, procurando in tal modo all’avvocato Mazzella un ingiusto vantaggio patrimoniale. In Barano d’Ischia il 14.3.2017”.

In buona sostanza, secondo l’ipotesi accusatoria, in tale situazione, la sola violazione del dovere di astensione era sufficiente ad integrare gli estremi del reato contestato, essendo ininfluente la rispondenza o meno della delibera di Giunta ai canoni della azione amministrativa: e tanto a prescindere dal fatto che, come confermato anche dalle risultanze processuali, la partecipazione e la votazione favorevole dell’imputato alla adunanza della Giunta si era resa, nella circostanza, assolutamente necessaria ai fini del raggiungimento del numero legale, essendo pienamente conforme al pubblico interesse, data l’estrema importanza dell’argomento da trattare e il danno erariale eventualmente derivante in caso di mancata opposizione al decreto ingiuntivo.

Tale decreto era stato dichiarato immediatamente esecutivo dal giudice monocratico della Sezione Distaccata di Ischia e, pertanto, la nomina del legale era caratterizzata, fra l’altro, dal requisito della urgenza, al fine di evitare un pignoramento di somme ad opera del creditore che avrebbe potuto incidere in maniera sensibile sulle già asfittiche casse comunali. L’avvocato Molinaro ha citato a sostegno della tesi innocentista numerosi precedenti giurisprudenziali sia in ordine alla discrezionalità e dunque alla insindacabilità della scelta del legale sia in ordine al fatto che, nella specie, non risultava in alcun modo dimostrata la ingiustizia del vantaggio patrimoniale.

La prevalente giurisprudenza richiede, infatti, ai fini dell’integrazione del reato di abuso d’ufficio, anche nel caso di violazione dell’obbligo di astensione, che a tale omissione si aggiunga l’ingiustizia del vantaggio patrimoniale deliberato, con obbligo in tali casi da parte del giudice di una duplice, distinta valutazione che non può far discendere l’ingiustizia del vantaggio dalla sola illegittimità del mezzo utilizzato. Al riguardo, la Cassazione ha affermato che non può ritenersi ingiusto il profitto o il danno per il solo fatto che vi sia stata la violazione del dovere di astensione, occorrendo invece che profitto o danno siano in sé ingiusti, dovendosi peraltro escludere tale ingiustizia in tutti i casi in cui un corretto uso del potere discrezionale da parte di un altro pubblico ufficiale, non interessato all’atto, avrebbe condotto allo stesso risultato.

In altre parole, secondo la Cassazione, non è sufficiente a far sorgere l’obbligo di astensione la semplice allegazione dell’esistenza di interessi confliggenti con l’atto, occorrendo, altresì, la prova, concreta e specifica che l’atto generale sia stato emanato anche in considerazione di tali personali e particolari interessi.

Nel caso di specie, va poi considerato che, a tutto voler concedere, il vantaggio che avrebbe ottenuto l’avv. Annalisa Mazzella sarebbe consistito nel compenso economico deliberato per l’attività professionale da svolgere. Senonché, come emerge dalla delibera di Giunta del 14 marzo 2017, il compenso stabilito in forma forfettaria ammontava ad euro 1.500,00, importo di gran lunga al di sotto della soglia tariffaria prevista per legge. Ed invero, il D.M. 55/2014, applicabile per la tipologia di attività da svolgere dal legale incaricato presso il competente Tribunale territoriale consistente nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, nelle forme dell’atto di citazione, e nelle difese tecniche successive, prevedeva un importo pari ad euro € 7.795,00.

Secondo il difensore del Buono, la sussistenza del reato era da escludere anche perché il compenso stabilito per l’attività da svolgere dal legale di fiducia dell’Ente, oltre ad essere sottostimato, non poteva nemmeno qualificarsi ingiusto perché andava corrisposto, a prescindere dalla nomina dell’avv. Mazzella, a qualsiasi altro legale nominato dalla G.M. in presenza della medesima situazione di fatto. In definitiva, il reato di abuso di ufficio è un reato di evento il cui disvalore penale si realizza soltanto al momento della effettiva produzione d un ingiusto vantaggio patrimoniale o di un danno ingiusto ad altri. Qui il vantaggio non era nemmeno astrattamente ipotizzabile, anche perché, in data 4 aprile 2017, la stessa G.M., a seguito dell’atto di rinuncia all’incarico da parte dell’avv. Annalisa Mazzella, aveva proceduto alla revoca dell’incarico professionale, affidandolo ad altro legale

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