Paolo Mosè | La volontà del presidente dell’Assoforense Gianpaolo Buono e del direttivo (a maggioranza) è di convocare l’assemblea per l’approvazione del nuovo Statuto. Una vera e propria rivoluzione rispetto a quello che fu approvato quando venne istituita l’Associazione Forense. Dai padri nobili dell’avvocatura isolana, che piangono rispetto a questo nuovo prodotto forense. Avvocati battaglieri, che sapevano difendere la categoria, che erano pronti a sacrificarsi. Non bisogna dimenticare che ben cinque avvocati, per difendere il proprio diritto ad astenersi e ad evitare che venisse chiuso l’ufficio giudiziario che in quegli anni sembrava cosa fatta, vennero incriminati dalla procura della Repubblica. Per avere di fatto chiuso ogni attività dibattimentale per protestare forte, per far arrivare ai piani alti di chi gestiva la giustizia la propria voce. Fino al Ministero, che sembrava intenzionato a ridimensionare fortemente un ufficio che era aperto da centinaia di anni.
Quei cinque avvocati vennero incolpati di reati gravi ed un pubblico ministero più che determinato a portare avanti la propria tesi. Accusandoli di interruzione di pubblico servizio, di occupazione di edificio pubblico, di qualche velata minaccia ad agenti di pubblica sicurezza che intervennero per identificare gli avvocati più “scalmanati” e probabilmente a rimettere le cose a posto. Quell’avvocatura si dimostrò unita e compatta a difesa anche dei propri colleghi. Una vera e propria muraglia che con quella battaglia garantì che l’allora Pretura circondariale rimanesse stabilmente al servizio del cittadino isolano. Ma quella storia giudiziaria durò alcuni anni. Per volontà di quel pubblico ministero che svolse le indagini e che per difendere la propria inchiesta venne in aula a sostenere le tesi del proprio ufficio. Un pubblico ministero togato che al termine del dibattimento si alzò e senza tanti indugi chiese la condanna di tutti e cinque gli avvocati isolani. Una condanna che non fu accolta dal tribunale, che li assolse con la formula perché il fatto non sussiste. Non si era realizzata la occupazione dell’edificio pubblico, ossia dell’attuale sezione distaccata del tribunale. Non c’era stata alcuna interruzione di pubblico servizio, né a quanto pare si realizzarono queste presunte minacce velate agli agenti della pubblica sicurezza giunti a palazzo di giustizia per ordine dei loro diretti superiori e della stessa procura della Repubblica. E quando tutto sembrava risolto, lo stesso pubblico ministero togato ritenne quell’assoluzione ingiusta e firmò un appello molto duro per chiedere la riforma della sentenza. Costringendo questi cinque avvocati a doversi difendere ancora una volta dinanzi ai giudici della Corte di Appello di Napoli. E in quell’occasione tutta l’avvocatura ischitana si chiuse a riccio a difesa dei propri colleghi e a sostegno di ciò che stava accadendo ci fu una netta presa di posizione del consiglio dell’Ordine e della Camera penale. Un tempo anche questi ultimi organismi erano diretti da avvocati coraggiosi e che avevano la determinazione per difendere la categoria.
PRESIDENTE UNA SOLA VOLTA
Perché abbiamo voluto raccontare questa storia che risale agli anni passati? Per dire solamente e umilmente che quelli che rappresentano oggi (fortunatamente c’è anche un piccolo gruppo che sa mostrare la propria determinazione e farsi valere nelle istituzioni proprie) l’avvocatura sembrano corpi estranei, mancano di spina dorsale, molti sembrano parolai, ma che non mettono mai a frutto ciò che dicono. Eppure c’è all’orizzonte, tra un anno esatto, la concreta possibilità che la sezione distaccata di Ischia venga chiusa il 31.12.2022. E’ il termine stabilito dal Ministero della Giustizia proprio su input del Parlamento, che all’epoca approvò la proroga non solo per Ischia, ma anche per le isole d’Elba e Lipari. C’è un appiattimento che preoccupa molto e chi cerca di fare qualcosa per tentare di mantenere aperta questa struttura, molto spesso viene additato, schernito e posto all’indice perché sbaglierebbe in alcune strategie.
Gianpaolo Buono e il direttivo intendono portare all’attenzione dell’assemblea il nuovo Statuto con una modifica sostanziale. E cioè che non può essere rieletto presidente chi lo è stato già una volta. Per la turnazione, per consentire a tutti coloro che intendono caricarsi questa incombenza di poterlo fare senza che chi è stato forte e ha un numero di consensi elevato possa rimanere in eterno al governo dell’associazione. Ma questa scelta non viene sostenuta. Uno di questi è certamente il segretario generale dell’Assoforense, avv. Francesco Cellammare, ma per motivi più prettamente tecnici che sostanziali. Ovverosia che questo direttivo ha già sforato i due anni e che quindi è in prorogatio e non può sottoporre all’assemblea la modifica dello Statuto. A quanto pare è una posizione un po’ bizantina. Avendo egli aspirazione a ritornare a cavallo per riprendersi la presidenza, che secondo lui gli venne tolta con la forza dall’assemblea e che non meritava quell’affronto. Eppure lui è stato in prorogatio per oltre i due anni, gestendo l’Associazione, facendo di tutto e di più, a quanto ricordiamo per circa cinque anni. Oggi si mette di traverso e spera di racimolare i consensi degli iscritti in modo tale da fermare questa possibilità. Ritenendo che questo Statuto debba essere discusso e approvato solo dopo le votazioni, quando si insedieranno un nuovo presidente e un nuovo direttivo.
