ANNA FERMO – Robert Lacey, il famoso storico consulente della serie Netflix The Crown credo che abbia davvero ragione: “Ci sono più possibilità di abolire il Papato che la monarchia britannica”.
È una cosa a cui forse non pensiamo quasi mai, ma mentre siamo già nel terzo millennio, il Regno Unito non è ancora una democrazia, ed è radicato attorno ad un’istituzione, quella monarchica, oserei dire piuttosto anacronistica, in cui poteri e privilegi di un’epoca passata vengono tramandati artificialmente ad un’unica famiglia, ed in cui i cittadini sono chiamati sudditi. In effetti, se guardiamo una qualunque apparizione pubblica in cui vengono accolti da urla, grida e commozione, l’affetto che viene riservato ai reali può facilmente sembrare ingiustificato, ai limiti di uno strano feticismo, eppure, queste contraddizioni, non sembrano toccare gli inglesi. Tra l’altro, secondo i sondaggi Ipsos Mori, meno di un quinto della popolazione vuole sbarazzarsi della famiglia reale e più del 75% preferisce che la Gran Bretagna rimanga una monarchia.
Così, a settant’anni dall’incoronazione di Elisabetta II, morta otto mesi fa, quella di Re Carlo III, avvenuta sabato scorso, 6 maggio, nell’abbazia di Westminster, è sopraggiunta in un Regno profondamente cambiato, ma al contempo rimasto uguale, con la più solenne delle cerimonie e la più spettacolare delle parate.
E’ iniziata dunque l’era di Carlo III, con un rito religioso che ha rispettato dettaglio su dettaglio la tradizione che risale al 1066, seppur con elementi di innovazione voluti dal medesimo re.
Lo sfarzo del contesto, oltre 2mila ospiti che hanno gremito l’abbazia, i paggi vestiti di oro e velluto, la musica sublime del coro ed i simboli della monarchia, la corona, lo scettro e il globo tempestati di gioielli, hanno fatto da sfondo al rituale religioso: Carlo ha posato la mano sulla Bibbia dichiarando di essere “un fedele anglicano” e impegnandosi a garantire la successione protestante al trono. Il momento più importante della cerimonia è stato quello dell’unzione con olio santo. Il re è stato spogliato del suo mantello di ermellino e velluto e della sua giacca di seta ed è rimasto con una semplice camicia bianca, simbolo della sua umiltà davanti a Dio. Il gesto più solenne, quando Justin Welby, l’arcivescovo di Canterbury, ha unto le mani, il petto e la testa del re, è avvenuto lontano dagli sguardi dei presenti e di tutti i comuni mortali. Tre paraventi hanno circondato il re e l’arcivescovo per preservare il mistero. Da umile servitore di Dio Carlo è poi tornato al ruolo di re, indossando la “supertunica” di tessuto d’oro che anche la regina Elisabetta II e prima di lei suo padre avevano portato nel giorno della loro incoronazione. Il rituale è stato seguito, come abbiamo detto, in ogni dettaglio, con la presentazione al re degli sproni, simbolo dell’onore cavalleresco e militare, della spada tempestata di gemme, simbolo della misericordia, del globo d’oro con la croce di Cristo, ricordo che il potere del re deriva da Dio, dell’anello, simbolo del legame tra re e sudditi e del guanto, simbolo della protezione del monarca. La novità è stata invece la scelta dei protagonisti, fatta da Carlo III: il re ha conferito il prestigioso incarico di presentargli questi oggetti preziosi e simbolici ai leader delle principali religioni presenti in Gran Bretagna: indù, musulmana, sikh, ebraica e buddista, mantenendo una promessa di già trent’anni fa, quando era principe di Galles, quando dichiarò di voler essere non il “difensore della fede”, formula tradizionale che sottintende la fede cristiana, ma il “difensore di tutte le fedi”. L’arcivescovo ha dunque incoronato il re, assistito dai leader di tutte le Chiese cristiane, seduto sul trono di Sant’Edoardo, che risale al 1296 e che viene usato solo per le incoronazioni, con la corona d’oro di Edoardo il Confessore. Welby si è poi inginocchiato davanti al re per professare la sua lealtà al nuovo “difensore della fede”, e poi William, l’erede al trono, si è prima inginocchiato davanti al padre e poi lo ha baciato sulla guancia per testimoniare la sua fedeltà. Dopo il giuramento collettivo nell’Abbazia, il primo di molti “Dio salvi il Re” della giornata, l’incoronazione di Camilla, diventata regina consorte, e la Comunione, la cerimonia religiosa è finita. Prima di uscire dall’abbazia, Carlo ha fatto un ultimo gesto di apertura e inclusività, fermandosi a salutare e ringraziare prima i rappresentanti di tutte le comunità religiose presenti in Gran Bretagna e poi i rappresentanti dei Paesi del Commonwealth.
Avevamo tutti pensato che fosse eterna, invece non lo è stata nemmeno Lei, la Regina Elisabetta II e dopo la sua morte la storia ha corso davvero veloce catapultando sul trono d’Inghilterra un nuovo re. Che regno sarà dunque il suo?
Si può dire che nel caso di Carlo si possono già rintracciare alcune linee costanti, considerato da quanto tempo si è preparato a questo ruolo.
