La Corte di Appello di Napoli ha depositato la motivazione della sentenza con la quale ad ottobre scorso aveva dichiarato la prescrizione per il reato di omicidio colposo addebitato all’ex sindaco di Casamicciola Vincenzo D’Ambrosio per la morte della piccola Anna De Felice nella tragica alluvione del 10 novembre 2009. In primo grado D’Ambrosio era stato condannato per questo reato a quattro anni di reclusione e il Comune chiamato a risarcire i danni in qualità di responsabile civile, mentre tutti gli imputati erano stati assolti dal disastro colposo. Per quest’ultimo reato, infatti, erano stati rinviati a giudizio, oltre a D’Ambrosio, anche Giosi Ferrandino e i tecnici Silvano Arcamone e Simone Verde.
Ad innalzare il tetto della prescrizione era stata la modifica del capo d’imputazione di omicidio colposo a istruttoria dibattimentale conclusa con l’aggiunta dell’aggravante relativa alle lesioni patite dalle parti civili riportate nel capo di disastro colposo; modifica che era stata accolta dal primo giudicante.
In sostanza, l’originaria accusa di omicidio colposo era stata integrata: «Perché per colpa, consistita in negligenza, imprudenza e imperizia ciascuno nella rispettiva qualità indicata alla contestazione precedente, e con le condotte omissive ivi descritte, cagionavano la morte di De Felice Anna; in particolare la De Felice trovatasi sulla pubblica via, al verificarsi dell’evento franoso, veniva investita e trascinata dal fiume di fango fino al mare, trovandovi ivi la morte». Il pm aveva aggiunto l’ultimo capoverso del disastro colposo: «In particolare a seguito di forti precipitazioni piovose, a causa del mancato deflusso delle acque piovane attraverso gli alvei naturali ostruiti, per l’omessa esecuzione dei necessari ed indispensabili lavori di bonifica e risanamento, si verificava a monte del centro abitato di Casamicciola un grosso accumulo con conseguente evento franoso sul predetto centro abitato, a causa del quale numerosi passanti tra i quali Mennella Pasquale, Trofa Francesco, Gigante Vincenzo, Maio Nicola, Maio Arnaldo, De Felice Claudio, De Vargas Aurora, Castagna Elisa, Gigante Ida, Conte Sabina, Miragliuolo Rito, Busiu Silvio, Amalfitano Giuseppe, Artiano Salvatore, riportavano lesioni personali e De Felice Anna veniva investita e trascinata dal fiume di fango fino al mare, ove decedeva».
Una circostanza su cui l’avv. Gianluca Maria Migliaccio aveva fondato la richiesta di subordinata nel ricorso in appello, che ha trovato d’accordo i giudici di secondo grado. Il termine della prescrizione dell’omicidio colposo resta a sette anni e sei mesi ed era già pienamente raggiunto al momento della sentenza di primo grado a maggio 2019. Dunque tutto cassato.
LA SENTENZA IMPUGNATA
I giudici della Corte di Appello innanzitutto si soffermano brevemente su quella sentenza del 2019: «La motivazione, redatta da estensore diverso dal giudice che ha pronunciato il dispositivo, poggia sulle risultanze dell’attività peritale del dott. Roberto Landolfi, oltre che su testimonianze e documenti acquisiti. In particolare, la sentenza impugnata richiama l’ampia e articolata disamina peritale sulla eziologia della frana e sulla pericolosità dell’area interessata riscontrata dai progetti di consolidamento che erano stati elaborati già dalla fine degli anni ’90. Mette in evidenza che di tali progetti (sei in tutto), solo due diventarono esecutivi, mentre gli altri si fermarono alla programmazione preliminare. Il primo giudice ripercorre la normativa in materia di protezione civile, sottolineando i compiti e i doveri dei sindaci, del tutto autonomi dall’intervento della Regione, della Provincia e della Protezione civile. Conclude per l’affermazione di responsabilità dell’imputato, considerato che il Comune di Casamicciola fu informato di uno stato di allerta “moderato” due giorni prima dell’evento e che la pericolosità dell’area interessata dalla frana per la sua conformazione idrogeologica era stata segnalata già nel 2002 dal Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico dell’Autorità di Bacino (PSAI). Il sindaco avrebbe dovuto allertare la popolazione sui pericoli di calamità e in via preventiva e generale avrebbe dovuto attivare un servizio di protezione civile, un centro operativo comunale e un presidio territoriale provvisorio per verificare e monitorare le zone e i punti critici da un punto di vista idrogeologico situati a monte dell’abitato (alvei di Fasaniello, Senigallia e Pozzillo). Per tali ragioni il G.M. giunge ad un verdetto di responsabilità nei confronti dell’imputato, sia pure limitatamente alla morte di De Felice Anna e alle lesioni personali occorse ad una serie di persone travolte dalla frana».
