“L’unificazione dell’umanità non è un compito politico ma una speranza escatologica, e pretendere di prescindere dalle identità dei popoli per fonderli in un meticciato globale è un peccato d’orgoglio simile a quello biblico della torre di Babele.” Ancora una volta l’amico prof. Giovan Giuseppe Conte, nel giorno del novantanovesimo compleanno del sacerdote per eccellenza della chiesa locale come Don Camillo D’Ambra, ha riportato su Facebook questa citazione di Papa Benedetto XVI che naturalmente in pochi ricordano e che quasi nessuno osa riportare allorquando, nei tantissimi dibattiti pubblici e talk show ma anche da molti pulpiti più o meno illustri della Chiesa Cattolica, si tratta il tema dell’integrazione e dell’accoglienza tanto caro agli amanti del pensiero (a senso) unico.
Papa Ratzinger, autentico gigante della teologia e della cultura ecclesiastica, come sempre aveva precorso i tempi denunciando il pericolo -anche etico- di una corsa sfrenata della società moderna e, perché no, della stessa politica, verso un obiettivo non totalmente condivisibile, quanto meno per gli aspetti sostanziali imposti da chi intende perseguirlo ad ogni costo.
In Italia, fino ai provvedimenti dei governi Conte (oggi causa di un processo al ministro pro tempore) e Meloni, si è fatto finta di ignorare gli effetti devastanti della Babele richiamata dal compianto pontefice tedesco che tuttora continuano a minare la sicurezza e la stabilità di gran parte dei nostri contesti urbani, oltre alla qualità della vita dei relativi abitanti.
Impossibile, peraltro, additare Ratzinger di aver spinto la Chiesa a sottrarsi ai suoi doveri di promotrice dei giusti valori di equilibrio, correttezza ed amore verso il prossimo. Basta riallacciarsi a quel passaggio fondamentale della sua enciclica “Deus Caritas Est” per ricordarne il pensiero: “La Chiesa non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile. Non può e non deve mettersi al posto dello Stato. Ma non può e non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia. Deve inserirsi in essa per la via dell’argomentazione razionale e deve risvegliare le forze spirituali, senza le quali la giustizia, che sempre richiede anche rinunce, non può affermarsi e prosperare. La società giusta non può essere opera della Chiesa, ma deve essere realizzata dalla politica. Tuttavia l’adoperarsi per la giustizia lavorando per l’apertura dell’intelligenza e della volontà alle esigenze del bene la interessa profondamente.”
Era il 25 dicembre del 2005 quando fu promulgata quell’enciclica, che trattò ampiamente anche il tema dell’amore. Ma ancora oggi, il suo richiamo inascoltato al distinguo dei ruoli tra Chiesa e Politica resta di assoluta attualità per entrambe le parti.
Daily 4ward di Davide Conte del 5 novembre 2024