Di certo sarà un ambientalista, giacchè antesignano di battaglie ecologiste che poi sono diventate patrimonio comune, dall’agricoltura biologica alla lotta al riscaldamento globale, oppure ancora le battaglie contro tanti scempi dell’architettura contemporanea.
Si sa poi che da principe era stato fautore di una monarchia più snella, tanto da non avere esitazioni nell’estromettere da ogni impegno ufficiale e privare di onorificenze e gradi militari il fratello Andrea, finito nella storiaccia degli abusi sessuali del suo amico Jeffrey Epstein. Come fuori è stato messo subito il figlio Harry, dopo la clamorosa uscita dalla famiglia reale e il trasferimento in California. Da re, dunque, Carlo continuerà probabilmente questa opera di semplificazione, o meglio, epurazione, limitando l’istituto monarchico a se stesso, alla regina consorte, all’erede al trono William ed alla moglie Katherine, prontamente nominati principi del Galles, oltre a pochissimi altri membri che ricoprono dignitosamente incarichi ufficiali, dalla principessa Anna al figlio Edoardo e moglie Sophie.
L’incognita Camilla, detestata e vituperata dai sudditi ai tempi del divorzio di Carlo e poi della morte di Diana, sembra essere ormai risolta con una pacifica riabilitazione collettiva. Non solo perché è evidente che la vera storia d’amore nella vita del nuovo re è sempre stata quella con l’amica e amante giovanile Camilla Shand, ma anche grazie alla sapienza della Regina Elisabetta, che ha accompagnato l’ingresso della nuova moglie di Carlo nella vita familiare ed istituzionale, sanzionando pochi mesi fa il riconoscimento di Camilla con il proprio sigillo, quando Elisabetta disse: “E’ mio sincero desiderio che diventi regina consorte”.
Sul fronte internazionale ed all’interno del Regno le sfide saranno enormi. Riuscirà il nuovo re a mantenere vivo il Commonwealth, l’organizzazione ideata da Churchill che probabilmente è stata il maggiore successo del regno di Elisabetta? Riuscire cioè a mantenere legami tra le ex colonie e il Regno, nonostante gli attriti, le tensioni e i risentimenti sacrosanti degli ex colonizzati, nel post colonialismo della dissoluzione dell’Impero? Tuttora, su 56 nazioni aderenti al Commonwealth, 15 riconoscono il monarca inglese come proprio Capo dello Stato. Con Carlo le tendenze centrifughe aumenteranno?
Elisabetta è stata una figura di continuità nei cambiamenti profondi del Dopoguerra e dei decenni successivi, mentre Carlo non ha la stessa storia personale e nemmeno lo stesso carisma, per cui i dubbi sono più che legittimi.
Le spinte centrifughe poi sono in agguato anche all’interno del Regno, che rischia di diventare sempre meno unito. Re Carlo III sale al trono nel pieno delle scosse di assestamento del dopo Brexit, che hanno rimesso in discussione l’equilibrio tra le quattro nazioni che formano il Regno. La Scozia non voleva staccarsi dall’Unione europea. L’Ulster sta sperimentando le conseguenze negative dell’uscita dall’UE, che ha lasciato le sei contee britanniche del Nordirlanda come un ibrido, mezzo dentro e mezzo fuori e sono in molti ormai a Belfast a pensare e ad auspicare l’unificazione con la Repubblica d’Irlanda, quella di Dublino.
Insomma, scenari da far tremare i polsi, mentre re Carlo ha già una età in cui anche i più accaniti stakanovisti cedono alla pensione. Il suo regno, chiaramente, non potrà essere lungo come quello della madre e William si è già rivelato un giudizioso e rispettato erede al trono.
La storia della monarchia britannica risale a più di mille anni fa, ed il suo sistema parlamentare, così come lo conosciamo oggi, in cui “il re regna ma non governa” risale al 1215, quando con la Magna Charta vennero istituite l’House of Commons e la House of Lords, le due camere del Parlamento. Certo, con il passare del tempo, i poteri del monarca si sono via via ridotti, e oggi sono da considerarsi praticamente inutili a livello politico, (il re si limita a ratificare le leggi e ad approvare qualunque cosa esca dal Parlamento). Come è stato osservato, “Se prima si distinguevano per le manie di potere, oggi la famiglia reale è considerata un insieme di celebrità sorridenti”. Saranno anche inutili? Il punto vero è che questa “inutilità”, qualora lo fosse, non è un’attenuante, ma un’aggravante.
I politici vanno e vengono, ma mentre la nazione è stata scossa da crisi, stravolgimenti e guerre, la famiglia reale ha creato un senso di continuità e di unità, a cui la popolazione si è aggrappata in tempi di guerra e inorgoglita in tempi di pace. “Charles darà la sua impronta alla monarchia, ma l’attenzione si rivolgerà subito verso William e la sua famiglia, considerati già da tempo come il futuro della Gran Bretagna”.
La Monarchia è pertanto in salute e le speranze per un’abolizione, al momento, sono praticamente nulle.
La storia corre veloce, le nuove generazioni già si preparano, intanto: “Long live the King, Dio salvi re Carlo III”.