giovedì, Gennaio 16, 2025

Carlo e Nino: memorie da millequattrocento battute ciascuno | #4WD

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Daily 4ward di Davide Conte del 16 gennaio 2025

CARLO TUFANO: era la primavera del 2002 ed ero candidato alle elezioni comunali nella lista di Forza Italia. Nella tornata elettorale precedente, quella del 1998, avevo chiesto più volte a Carlo di votarmi, ma da persona di principio quale è sempre stato mi disse: “Non posso, lo avrei fatto volentieri, ma il mio amico VDM è candidato e prende pochi voti. Se non gli do il mio se ne accorge e oltre a ricevere una scortesia che proprio non merita faccio anche una figura di m…a”. Pazienza, pensai. Ma quattro anni dopo tornai al contrattacco: VDM non fu candidato e non c’erano attenuanti per Carlo. Fino all’ultimo provò a resistermi, mandandomi spesso e volentieri a quel paese, ma non gli diedi tregua per l’intera durata della campagna elettorale. Il sabato antecedente il voto, stremato, mi disse: “M’e rutt u c…, hai una sola possibilità di ricevere questo voto: io domani andrò a votare ad apertura di seggi perché non sopporto tutti quelli che mi fermano lì fuori e mi chiedono il voto. Se ti fai trovare lì un minuto prima che io arrivi con il cornetto e il caffè di Calise il mio voto sarà tuo.” Carlo confidava sulla stanchezza del sabato sera che mi avrebbe impedito di essere puntuale. E invece, il giorno dopo ero lì ad aspettarlo arrivare in motorino e con la sigaretta in bocca, sorridendo e mettendosi letteralmente le mani in testa nel vedermi lì fuori a riscuotere la sua preziosa promessa.

NINO PETRILLO: all’epoca del Capricho Sound di Enzo Scotto “‘u ‘mericano” (quella del Tiffany io non l’ho vissuta), Nino era un vero e proprio mito. Disc-jockey duttile nell’accettare l’approccio musicale dance più moderno ma senza mai disdegnare la sua vocazione inossidabile per il funky e il rock di qualità (quella che gli consentiva di far ballare la gente tanto con Good Times degli Chic quanto con Searchin’ dei Titanic), attraeva tutti noi più giovani aspiranti e praticanti per il fatto di mixare musica senza l’uso delle cuffie, a cui è arrivato solo verso il tramonto della sua carriera. Una sera ero lì, con l’amico Peppe Barile, ad ascoltare qualche ora della sua buona musica in un ambiente particolarmente accogliente e mai troppo affollato, al punto da poterci permettere di dialogare con lui e chiedergli brani e consigli. Quella sera, però, di gente ce n’era molta più del solito e non chiedetemi il perché! Sul più bello, con una pista pressoché stracolma e al culmine dell’eccitazione, Nino aveva già messo sul piatto il disco successivo. E mentre io stavo per chiedere il titolo del brano in corso, Peppe andò troppo oltre: salendo sul gradino della consolle, fermò uno dei due piatti per leggerne l’etichetta. Peccato che non fosse quello del disco in attesa di essere mixato, ma proprio quello che stava suonando, che si strinse nel silenzio di un breve e sgradevole scratch, ma soprattutto nel terrore di Peppe letteralmente fulminato dallo sguardo di Nino.
Altri tempi, altri uomini, altri amici.

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