giovedì, Dicembre 5, 2024

Barano d’antan: Guido Lombardi, l’ultimo ricordo del passato

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Luigi Balestriere | L’ultimo coriandolo del passato della Barano di quarant’anni fa si posa su Via Corrado Buono, proprio di fronte al municipio.

Le insegne delle luci del negozio di alimentari di Guido Lombardi, pioniere della famiglia e uomo dalle mille idee, illuminavano la vita del paese a dimensione d’uomo.

Nel 1965, in Piazza San Rocco, lui stesso aveva un forno per il pane, attualmente dei Ferrari. Era anche sede delle attività di corriere che presto si associò all’esperienza delle vie del mare con la motonave “Antonio Amabile”. Indimenticabile la signora Gemma, dal cuore buono, a dirigere l’attività al dettaglio con disponibilità: un connubio di ironia e simpatia; con ogni cliente aveva un rapporto speciale. L’attuale sede del supermercato di famiglia cedette, per un tempo, all’attività di autosalone “Lombardi Auto”, aprendo Barano a nuovi scenari.
A due passi sorgeva l’Autoscuola “Monti” dell’imperituro Crescenzo, che ha formato generazioni di automobilisti. Indimenticabile, poi Gino con la sua “Villa Orizzonte”, un vulcano di simpatia e accoglienza. E poi c’era Pasquale, il calzolaio sulla Valle, per le laboriose riparazioni delle scarpe. In Piazza c’era Mimmo con la vendita delle calzature.
Il cuore di Barano era un palcoscenico fiorente del commercio. C’era un ristorante, appena imboccata Via Roma, quello delle mitiche sorelle “Calabreselle”, accanite attiviste durante le elezioni comunali dal sapore d’antan, quasi come dentro un romanzo di Guareschi. Accanto sorgeva una salumeria della famiglia Amalfitano. Esisteva pure un fioraio, Giovanni, e un negozio d’informatica che si affacciavano sulla Piazza San Rocco su cui riecheggiavano i rimbalzi del pallone. C’era il Kalimba, il bar, punto d’incontro che raccoglieva l’eredità della discoteca Sirio. Barano era fornita anche di una profumeria, a due passi dal mitico Bar “Lo Scricciolo”. I giovanissimi, che frequentavano la scuola con i grembiuli, respiravano l’aria dei giochi a nascondino, a campana, allo scambio delle figurine dei calciatori mentre la mitica cava era scenario di discese avventurose per recuperare oggetti del desiderio come i “Super Santos” o cartoni su cui praticare temerari scivoli verso valle, a due passi da “sala parrocchiale”, centro di aggregazione. La cosiddetta “merna” era un frequentatissimo bocciodromo, che allietava i pomeriggi con l’abilità dei giocatori come il mitico “Ciccone”, Vittorio “Chiuvitiello”, Stanislao “Strano”.
Era la Barano dei ritmi laboriosi e non frenetici. Un passato di nostalgia dal sapore d’antan, di eternità, che suona una dolce melodia che fa apparire gli occhi lucidi di memoria come scatti d’infinito. (si ringrazia Michele D’Antonio.)

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