venerdì, Ottobre 18, 2024

Medioevo Forio: «La bambina ha il velo, no alla locandina»

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L’incredibile storia della mostra con le foto Unicef e una bimba egiziana come testimonial. Sgradita a qualche commerciante
Mostra Unicef
Pasquale Raicaldo | Quella locandina non s’ha da esporre. E non perché non ci sia spazio in vetrina, tutt’altro. Quel manifesto colorato, che annuncia una mostra fotografica, torna al mittente perché quella bimba col velo non ci piace. Hai visto mai che qui, in Occidente, sull’isola d’Ischia, dobbiamo esporre il volto di una bimba egiziana? E chi l’ha detto che i bimbi del mondo sono uguali? Non qui, non da noi. Non a Forio. E non veniteci a raccontare la storia delle dominazioni e dei Saraceni, dei Turchi e del sangue misto: noi, qui, siamo foriani e basta. E sulle vetrine dei nostri negozi non c’è spazio per bimbe col velo. Proprio no.
Dev’essere andata più o meno così, e Carmine Pirozzi non ci sta di pace: lui e la sua mostra Unicef, organizzata alla Torre del Molino di Ischia proprio per abbattere le barriere e sensibilizzare il mondo sui diritti negati dell’infanzia, salvo poi ritrovarsi paradossalmente prigioniero del bigottismo di casa nostra. «Alcune attività commerciali non hanno voluto esporre la nostra locandina, una mostra fotografica patrocinata dall’Unicef e dal Comune d’Ischia, con ingresso gratuito e senza fini di lucro, perché la bambina porta il velo». Basterebbe questo per farci rabbrividire, nel paese che provò a rispedire al mittente la coppia di cinesi che aveva aperto, legittimamente, un negozio in pieno centro e dal quale si levano spesso denunce anti-immigrati, almeno da quella fetta di popolazione che non fitta appartamenti fatiscenti ai maghrebini. Ma questa è un’altra storia.
Quella che vi raccontiamo oggi è, invece, la storia di alcuni commercianti – quattro, ci raccontano – che avrebbero storto il naso, rifiutando di esporre la locandina di una mostra sui bambini perché la testimonial è «diversa», di quel diverso che arricchisce il mondo e induce all’integrazione, tanto più su un’isola che di scambi (turistici, e non solo) vive. «Noi non abbiamo insistito» ci racconta Antonio, deputato a diffondere l’eco dell’evento dell’isola, per poi ricevere inaspettati “No, grazie”, con tanto di sconcertante motivazione. Quel hijab che incornicia il dolce volto della bimba la rende sgradita al commerciante bigotto.
Di altra matrice il rifiuto, altrettanto fragoroso, di alcuni operatori che, la scorsa Pasqua, storsero il naso di fronte alla locandina, invero poco felice, scelta dalla parrocchia di Santa Maria Assunta: in quella circostanza, d accompagnare il calendario delle celebrazioni liturgiche era un ariete con le zampe legate, letteralmente incaprettato. In quella circostanza, insomma, qualche resistenza – soprattutto tra gli ambientalisti – fu certamente comprensibile.
Stavolta, no. Anche perché la mostra (c’è tempo fino al 10 agosto per visitarla: ne vale la pena) nasce proprio dall’idea di condividere istantanee meravigliose dei bambini di tutto il mondo, con gli scatti del fotografo Unicef Giacomo Pirozzi: sette paesi raccontati attraverso gli occhi vispi di bambini diventati troppo in fretta adulti, dalla boliviana Alyna costretta in miniera ai bimbi della striscia di Gaza, le cui immagini crude e delittuose raccontano una carneficina quotidiana, in uno dei luoghi più turbolenti dell’universo. Ecco, sarebbe stato un orgoglio esporre quella locandina e farsi portavoce di una mostra che aiuta a riflettere, guardando con attenzione al mondo. Altro che chiudersi a riccio, preferendo a quello variopinto della bimba egiziana il velo dell’ipocrisia di un’isola che vuole aprirsi al mondo, coltivando il germe del razzismo.

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