venerdì, Settembre 20, 2024

Cecco da Procida: un artista da recuperare

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Marco Neri | Ho deciso di narrarvi di un artista che seppur faccia parte della storia contemporanea è quasi sconosciuto, anzi, diversi esperti del settore pensano addirittura che non sia mai esistito. L’artista di cui voglio narrarvi è Francesco Ambrosino detto Cecco da Procida, ma più noto sull’isola come Francesco Piscitiello, di cui sono venuto a conoscenza leggendo alcuni documenti sulla storia dell’isola.
Parliamo del caposcuola della cosiddetta “Scuola di Procida”, corrente artistica che ha come elemento comune nei suoi interpreti l’amore per l’isola, rappresentato nelle loro opere attraverso i paesaggi e gli elementi della tradizione procidana.

Il Cecco ha saputo con realismo e maestria rappresentare la sua amata isola in ogni sua opera. La scelta di dedicargli un articolo è stata dettata dal fatto che, nonostante la sua attività prolifica e la presenza di molte testimonianze, tramite le sue opere, in tutta l’isola, sembra quasi essere stato dimenticato, come se appunto non fosse mai esistito. Invece andando ad analizzare a fondo si scopre che ha dato un grande contributo artistico, e non solo, al Procida, che il Cecco tanto amava. Ma andiamo con ordine.

Francesco Ambrosino nacque a Procida il 26 giugno 1909, sin da piccolo mostrò un certo sentimento per l’arte pittorica, disegnando ovunque potesse. Nonostante l’iniziale ritrosia della famiglia, Cecco iniziò i suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Napoli e fu allievo del pittore lucano Angelo Brando, che insegnava lì. Col tempo la sua bravura e la sua fama crebbero portandolo in giro con le sue opere in Italia e in Europa. Tra questi ricordiamo la sua premiazione con diploma e medaglia d’oro all’esposizione internazionale di Anversa, in Belgio, nel 1936 e la partecipazione alla I Biennale d’arte di Palermo nel 1946.

Inoltre, partecipò a diverse mostre a New York. Insegnò disegno nella scuola media di Procida e fu attivo artisticamente tra gli anni ’30 e ’50 del ‘900. Morì nel 1961. Tra le sue opere possiamo ricordare: “l’Immacolata dei turchini” del 1938 ed esposta nell’edicola di piazza Olmo a Procida; il quadro “Donna Procidana in costume settecentesco” conservato nell’ex reggia di Napoli; La “Graziella” presente nello studio del sindaco di Procida; il “ritratto di Bartolo Longo”, conservato nel santuario di Pompei.
Diverse fonti descrivono il suo studio come un vero e proprio museo, e tra le sue opere possiamo notare il ritratto della madre, che gli faceva da modella coi tipici abiti procidani del Settecento e un dipinto di Graziella in compagnia di Lamartine, dove indossa abiti di foggia contadinesca.

Cecco da Procida amava davvero la sua isola, e nelle sue opere mostrava tutto il sentimento che provava per essa, sentimento che forse non è stato così ricambiato o, semplicemente, non è stato compreso. Oggi di questo autore si sa davvero poco. Le fonti su di lui sono difficili da reperire e spesso sono molto scarne di contenuti, quasi come se non si fosse colta l’importanza storica e culturale di un personaggio che a suo modo a contribuito a fare la storia della meravigliosa Procida. Una figura autentica che a rappresentato nelle sue opere la realtà genuina e meravigliosa del contesto natio.
Mi auguro che un giorno possa essere ricordato come merita, magari dedicandogli un museo o una piazza. Magari anche un evento culturale che possa far conoscere in qualche modo ai procidani e non la grandezza, la sensibilità e la bravura di un artista contemporaneo che andrebbe recuperato, e che invece è stato quasi dimenticato.

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