domenica, Gennaio 5, 2025

Chirurghi del “Rizzoli” indagati per la morte del paziente Sportiello

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Il decesso di Francesco Paolo Sportiello, avvenuto all’ospedale “Rizzoli” dopo un travagliato ricovero con interventi chirurgici, ha indotto il pubblico ministero a disporre l’autopsia, che è stata eseguita nel primo pomeriggio di venerdì scorso, dopo che la figlia ne aveva denunciato il caso ai carabinieri. Adombrando una “cattiva” gestione da parte dei medici del paziente. Il pubblico ministero, come accade in questi casi, ha disposto che venissero informati dell’esame autoptico, in quanto non ripetibile, tutti coloro che hanno avuto a che fare direttamente o indirettamente con il paziente Sportiello affinché potessero procedere per farsi assistere da un proprio medico patologo. Un avviso di garanzia per omicidio colposo che in questa fase non è da ritenersi motivo di responsabilità, colpevolezza. E tra questi vi sono i medici Causa, Morsa, Marini, Pipolo, Abruzzese, Marvaso e Loffredo. Alcuni di essi, secondo la stessa denunciante, hanno fatto di tutto per salvare la vita del padre. Il pubblico ministero Frasca ha disposto l’esame dopo dieci giorni dalla denuncia, avendo dovuto valutare tutti gli elementi raccolti dai militari della Stazione carabinieri di Casamicciola che lo stesso 14 gennaio eseguirono il sequestro della cartella clinica.
Nella prima parte della denuncia vengono descritte le patologie di cui soffriva il paziente, ed in particolare allorquando venne ricoverato al “Rizzoli” con forti dolori di pancia, diarrea e vomito. Un primo intervento venne eseguito dal medico di famiglia, che una volta visitato lo Sportiello, disponeva il ricovero in ospedale. La figlia, nel racconto, spiega anche che dopo le prime cure il padre venne posto su una barella e poi trasferito in corridoio nel reparto di medicina e successivamente in quello di chirurgia. Le condizioni generali non miglioravano, i figli assistevano ad un peggioramento delle condizioni di salute, anzi notando un notevole rigonfiamento dell’addome. Aumentando con il passare delle ore e dei giorni. Ottenendo spiegazioni da una dottoressa del reparto di medicina, che rassicurava i figli. Affermando che «la patologia non era da risolvere chirurgicamente, ma che il suo intestino doveva sbloccarsi da solo. La sua spiegazione mi sembrava subito superficiale, al che presso la mia abitazione, tramite ricerche internet, riuscivo a farmi un’idea circa la probabilità di una patologia sofferta da mio padre, giungendo alla conclusione che poteva trattarsi di un infarto intestinale. Allarmata di ciò in data 9 gennaio tornavo in ospedale e rappresentavo i miei dubbi alla dottoressa Marini della cardiologia la quale mi riferiva che aveva già effettuato un elettrocardiogramma su mio padre, le cui risultanze erano alquanto normali. Comunque tale medico faceva intervenire sul posto il chirurgo, il dott. Pipolo Luigi, il quale anche lui, in questa circostanza, riferiva che mio padre non aveva alcuna patologia da operare e che il suo intestino si sarebbe dovuto sbloccare da solo. Nel frattempo giungeva il chirurgo montante, il dott. Loffredo Domenico, al quale mio fratello Pasquale, anch’egli presente sul posto, gli raccontava tutto il trascorso patito da mio padre durante i giorni del suo ricovero. Il dott. Loffredo, resosi conto della gravità dello stato di salute, ordinava ad alcuni suoi collaboratori di effettuare una tac d’urgenza, poiché secondo il suo parere, mio padre doveva essere operato al più presto e che non era più trasportabile ad altro ospedale in terraferma. Fatto l’esame strumentale, il dott. Loffredo ci riferiva che mio padre doveva essere sottoposto ad immediato intervento chirurgico, per una occlusione intestinale. Infatti, subito dopo mio padre veniva operato dal dott. Loffredo e dalla sua equipe e poi trasportato in sala rianimazione. Preciso che durante l’intervento il dott. Loffredo ci raggiungeva nella sala d’aspetto e ci riferiva che aveva da poco iniziato l’intervento e si era reso conto della gravità del fatto, poiché mio padre aveva un’occlusione intestinale e una parte dell’intestino in necrosi, che doveva subito essere rimosso. L’anestesista, dott. Abruzzese, ci faceva vedere alcune foto, sul proprio telefonino, e riferiva che quello che vedevamo, era la parte dell’intestino asportato. Alla fine dell’intervento il dott. Loffredo ci faceva vedere l’intestino in un secchio, la parte tolta a mio padre. Le posso dire il pessimo odore dovuto alle condizioni dell’organo in necrosi. In data 10, mio padre uscendo dalla rianimazione, veniva trasportato in chirurgia, ove veniva intubato con un sondino gastrico. Preciso che dopo l’intervento le condizioni di salute erano stabili, tant’è che il martedì 12 addirittura gli hanno dato da mangiare pastina in brodo. Nella serata di ieri, mio fratello Pasquale e mia sorella Anna, notavano che mio padre aveva un respiro affannato, al che rappresentavo tale situazione ai medici di turno, i quali provvedevano a trasportare mio padre in rianimazione, riferendo nella circostanza che al momento non aveva bisogno di essere intubato. Stamane, verso le 8.00, ricevevo una telefonata dall’ospedale e l’operatore (una donna), mi diceva di portarmi in ospedale, in quanto mio padre era deceduto per un arresto cardiaco. Appresa la notizia, avvisavo i miei fratelli e tutti ci recavamo in ospedale. Intendo precisare inoltre che il giorno 11 c.m., di mattina ho avuto un colloquio con il dott. Marvaso, primario di chirurgia, al quale rappresentavo il fatto che il dott. Pipolo, era intenzionato a togliere il sondino gastrico a mio padre, prima di un parere da parte del chirurgo che lo aveva operato (dott. Loffredo) che al momento si trovava in ferie. Il primario mi rassicurava che il sondino poteva essere tolto, se la borsa naturale spurgava. Che io sappia non hanno fatto ciò. Nella circostanza il dott. Marvaso, mi riferiva che se loro avessero sottoposto mio padre ad intervento chirurgico prima del 9 gennaio, sicuramente non avrebbero trovato alcuna patologia».
Ogni decisione su quanto è avvenuto spetterà al pubblico ministero Frasca. La iscrizione definitiva di tutti coloro che potrebbero essere ritenuti responsabili del decesso del paziente Sportiello avverrà solo al deposito delle risultanze autoptiche e allorquando il patologo avrà risposto ai vari quesiti che sono stati consegnati all’atto dell’incarico.

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