L’altro ieri mattina la mia amica Annarita Cuomo scriveva su Facebook: “Stasera andrà in onda #Champagne, la fiction che racconta la vita di #peppinodicapri. Chissà se parleranno che degli esordi ischitani al #rangiofellone…”. Nei commenti successivi ad altri post sullo stesso argomento, poi, ho avuto modo di leggere una serie di enormi falsità, esposte con la saccenza tipica dei leoni da tastiera. E dopo aver visto il film, lunedì sera, non ho potuto esimermi dal commentarlo.
Ho trovato la produzione e il casting estremamente dozzinale, eccezion fatta per la fortunata selezione del Peppino-bambino prodigio, della mamma e, per certi aspetti, anche del protagonista adulto, che ne ha interpretato piuttosto bene le peculiarità artistiche e le incertezze caratteriali frutto del difficile background familiare e, perché no, di quella condizione insulare che per quanto abbia rappresentato un limite, si è poi rivelata il suo passepartout per raggiungere il successo. Dialoghi scadenti, talvolta noiosi, unitamente ad ambientazioni e comparse spesso sottodimensionate quanto a verosimiglianza, hanno caratterizzato un momento penalizzante per la nostra isola d’Ischia, ma principalmente della verità sulla carriera di Peppino. Come Annarita, ho avuto la fortuna di essere amico e frequentatore del grande architetto Sandro Petti, che de “’O Rangio Fellone” fu il creatore insieme al mitico compositore e musicista ischitano Ugo “Calais” Calise. E come testimonia il dipinto pubblicato da Annarita che anch’io ho l’onore di avere a casa con dedica autografa di Sandro, è proprio in quel locale dove Peppino ha mosso i primi passi. Altro che un discografico romano: furono proprio Sandro e Ugo ad accogliere Peppino e i Rockers al “Rangio” e a consigliargli di cambiar nome in Peppino d’Ischia o Peppino di Capri. L’isola azzurra non è stata subito generosa con quello che in pochi anni sarebbe diventato uno dei suoi figli più famosi con ben trentacinque milioni di dischi venduti in tutto il mondo. Ischia lo fu immediatamente, sin dallo slancio di Ugo che, all’ombra di Punta Molino, gli diede a metà degli anni ’50 lo spartito della sua “Nun è peccato” per sentirgli cantare qualcosa anche in napoletano, oltre a quelli in inglese a cui il suo orecchio assoluto era più naturalmente incline.
Questa è la verità! I “natali artistici” di Peppino sono sicuramente più ischitani che capresi. Ma ancora una volta, così come già accadde in un Ischia Jazz Festival (se non erro nel 2004) contrariando non poco il buon Sandro presente nella Pineta Nenzi Bozzi, l’artista preferì dedicare poca evidenza a quell’epoca d’oro che lo riguardò dalle nostre parti e a cui, tuttora, sembra non conferire la giusta importanza e riconoscenza quanto a luoghi e persone. E il fatto che “Champagne” non abbia toccato Ischia neppure di striscio, se non mostrando un dipinto di Mario Mazzella durante una carrellata nell’abitazione caprese del Faiella, non va ritenuto affatto casuale, in quanto ricalca un copione visto e rivisto in cui la riconoscenza e il rispetto della verità lasciano il posto ai più classici motivi di opportunità che ancora una volta calpestano oltre ogni luogo comune la storia dell’isola d’Ischia e i suoi grandi protagonisti.Per dirla tutta, nel celebrare più che meritatamente un indiscutibile artista di successo come Peppino Di Capri, si poteva fare decisamente meglio. Anche da parte del diretto interessato.
Champagne scadente | #4WD

Daily 4ward di Davide Conte del 25 marzo 2025