venerdì, Aprile 18, 2025

Alberto Angela incantato, il Parlamento distratto: due Italie per Carlo e Camilla | #4WD

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Daily 4ward di Davide Conte del 10 aprile 2025



Due immagini, due mondi, due modi di accogliere una delle figure più iconiche della monarchia contemporanea. La recente visita di Re Carlo III e della Regina Camilla a Roma, se da un lato ha offerto agli occhi dei due regnanti una dimensione quasi fiabesca alla Capitale grazie alla narrazione appassionata di Alberto Angela, dall’altro ha mostrato il volto più burocratico e disattento della politica italiana, in una cornice solenne ma, a tratti, surreale.Il contrasto è stato evidente fin dai primi passi della visita. Ai Fori Imperiali e al Colosseo, Re Carlo e Camilla sono stati accolti da cotanto anfitrione d’eccezione. Con la consueta grazia che fonde rigore scientifico ed emozione sincera, Angela ha condotto i sovrani britannici in un viaggio nella storia millenaria di Roma. Emozionato, quasi rapito, ha descritto con entusiasmo la magnificenza degli antichi monumenti, spiegando con trasporto il genius loci del luogo. Non era solo una visita: era una narrazione vivente, dove lo sguardo del divulgatore si faceva specchio della meraviglia. Angela non ha nascosto la sua emozione, anzi l’ha condivisa, trasformando la guida archeologica in un momento di autentico scambio culturale.Poi, il giorno dopo, l’atmosfera si è fatta più istituzionale. Nella cornice delle Camere riunite, Re Carlo ha tenuto un discorso che, almeno sulla carta, avrebbe dovuto suggellare il valore del legame tra Italia e Regno Unito. Dopo una breve introduzione in italiano – accolta con entusiasmo e un pizzico d’ilarità anche grazie al suo genuino quanto naturale humour– il sovrano è passato all’inglese. Ed è lì che qualcosa si è incrinato. Mentre Carlo parlava con tono misurato ma sentito di ambiente, cultura, cooperazione e futuro, in molti tra i banchi dei deputati e senatori sembravano avere altro a cui pensare, quasi annoiati, riducendo sia la soglia d’attenzione sia la frequenza e la spontaneità degli applausi. C’era chi sbirciava il cellulare, chi chiacchierava sottovoce, chi si perdeva nei propri pensieri. Non sono mancati i gesti di rispetto formale, ma l’attenzione – quella autentica – sembrava altrove. E se i presidenti delle due Camere, Fontana e La Russa, pur distraendosi talvolta a guardarsi intorno e dialogare con chissà chi, hanno mantenuto un contegno istituzionale, è parso più dettato dall’abitudine protocollare che da un reale coinvolgimento. Un peccato, considerando la rarità dell’evento e la profondità di alcuni passaggi del discorso del re, in particolare quelli sull’eredità culturale condivisa e sull’urgenza ambientale.Il contrasto tra i due momenti è stato netto, quasi simbolico. Da un lato Alberto Angela, simbolo di una cultura che sa farsi emozione e dialogo, capace di incarnare il meglio della tradizione italiana: quella dell’accoglienza intelligente e della bellezza raccontata con passione. Dall’altro, un’aula parlamentare che, pur nella forma impeccabile di un luogo sacro per la politica e per la nazione (un po’ meno per molti dei suoi frequentatori abituali), ha mostrato i limiti di una classe dirigente spesso autoreferenziale, più attenta alla rappresentazione che al contenuto e talvolta carente anche quanto a cultura e, perché no, buona educazione e diplomazia.Forse è questa la fotografia più nitida di una visita che voleva celebrare il passato comune e costruire ponti per il futuro: un’Italia che sa incantare e un’altra che, per quanto ottimamente pagata, fatica ad ascoltare e comprendere.

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