Gaetano Di Meglio | Senza entrare nel merito della questione, vorrei riprendere le parole del Procuratore Gratteri, pronunciate in audizione alla Camera e, dalle sue stesse parole, vorrei che lo stesso Procuratore potesse comprendere il caso umano, quasi di pietà che non si dovrebbe trasformare in barbarie giudiziaria che presto vivremo ad Ischia.
Un caso che vede come protagonista una bimba di otto anni, gravemente malata (e a breve vedremo anche come) e la sua famiglia, composta dalla mamma e dalla sorellina di poco più grande coinvolte nel numero delle demolizioni che si devono eseguire.
Si parliamo dell’abitazione di una bimba affetta da tetraparesi spastica con anossia ischemica perinatale, una patologia che compromette completamente la sua autonomia motoria e comunicativa e che la costringe ad alimentarsi attraverso un tubicino e che, come certifica il Prof. Senatore: “Per la condizione clinica di cui è affetta, necessita non solo di cure e assistenza costante, ma soprattutto di una camera dedicata, dove le fisioterapie, cinque giorni alla settimana, possano svolgersi in modo continuativo. Tali esercizi sono vitali per la sua sopravvivenza.”
Sono le parole del Procuratore che ci hanno spinto a sollevare, con evidenza, questo caso. Sono le parole del Procuratore che condividiamo e che, speriamo, possano rientrare quanto prima in una valutazione delle demolizioni da eseguire. Gratteri è stato molto chiaro: “Per decenni, in Campania, la politica e gli amministratori non hanno pianificato adeguatamente lo sviluppo urbanistico, evitando di redigere piani regolatori. Di conseguenza, molte persone hanno costruito in maniera abusiva. In parte, alla popolazione è convenuto, perché ha potuto edificare liberamente, senza vincoli e controlli. Oggi, però, con l’arrivo di Gratteri e la politica di “tolleranza zero”, la situazione è cambiata. Se in passato le demolizioni erano state appena 80, solo nel 2024 ne abbiamo già realizzate 141, con lo stesso personale e gli stessi magistrati”.
Una introduzione che rispecchia la realtà dei fatti e, finalmente, c’è qualcuno che dall’alto si inizia a porre questi interrogativi. Proseguendo nel suo intervento, è Gratteri ad illustrare il criterio con cui è proseguito il nuovo corso delle demolizioni: “Abbiamo adottato un criterio preciso per iniziare le demolizioni: abbiamo esaminato i certificati penali, dando priorità a chi aveva il maggior numero di pendenze e condanne. Siamo partiti dai soggetti con tre pagine di precedenti, poi siamo passati a chi ne aveva due, poi a chi ne aveva uno. In parole semplici, abbiamo cominciato dalle ville a tre piani costruite dai camorristi nei Campi Flegrei”. Perfetto, non c’è nulla da aggiungere, se dobbiamo partire da questo criterio potremmo essere tutti d’accordo.
Tuttavia, il caso del comune di Ischia non ha nulla a che vedere con questo criterio. Anzi, è di tutt’altra specie. Ma prima di entrare nel vivo del nostro caso, completiamo di leggere quello che è stata l’audizione del Procuratore: “Demolire, però, richiede risorse economiche. Per questo, ho chiesto aiuto al sindaco, in qualità di rappresentante della Città Metropolitana. Mi ha risposto: “Non ho soldi, non mi compete”. Allora mi sono rivolto al Presidente della Giunta Regionale: “Presidente, avete fondi per le demolizioni? Quanti ne servono?” Abbiamo dunque stretto un protocollo con la Regione e convocato i sei comuni dei Campi Flegrei. Naturalmente, qualcuno ha provato a fare il filosofo. Gli ho risposto: “Aspetti, prima finiamo con i Campi Flegrei, poi arriverò a Ischia”. Da quel momento, non ha più parlato. Non appena sono iniziate le demolizioni, le reazioni non si sono fatte attendere. I giornali hanno riportato la notizia del protocollo tra la Procura, il sindaco e il presidente della Regione, che ha stanziato i fondi necessari. A quel punto, qualcuno mi ha contattato, chiedendomi come avessi fatto ad accelerare il processo e insinuando che avessi scavalcato qualcun altro. Voglio chiarire un punto: io ho chiesto i fondi come Procura del circondario, non per il distretto. Sono due cose diverse. Non ho scavalcato né la Procura Generale né le Procure Circondariali”. Un particolare che conosciamo e di cui conosciamo gli esiti.
Poi la chiosa finale di Gratteri che potrebbe essere un’altra buona notizia se si iniziasse a fare giustizia: “Infine, una domanda che mi pongo sempre: dove erano i vigili urbani, i tecnici comunali, i sindaci, le forze dell’ordine e i magistrati quando, 10, 20, 30 anni fa, venivano costruiti palazzi abusivi di due o tre piani?”. La speranza è che Gratteri trovi il modo per procedere anche in questo senso.
Ma veniamo al caso ischitano che merita pietà umana, comprensione e una trattazione ben diversa dai casi che lo stesso Procuratore ha elencato. Qui non ci sono casellari giudiziari da leggere, qui servono le cartelle cliniche. Non ci sono condanne da vagliare, qui ci sono cure e terapie da contemperare. Non c’è giustizia da fare, c’è giustizia da applicare.