CHI ELEGGERE?
Gianpaolo Buono intende, però, dare la parola all’assemblea, che comunque è sovrana nelle sue scelte. E in quella stessa sede, a quanto ci risulta, è intenzionato a discutere per trovare una data utile affinché si torni alle urne per scegliere un nuovo presidente e un nuovo direttivo. E questo dovrebbe avvenire in tempi rapidi, probabilmente prima della fine dell’anno.
In questo Gianpaolo Buono uscirebbe di scena e il nuovo presidente sarebbe quindi responsabilizzato per portare avanti ogni trattativa, incontri, ricerca di consensi nell’ambito politico e della magistratura per evitare che l’incombente dell’ufficio giudiziario diventi realtà. E chi dovrebbe essere il sostituto? Di sicuro Francesco Cellammare è fuori gioco. In primis, se venisse approvato il nuovo Statuto non vi è possibilità di candidatura. Se rimanesse anche quello vigente, di chances ne avrebbe altrettanto poche. Non è più nelle grazie di chi una volta lo ha sostenuto con forza. In questi anni ha commesso un sacco di errori e ha fatto polemiche inutili. E all’orizzonte chi c’è? Ora come ora ci vorrebbe un presidente altrettanto autorevole e capace di interloquire con la politica napoletana e romana per strappare come minimo un altro triennio di proroga.
Le scelte che si prospettano all’orizzonte sono state discusse da alcuni avvocati che perlopiù sono impegnati ad affrontare queste tematiche associative con una prospettazione a volte critica e a volte favorevole. Uno di questi, parlando confidenzialmente con chi scrive questo servizio, ha sottolineato che «non è oggi il momento di indire una votazione per cambiare presidente e direttivo. Ad un anno dalla scadenza della proroga. Non è una cosa da poco. Bisognerebbe che tutti riflettessero sulla data del 31 dicembre 2022 e porsi una domanda: a che servirebbe?».
SALVARE LA SEZIONE DISTACCATA
Altri ancora sostengono che non ci sono le «condizioni per andare al voto. Oggi l’unico che può benissimo tenere in piedi questo momento delicato è solo Gianpaolo Buono, per le sue capacità di relazionarsi, di tirare le fila dei rapporti con l’organismo nazionale della nostra categoria, di riuscire ad intercettare gli esponenti politici che hanno voce in capitolo nel settore giustizia. La capacità di far approvare dal Parlamento un emendamento inglobato in una legge a più ampio respiro. Chi verrebbe dopo Gianpaolo, si ritroverebbe a dover ricominciare tutto daccapo e le possibilità di successo si abbasserebbero di molto. Le velleità di qualche vecchio dinosauro di tornare ad essere presidente sono nulle e se dovessero essere sufficientemente sostenibili, sarebbero una sciagura per l’intera avvocatura isolana. Gianpaolo deve e resterà presidente, secondo il mio giudizio, fino a quando non sarà garantita la permanenza della sezione distaccata. Chi rema contro questa possibilità, sono coloro che tra noi hanno una voglia sfrenata di chiudere tutto, di azzerare una struttura che è stata difesa negli anni con i denti e con la forza».
Ma c’è anche chi ritiene che bisogna rispettare le regole. Quando c’è una scadenza prevista dallo Statuto, si deve rispettare e bisogna chiedere nuovamente agli avvocati iscritti di esprimere la propria volontà, il proprio giudizio. Una opinione giusta, che può essere affrontata e discussa nei momenti per così dire normali, non quando c’è il rischio che tutte le attività che attualmente si svolgono nella sezione di Ischia siano trasferite a Napoli, al centro direzionale. Con tutti i problemi che ne seguono. Lanciando un messaggio ancor più duro, e cioè che la giustizia si allontani sempre più e che diventi qualcosa di irraggiungibile.
Quando verrà fissata la data dell’assemblea si capirà quali sono gli umori della base e cosa voteranno gli iscritti. Come potrebbe l’assemblea decidere di non andare oggi alle votazioni, prorogando l’attuale governo perché siamo in un momento di emergenza. Come peraltro ha fatto la politica nel decidere di far slittare le consultazioni regionali e comunali durante la pandemia. Non cadrebbe il mondo. Anzi, si darebbe la possibilità a chi ha lavorato fino ad ora di poterlo fare nei mesi a venire, rafforzando la presidenza di Gianpaolo Buono per continuare a tessere le fila, a convincere la politica e chi ha ruoli dirigenziali nella magistratura che la soppressione della sezione distaccata sarebbe un gravissimo danno alla cittadinanza dell’isola d’Ischia.