Pasquale Raicaldo | Hai voglia a parlare di politica del pallone. Di Vicky Di Bello e Iodice, quello che registrò la telefonata con Lotito. Degli imprenditori ischitani, che accusano di voler portar via l’Ischia di qui – che certo è una cosa sconveniente – ma che guai a pensare di mettere mano alla tasca. Hai voglia a chiacchierare, tra una partita e l’altra. Ci puoi riempire pagine e pagine di giornale, per tacere di Facebook. Dove – si sa – prendono forma e consistenza i pensieri di tutti, è la democrazia del web.
Poi però c’è il pallone che rotola, e quei novanta minuti non sono certo un dettaglio. E’ lì, la quintessenza di quello spettacolo chiamato calcio. Se accarezzi il pallone e gli dai del tu, se hai in testa la giocata ancor prima che arrivi il pallone, se sai quando è il momento di usare il fioretto e quando – invece – serve la spada, il resto passa in secondo pianto.
Nicola Mancino è uno di quei calciatori che il numero dieci ce l’hanno tatuato sulla pelle, c’entra poco la maglia blu (bellissima, con la storia in filigrana: altro che Internapoli): fantasista per vocazione, merce rara nel calcio che impone ritmi supersonici e predilige quelli robusti, e quando non sono robusti basta un po’ di palestra e qualche integratore.
Contro il Martina Franca è stato semplicemente eccellente. Minuto ventisette, l’Ischia c’era eccome. Spigliata, in palla, ispiratissima. Come contro la Lupa Castelli Romani. Manca il gol, però. E non è un dettaglio. Così, sale in cattedra lui. NM10. Nicola Mancino dieci. Certe etichette le meriti, e ti restano appiccicate addosso. Porta a spasso mezza difesa pugliese, neanche stesse giocando ai giardinetti. E mentre lo fa osserva: nessun dettaglio sarà lasciato al caso. Poi ricama un cross perfetto, per Kanouté è un gioco da ragazzi trasformare l’assist nel gol dell’uno a zero e dare il là a quella danza a bordo campo. Fall lo segue, e poi tutti gli altri. Compreso Mancino: alle volte si dice che il gol è merito condiviso, stavolta diciamo che il traversone era un vero e proprio cioccolatino. Da parte di uno che già aveva dato prova di qualità balistiche eccellenti. Rischiando di segnare da calcio d’angolo, più volte, anche all’esordio di quindici giorni fa.
Del resto, Nicolamancinodieci – che porta nome e cognome dell’ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, già Ministro dell’interno e Presidente del Senato – è uno che ha perso qualche treno, certo, ma ha sempre corso veloce.
A diciotto anni esordisce con la maglia del Napoli. Il sogno di una vita. Tra i cadetti, ma il Napoli è il Napoli. Il calciatore si farà, dicono in molti. Ma la gavetta dura più del previsto: Latina in C2, Teramo, un anno e mezzo a Terni. Sogna il ritorno a Napoli, ma certi sogni restano a lungo nei cassetti. Sigillati.
E allora la sua dimensione resta la terza serie: Lucchese, Martina, Foggia e Siracusa, dove segna 12 gol in 25 partite. Eccola, l’occasione ghiotta: quel piede lì, merita la B. Mancino passa al Grosseto, due anni di B. La retrocessione, la necessità di trovare una nuova squadra. Lo stimolo arriva da Caserta, la C2 – purché ci sia un progetto – val bene un salto all’indietro di due categorie. Cinquattotto presenze, 17 reti. Fondamentale, soprattutto nella prima stagione. Ora, l’Ischia. Che di fantasisti se ne intende: qui, Enrico Buonocore è partito per la scalata al grande calcio, e poi – riconoscente – è tornato per illuminare la prima fase del ritorno dei gialloblù del grande calcio. Il Sommo Poeta, un sinistro maradoniano, una carriera certo inferiore a qualità tecniche da fenomeno. Ma Ischia è anche Francolino Brienza, che a trentasei anni è ancora titolare in serie A. Il calcio è tutto lì, in gente capace di saltare l’uomo, di inventare trame.
Lancia lungo, Mancino, e difende il pallone come pochi. Freddissimo, ieri, nel raddoppiare. Un gol tutto suo, dopo quello che per i tabellini sarà di Kanouté: ventinovesimo della ripresa, l’Ischia ha avuto il tradizionale calo psicofisico, bisogna mettere la vittoria in cassaforte, ringraziando anche Mirarco per le prodezze tra i pali.
E ci pensa lui, NM10. Gli arriva un pallone quasi dal dischetto. Sarebbe un calcio da rigore, ha il tempo di ragionare ma a quelli come lui, di solito, basta poco. Guarda il portiere smarrito e la piazza, con un interno a giro di sinistro, lui che per la verità è destro naturale. Due a zero, festa grande sugli spalti, mentre Nicola esibisce il ciuccio, il pollice in bocca per mimare un figlio che arriverà a breve.
E in tribuna c’è chi lo esalta, schernendo gli avversari: “nummeroundici, ‘o pallone Mancino nun t’o fa verè”. Quando poi entra Mariano Bogliacino, l’oleogramma di quello che fu il trequartista uruguagio del Napoli, ti accorgi che il fantasista vero è quello vestito di blu. Promette un campionato maiuscolo, ma – certo – quelli come lui sono genio e sregolatezza (e ieri una reazione poteva costargli caro). E le stagioni si giocano sul filo della continuità di rendimento. Poi, naturalmente, l’adagio recita che il buon giorno si vede dal mattino. Luminosissimo per NM10, che a trentuno anni può essere il leader di quest’Ischia a trazione anteriore, che intanto coniuga la potenza di Fall con la rapidità di Kanouté. Due frecce. A manovrare l’arco, però, c’è lui. Sognare non costa nulla, purché si parli di pallone. L’unica cosa che conta.