IL CASO ISCHITANO DI BIANCA
Nel Comune di Ischia e più in generale in Regione Campania si è riacceso il dibattito sulle demolizioni degli immobili abusivi da parte della Procura di Napoli in esecuzione di condanne passate in giudicato Tra queste c’è un immobile adibito a residenza familiare. L’edificio, costruito senza i dovuti titoli abilitativi, è oggetto di un’ingiunzione di demolizione da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli. Tuttavia, la situazione assume contorni delicati a causa delle condizioni dei suoi attuali abitanti, tra cui una minore affetta da gravi patologie che necessita di assistenza continua.
Il contesto giudiziario
La vicenda ha origine nel 2006, quando il Tribunale di Napoli – Sezione distaccata di Ischia – ha condannato l’originario proprietario dell’immobile per violazione delle norme edilizie, ordinandone la demolizione. Nonostante la sentenza sia diventata irrevocabile nello stesso anno, l’esecuzione è rimasta ferma per oltre diciotto anni. Nel frattempo, l’immobile è stato assegnato alla richiedente nel contesto di una separazione coniugale e attualmente rappresenta l’unica abitazione disponibile per lei e le sue due figlie, una delle quali affetta da una grave patologia neurologica che la costringe a dipendere da un’alimentazione artificiale e a ricevere cure quotidiane direttamente in casa.
Il parere del medico: “Spazio vitale per la bambina”
Un elemento centrale della richiesta di sospensione dell’ordine di demolizione avanzato al Giudice dell’Esecuzione presso il Tribunale di Ischia, riguarda le condizioni della minore, affetta da tetraparesi spastica con anossia ischemica perinatale, una patologia che compromette completamente la sua autonomia motoria e comunicativa. Secondo il prof. Ignazio Senatore, che ha valutato la situazione clinica, la bambina necessita di un ambiente specifico per le cure e la riabilitazione. In una relazione allegata all’incidente di esecuzione, lo specialista sottolinea che: “Per la condizione clinica di cui è affetta, necessita non solo di cure e assistenza costante, ma soprattutto di una camera dedicata, dove le fisioterapie, cinque giorni alla settimana, possano svolgersi in modo continuativo. Tali esercizi sono vitali per la sua sopravvivenza.”
Lo stesso medico avverte che un eventuale trasferimento forzato potrebbe avere conseguenze devastanti sulla salute della piccola: “Privarla di quello spazio fisico dove ha vissuto finora significherebbe sconvolgere il suo assetto mentale, con il rischio di insorgenza di una ricaduta psicosomatica con effetti drammatici sul suo corpo. Ritengo che, per garantire il suo equilibrio psicofisico, sia dannoso ogni eventuale trasferimento in altro luogo e che sia disposta la permanenza dove abita attualmente.”
L’abitazione, dunque, non rappresenta solo un tetto sotto cui vivere, ma un vero e proprio presidio sanitario domiciliare per la bambina, il cui benessere dipende dalla possibilità di continuare le terapie in un ambiente stabile e adeguato.
La richiesta di sospensione
Il legale della famiglia ha presentato un’istanza per sospendere l’ordine di demolizione, appellandosi ai principi sanciti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che tutelano il diritto all’inviolabilità del domicilio. Diverse sentenze internazionali hanno infatti stabilito che la demolizione di un’abitazione deve essere valutata alla luce delle condizioni personali degli abitanti, specialmente quando si tratta della loro unica residenza e quando sussistono gravi problemi di salute.
In particolare, la richiesta sottolinea il principio di proporzionalità, secondo cui una sanzione amministrativa non può arrecare un danno sproporzionato alle persone coinvolte; le condizioni sanitarie della minore, che richiede cure mediche costanti e uno spazio adeguato per la sua assistenza domiciliare e l’eccessivo ritardo nell’esecuzione della demolizione, che ha contribuito a creare un legittimo affidamento da parte della famiglia sull’uso dell’immobile.
Il precedente giurisprudenziale
Il ricorso richiama numerose sentenze, sia della Corte Europea sia della Cassazione italiana, in cui l’obbligo di demolizione è stato rivalutato alla luce delle condizioni dei soggetti coinvolti. In particolare, la Corte di Strasburgo ha già condannato Stati membri che hanno disposto demolizioni senza considerare adeguatamente l’impatto sociale ed economico sui residenti.
Le possibili conseguenze
Se la richiesta di sospensione venisse accolta, il Tribunale potrebbe annullare o rivedere l’ordine di demolizione, valutando una soluzione alternativa che non lasci la famiglia senza un alloggio. Diversamente, l’esecuzione forzata rischierebbe di mettere in seria difficoltà la madre e le due figlie, con particolare preoccupazione per la piccola, le cui condizioni di salute richiedono stabilità e continuità assistenziale.
Il caso è ora nelle mani del giudice dell’esecuzione, che dovrà decidere se applicare la misura in maniera rigida o riconoscere l’eccezionalità della situazione familiare. Ma, soprattutto, speriamo arrivi all’attenzione del Procuratore Gratteri per una valutazione più attenta. Ci ripetiamo, qui non ci sono casellari giudiziari da leggere, qui servono le cartelle cliniche. Non ci sono condanne da vagliare, qui ci sono cure e terapie da contemperare. Non c’è giustizia da fare, c’è giustizia da applicare.
Speriamo che questo grido di pietà, di compassione e di comprensione possa bucare il tetto di cristallo della Legge.