martedì, Dicembre 24, 2024

Come l’Addolorata, le 9 spade della Corsa dell’Angelo

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Luciano Castaldi |Voglio tranquillizzare tutti: i miei “sostenitori” sono sempre stati pochi e – ahimè – ogni giorno che passa rischio di perdere anche quelli. Non ci dormo la notte. Scusatemi tanto tanto, ma proprio non riesco ad unirmi alla scrosciante pioggia di applausi della domenica di Pasqua. È grave?
È offensivo per qualcuno? È, forse, lesa maestà esprimere la propria opinione, come del resto già fatto in passato anche a proposito di altri eventi?
Chiedo eventualmente scusa.
Ad ogni buon conto, pazienza: l’occasione è ghiotta e ho urgente bisogno di visibilità. Non posso rinunciare a questa ennesima battaglia contro mulini a vento e, nel mio caso, affrante donzelle.

Ribadisco: nulla di personale contro il loro “maschio”. Io parlo di altro.
E, comunque, no, penso proprio di non aver fatto alcuna lesa maestà.
E allora, andiamo a vedere…

Punto uno: quando si ha a che fare con il sacro, non tutto va spiegato. Sbagliano grandemente, per esempio, quei preti che hanno inserito una miriade di didascalie durante la messa. Didascalie che, con linguaggio spesso mutuato dal peggiore clericalese, non spiegano un bel niente.
Allo stesso modo, per andare nel profano, non c’è bisogno allo stadio di qualcuno che ci faccia la cronaca. (Non stiamo davanti alla tv, ma allo stadio e qui i tifosi sono essi stessi protagonisti dell’evento.)
Al teatro? C’è forse bisogno di qualcuno che ci descriva ogni scena?

Punto due: la Corsa dell’Angelo è: movimento delle immagini e canto del popolo. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

Punto tre: mi fermo perché ora preferisco andarmi a fumare un bel sigaruozzo.

Punto quarto: Entro in chiesa e lo speaker inizia:” Signore e signori benvenuti nella chiesa di San Vito a Forio. Sono presenti circa 100 fedeli non paganti, 2 dei quali si sono pure confessati (poi vi dico” confessati” che vuor di’).
Nel settore ospiti, giunti da ogni parte del mondo, un paio di centinaia di curiosi, di turisti e di gente venuta a farsi quattro risate con le omelie di don Camillo. Celebra, infatti, zio don Camillo che indossa una sfavillante pianeta color rosso (poi vi dico la pianeta e che vuor di’). Il rosso è il colore del sangue, viene utilizzato quando si celebra la festa di un Santo Martire e oggi è San Vito. Le decorazioni in oro sulla pianeta, in stile napoletano, sono state realizzate dalle suole Oblate di Maria Addolorata a Caivano. Le tovaglie sull’altare maggiore sono invece bianche e realizzate da alcune sarte locali. All’organo il maestro Stonopocomastono. Chierichetto unico Luciano. Ed ecco a voi il celebrante che si dirige davanti all’altare, si inginocchia a fatica, causa forte sciatica, davanti al Tabernacolo, cioè alla parte centrale dell’altare che contiene in alcuni vasi sacri (dette pissidi) le ostie consacrate, cioè dei dischetti di pane non lievitato che i credenti credono contengano la Presenza reale di Gesù Cristo in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Il coro canta “Al tuo santo altar…”. Il prete ora bacia l’altare anch’esso simbolo di…. Il chierichetto gli passa il turibolo, simbolo di… Inizia la messa. Il sacerdote è I fedeli stanno portando la mano sulla fronte, sull’ombelico, a sinistra e a destra, e recitano insieme nel nome del padre del figlio e dello spirito santo…. “. Ve la immaginate una celebrazione così?

Punto cinque: il problema del nostro tempo è che ci illudiamo di poter afferrare tutto e subito. Siamo talmente bombardati di vuote parole, di immagini, di flash e di effetti speciali che alla fine non ci capiamo più nulla.

Punto sei: Su Facebook, una nota intellettuale locale, ha postato la foto della statua dell’Angelo di Pasqua di Forio ed ha invocato San Vito. Si sarà confusa? Forse era distratta e proprio mentre dal balcone veniva spiegato tutto? Mah!

