“Sono un arbitro di Serie A attualmente in attività e voglio segnalare quelle che per me, e per altri arbitri, sono delle gravi anomalie del sistema arbitrale in Italia. Perché mi sono deciso a parlare? Per amore del gioco del calcio e perché credo ancora nei principi di lealtà sportiva, ma anche perché questa situazione è diventata insostenibile e sta condizionando le carriere di molti arbitri, attraverso un sistema di valutazione del loro operato che presenta molte anomalie“.
E adesso tutti a far finta di meravigliarsi dell’intervista rilasciata a “Le Iene” dall’arbitro-pentito che, in incognito (giusto per poter continuare ad appartenere indisturbato all’AIA), ha ben pensato di prestarsi allo sterile gioco dell’audience per denunciare le malefatte della sua categoria; quella che insieme a una federazione tutt’altro che lodevole sta continuando a inficiare, contaminandolo all’insegna del dio denaro, il calcio italiano e la sua apprezzata qualità che è ormai allo stadio del ricordo da caro estinto.
Del resto, come biasimarlo più di tanto… O sottostai alle regole del gioco, oppure esci dal sistema! Un sistema che, andando ben oltre i vecchi collegi cattolici del secolo scorso, quelli che somigliavano molto -per dirla alla Andrea Galli maniera- a “carceri spinte dalla filosofia della severità esasperata e ottusa, e delle pesanti punizioni corporali, del cibo sottratto, dell’assoluta mancanza di una minima anima pedagogica”, non danno scampo a chi osa ribellarsi a metodi che talvolta consolidano l’ingenerazione di un semplice dubbio e la conseguente sfiducia verso le istituzioni calcistiche. Anzi, li reiterano sistematicamente nel corso del tempo, spesso sfruttando quei margini di gestione e interpretazione arbitrale attraverso cui, in barba al VAR, è ancora possibile condizionare un risultato e l’esito di un’intera competizione. E vedrete che quel sistema, anche stavolta, farà finta di niente.
E quando un dirigente e proprietario di società professionistica come Aurelio De Laurentiis, in un post-partita come quello della finale di Super Cup contro l’Inter, trova il tempo e il modo di volare alto rispetto alle ingiustizie arbitrali subite e preferisce, invece, lodare quel sistema arabo che aveva fortemente criticato fino a qualche mese fa, ti rendi conto con sempre maggior convinzione che vale sempre meno la pena di perdere tempo, denaro e salute per seguire questo calcio malato. Anche se lo si fa solo per la maglia.