IL RICORSO
Il ricorso dell’avv. Gianluca Maria Migliaccio si fondava su quattro punti: «Violazione per essere stata contestata l’aggravante senza il rispetto delle forme e delle garanzie previste; nel merito, erronea valutazione della perizia, non essendo stata valutata a favore dell’imputato la circostanza della non obbligatorietà del c.d. Piano di emergenza ex d.l. 180/98. L’appellante contesta, inoltre, che vi sia prova che gli avvisi di allerta meteo furono inviati ed effettivamente conosciuti del Comune di Casamicciola. Il primo giudice avrebbe inoltre erroneamente valutato le risultanze della perizia che conclude in termini ipotetici circa la responsabilità dell’imputato D’Ambrosio e le testimonianze Celano, Giulivo, Lupoli e Trovato che hanno sottolineato la straordinarietà e imprevedibilità dell’evento e la non spettanza ai Comuni della manutenzione del demanio idrico; in via subordinata, la prescrizione dei reati di cui al capo di omicidio colposo, giacché l’art. 589 u.c. prevede un’ipotesi di concorso formale di reati e non di reato complesso, con la conseguenza che ai fini della prescrizione, ciascun reato mantiene il suo autonomo termine di prescrizione che decorre dalla data di commissione. Il termine di prescrizione sarebbe per tutti i reati maturato prima della sentenza di condanna, sicché sarebbe stata inibita al giudice la condanna risarcitoria pronunciata. L’appellante ne chiede, pertanto, la revoca; violazione non avendo le parti civili presentato le loro conclusioni all’udienza di discussione, sicché la costituzione di parte civile doveva considerarsi tacitamente revocata».
LA DECISIONE DELLA CORTE
La Corte di Appello come detto ha accolto solo il punto relativo alla prescrizione e non la nullità della sentenza di primo grado. Ma proprio la prescrizione è il dato sostanziale che ha consentito di azzerare tutto.
I giudici di secondo grado motivano dapprima il rigetto rispetto alla contestazione dell’aggravante: «L’eccepita nullità della sentenza per difetto di contestazione, motivo comune ad entrambi gli appellanti, è infondata e non merita accoglimento. Dal verbale dell’udienza di discussione del 10 maggio 2019 risulta che il PM nel corso della discussione, procedeva alla correzione dell’imputazione mediante “la correzione del capo d’imputazione del capo B) con la precisazione che quanto contestato nel capo A) relativo alle lesioni cagionate alle persone fisiche ivi indicate deve intendersi contestato anche al capo B), con conseguente contestazione dell’aggravante”.
Dal confronto dei due capi d’imputazioni A) e B) risulta evidente che le lesioni personali cagionate dalla frana sono state descritte, con l’indicazione delle relative persone offese, solo nel capo A) in realtà attinente a delitto contro la pubblica incolumità, ma non venivano replicate anche nel capo B), che in realtà costituiva l’alveo naturale di tali contestazioni riguardanti un delitto contro l’incolumità individuale. E tuttavia è indubitabile che la correzione del PM non ha introdotto nuovi fatti di lesioni, essendo rimasti immutati condotte, eventi e nesso di causalità già contestati con l’originario editto accusatorio. Si è trattalo in realtà di una mera precisazione da parte della pubblica accusa e non della contestazione di un fatto nuovo o di una circostanza aggravante». Concludendo che «Deve, in conclusione, ritenersi che nessuna violazione del diritto al contraddittrio si è verificata nel caso di specie né si ravvisa alcuna violazione della disciplina delle nuove contestazioni a dibattimento».
