Paolo Mosè | Mancavano anche addentellamenti di Casalesi che hanno interessi o comunque rapporti con personaggi ischitani purosangue. E’ quanto emerge dalla indagine condotta dalla Direzione distrettuale antimafia con i pubblici ministeri Antonello Ardituro e Graziella Arlomede. I due magistrati di provata esperienza che hanno chiesto ed ottenuto decine e decine di arresti tra carcere e detenzione domiciliare. Colpendo alcuni capi del clan della provincia di Caserta che fanno riferimento al superboss detto “Sandokan”, che hanno contratto rapporti con dirigenti delle Ferrovie dello Stato per aggiudicarsi lavori in appalto.
Contemporaneamente all’esecuzione delle misure coercitive, gli uomini della Direzione investigativa antimafia e i carabinieri del Comando Provinciale di Caserta sono giunti sull’isola d’Ischia per notificare un avviso di garanzia e procedere ad una accurata perquisizione domiciliare. Un intervento avvenuto di primissima mattina in un particolare luogo del comune d’Ischia e nei confronti di un personaggio niente affatto conosciuto per presunti collegamenti con questo ramo della camorra assai pericoloso. Nei confronti di una persona di cui non sono state divulgate le generalità.
Il tutto è avvenuto nella massima segretezza. Le forze dell’ordine che sono giunte sull’isola d’Ischia per ordine dei due magistrati della Direzione distrettuale antimafia si sono recate direttamente nel domicilio della persona indagata. E’ ciò che fanno ogniqualvolta l’indagine viene condotta nei confronti di soggetti indagati per associazione per delinquere di stampo camorristico. Quasi mai viene chiesto l’appoggio a Corpi di polizia presenti in loco. Proprio per mantenere la massima riservatezza ed evitare fughe di notizie.
GLI APPALTI DELLE FERROVIE DELLO STATO
Ma come è prassi, l’aver disposto una perquisizione e la notifica dell’avviso di garanzia contemporaneamente alla esecuzione degli arresti concessi dal giudice per le indagini preliminari Giovanna Cervo, sta a significare che nei confronti del personaggio ischitano la misura cautelare molto probabilmente è stata respinta. In questa fase possiamo soltanto fare qualche accenno, qualche ipotesi suffragata da fonti che riferiscono che il soggetto monitorato operi nell’ambito finanziario-bancario; che avrebbe avuto negli anni scorsi qualche rapporto, direttamente o indirettamente, con soggetti che sono parte integrante del clan dei Casalesi o comunque con qualche fiancheggiatore dell’organizzazione malavitosa. Dalle cui indagini emerge uno spaccato molto complesso e assai preoccupante. Per la capacità di avere disponibilità di capitali “freschi” che vengono immessi nel mercato per una sorta di “lavaggio” al fine di riciclare ciò che è stato guadagnato con attività illecite.
L’altro aspetto che è stato accertato con tanto di riscontri dagli inquirenti è che alcuni di questi personaggi con il grado dirigenziale nelle Ferrovie dello Stato avessero ricevuto delle sorti di regalie dagli imprenditori Nicola e Vincenzo Schiavone che sono parenti stretti del superboss “Sandokan” che si trova da diversi anni rinchiuso in cella per gravi fatti di sangue. I dirigenti delle Ferrovie dello Stato sarebbero stati a conoscenza o avrebbero partecipato a truccare alcuni appalti per ottenere dei vantaggi a società legate ad ambienti camorristici. Le indagini che sono state svolte dalla procura della Repubblica confermerebbero che queste società cosiddette pulite altro non erano che delle affiliazioni ai gruppi malavitosi di Casal di Principe. Questi imprenditori, che sarebbero poi il gruppo finale di questa operazione illecita, che si erano distaccati da quel mondo dell’hinterland casertano per trasferirsi a Posillipo, altri non erano che dei soggetti che avevano la capacità di interloquire con Francesco Schiavone e i suoi familiari.
In particolare gli interessi maggiori venivano rivolti al dirigente “massimo” delle Ferrovie dello Stato, che era il punto di riferimento per tutte le operazioni imprenditoriali poste in essere per entrare nel meccanismo dei lavori della società più importante dei trasporti su ferro del nostro Paese. A questo dirigente venivano pagate vacanze cosiddette di lusso. In alberghi esclusivi della Costiera Amalfitana, nei luoghi più attraenti del Golfo con puntate anche sulle isole. Questo è comunque verificato da tutta una serie di riscontri che sono stati fatti presso le strutture ricettive ove è stato ospite questo personaggio insieme alla famiglia e i pagamenti che sono stati effettuati quasi sempre in contanti e solo in alcuni casi con un tracciamento bancario. Tutto questo per evitare che in caso di accertamenti giudiziari gli inquirenti potessero risalire a rapporti che avrebbero dovuto rimanere segretissimi. Ma si sa che la voglia sfrenata di comunicare è più forte di qualsiasi precauzione e silenzio. Con il telefonino in mano tutto diventa problematico e la voglia di trasmettere qualche informazione all’interlocutore spinge a commettere errori, a dire più di quanto necessario.
FUGA DI NOTIZIE
Tornando all’attività svolta sull’isola d’Ischia dagli inquirenti, c’è la conferma che vi sono soggetti dipendenti di un istituto bancario che ha più agenzie soprattutto nell’hinterland napoletano. Principalmente verso la zona vesuviana. Un intreccio molto complesso, perché da una parte si è discusso e si è accertato gli aspetti puramente finanziari e dall’altro sono state divulgate notizie coperte da segreto istruttorio. Queste informazioni sarebbero state consegnate ad uno degli indagati. In particolare ad un imprenditore. Emergendo che più di un militare dell’Arma avrebbe parlato più del dovuto. Il tutto per trovare quegli elementi necessari per capire quale direzione avesse imboccato l’inchiesta e su chi si era concentrata. Chi ha ricevuto qualche beneficio dalla violazione del segreto istruttorio è stato individuato e in questa fase sottoposto agli arresti domiciliari. E’ una inchiesta che è durata alcuni anni proprio per riannodare quei rapporti difficilmente dimostrabili con una semplice telefonata o contatto. Per la Procura di Napoli l’ischitano coinvolto ha avuto una partecipazione tale da ritenere sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e sulla base dei riscontri ottenuti, necessitava nei suoi confronti una attenzione e precauzione immediata e non senza valutare le esigenze cautelari.
Sul punto non si conosce quale è stata la risposta del giudice per le indagini preliminari Cervo in relazione a questa posizione, in quanto i provvedimenti non accolti non sono stati motivati e pubblicizzati nell’ordinanza di custodia cautelare che è stata notificata ai 35 soggetti che a vario titolo hanno passato le giornate ristretti nella struttura della casa circondariale di Napoli Poggioreale e identico numero nelle rispettive abitazioni. Solo in un caso il giudice ha disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per la firma. Molte altre posizioni invece non sono state ritenute meritevoli di essere sottoposte ad una restrizione della libertà personale. Mancando per alcuni i gravi indizi di colpevolezza e per altri non emergeva l’urgenza di una misura coercitiva. Non avendo, in sostanza, la possibilità di reiterare la medesima condotta criminosa.