I MOTIVI RESPINTI
Escluso anche qualsiasi vizio per la circostanza che a redigere la motivazione fosse stato altro giudice: «Parimenti infondato risulta il motivo attinente alla nullità della sentenza per essere stata la motivazione redatta da giudice diverso da quello che ha pronunciato la sentenza di condanna. La sostituzione del giudice dinanzi al quale si è celebrato il giudizio di primo grado, stante l’impedimento oggettivo e documentato, rientra tra i poteri del presidente del Tribunale. Per esegesi consolidata della Suprema Corte i poteri surrogatori in questione abbracciano sia l’ipotesi del giudice impedito a pronunciare il dispositivo sia la diversa fattispecie dell’impedimento che attiene alla stesura della motivazione, per la quale il presidente del tribunale può delegare altro magistrato dell’Ufficio.
E’ appena il caso di aggiungere che il principio della immutabilità del giudice, al pari dell’oralità e dell’immediatezza, implicano solo l’identità della persona del giudice che presiede al dibattimento con quello che partecipa alla deliberazione e alla stesura del dispositivo che racchiude la decisione. non estendendosi anche al momento successivo della materiale stesura della motivazione».
PRESCRIZIONE A GIUGNO 2017
E veniamo al passaggio fondamentale, ovvero quella prescrizione che era già maturata ben due anni prima della data in cui venne emessa la sentenza! E’ questa la pietra tombale sull’intero processo, che non sarebbe nemmeno dovuto proseguire. Scrive infatti la Corte d’Appello: «Fondata risulta, invece, l’eccezione di prescrizione dei reati in data antecedente alla pronuncia della sentenza di primo grado.
E’ d’uopo ricordare che secondo consolidati indirizzi ermeneutici cli legittimità, la fattispecie disciplinata (morte di più persone, ovvero morte di una o più persone e lesioni di una o più persone) non costituisce un’autonoma figura di reato complesso, né dà luogo alla previsione di circostanza aggravante rispetto al reato previsto, ma prevede un’ipotesi di concorso formale di reati, unificati solo “quoad poenam”, con la conseguenza che ogni fattispecie di reato conserva la propria autonomia e distinzione, sicché il termine di prescrizione del reato va computato con riferimento a ciascun evento di morte o di lesioni, dal momento in cui ciascuno di essi si è verificato».
Un calcolo “semplice”, se così si può dire: «Tornando al caso di specie, l’evento morte e lesioni in concorso si sono verificati tutti in data 10.11.2009. Il termine di prescrizione per il delitto di omicidio colposo, fatta eccezione per le ipotesi aggravate, è pari ad anni sette e mesi sei, considerato l’effetto interruttivo. Identico è il termine di prescrizione delle lesioni contestate. A tale termine vanno aggiunti 44 giorni di sospensione relativi al giudizio di primo grado. Ne discende che il termine prescrizionale è maturato il 13.6.2017.
La sentenza di primo grado deve essere riformata, essendo i reati estinti per intervenuta prescrizione».
Essendo estinti i reati, né Vincenzo D’Ambrosio né il Comune di Casamicciola Terme devono pagare alcun danno: «Nel pronunciare declaratoria di estinzione dei reati di cui al capo B), verificatasi in corso di giudizio di primo grado, la Corte è chiamata altresì a revocare le statuizioni civili della sentenza impugnata riguardanti l’imputato e il responsabile civile Comune di Casamicciola».
Adesso i mori sono 12 vediamo queste merde cosa si inventano
Ecco. Tutti contenti, tutti santi. Ma la verità è stata nascosta dal primo minuto, specialmente per Perrone. Chi ha cercato di dirla è stato mandato fuori dal Comune e chissà ai rocciatori cosa hanno raccontato. Sono curiosa anche io come andranno avanti questa volta.