Punto sette: la messa e le processioni (e la Corsa dell’Angelo tale rimane), così come la Chiesa ce le ha trasmesse, contengono un altissimo senso allegorico, simbolico e dunque mistico. Sono delle vere e proprie “Foreste di simboli”. Trattarle come istituzioni didascaliche, utili solo ad evocare ciò che significano, vuol far perdere loro efficacia e potenza. I simboli, infatti, sono molto più forti di qualsiasi spiegazione. Se no, che simboli sono?
Occorre piuttosto tornare alla catechesi ordinaria. Quella semplice e chiara. Non certo ai trattati di clericalese di oggi.
Occorre anche tornare alla cultura generale. A prendere qualche libro in mano.

Punto otto: Vivaddio, e grazie ai nostri avi, la Corsa dell’Angelo ha conservato un fascino ineguagliabile. Non c’è proprio nulla da cambiare. Il suo linguaggio allegorico, checché ne pensi un certo clero che sbava all’idea di poter inserire al suo interno la propria creatività per “far capire” ed eliminare alcune (irrilevanti!) incongruenze, è perfetto.
L’Angelo, cioè il portatore della buona notizia, annuncia la Resurrezione alla Chiesa. Rallegrati Maria! Esulta Maria, madre della Chiesa. Il popolo canta. Punto.
I cori che si alternano ai due lati del Corso, i pescatori e i contadini (interessante, qui vi è un altro elemento antropologico da approfondire) fanno a gara. “Regina Coeli…”
Ma cosa c’è da aggiungere? Cosa c’è da spiegare? Qualcuno non capisce?
Si informi! Lo faceva anche don Pasquale? Sbagliava anche lui. Che, tuttavia, si “parlava molto la palla”. E, comunque, penso che sia urgente correggere alcune cose anche alla processione dell’Addolorata che deve recuperare tutto il suo spirito penitenziale.

Punto nove: La tradizione è un fiume vivo che si arricchisce continuamente durante il suo percorso verso il mare. È importante il contributo, piccolo e grande, dei suoi affluenti, così come è necessario provvedere alla realizzazione di giusti “argini” per evitare che esondi e provochi danni.
Alcuni, – opportuni e intelligenti- interventi degli anni recenti hanno sicuramente migliorato la Corsa dell’Angelo. Il ripristino degli antichi abiti per i confratelli, per esempio.
Così come certamente è utile che, all’inizio della cerimonia, vi sia qualche informazione per chi non conosce nulla di questa antichissima tradizione. Ma, a mio parere, senza inutili sovrapposizioni, senza andare oltre la mera introduzione. Non appena inizia il primo canto del Regina Coeli, infatti, lo spazio, tutto lo spazio, dovrebbe essere riservato unicamente al canto del popolo. Al limite, aggiungere un breve invito finale a prendere parte anche alla processione che si snoda all’interno del nostro incantevole Borgo Antico: buona occasione per farlo rivivere, conoscere apprezzare.

Altra giusta “correzione”, che non mortifica né stravolge questa Sacra rappresentazione, è sicuramente l’idea di allungare leggermente il percorso, facendo posizionare la statua del Cristo Risorto all’altezza della fontana. Questo per assicurare una maggiore partecipazione della gente. Ma, stranamente, questa proposta (più volte avanzata dalla Arciconfraternita di S. Maria di Visitapoveri, quella che organizza il tutto) non si è mai potuta concretizzare per non urtare la suscettibilità di una nota famiglia foriana che non intende perdere il privilegio di veder partire la Corsa dell’Angelo all’altezza della propria abitazione. Così, anche domenica scorsa si è sfiorato lo scontro!
Perché? Possibile che debba ancora resistere il peggio del nostro passato? Andrebbe, piuttosto, recuperata l’antica consuetudine di coprire la statua della Madonna con un velo di colore nero, così come avviene in molti altri posti e così come si faceva un tempo anche a Forio. Un bel richiamo alla nostra fervida devozione verso l’Addolorata. Questo è il passato da recuperare e difendere!
Per chiudere: è strano constatare come, proprio coloro che esprimono, almeno a parole, la preoccupazione circa il pericolo che queste processioni possano diventare mero folclore, poi siano in prima fila nello stravolgerne lo spirito originario. Il tutto per renderle turisticamente fruibili.

Detto tutto ciò, e nonostante abbia potuto assistere alla Cerimonia solo in tv, la Corsa dell’Angelo mi è piaciuta come sempre. Ne approfitto anzi per ribadire stima e ammirazione per Gaetano Maschio. La sua professionalità e competenza non sono minimamente in discussione. Così come le sue intenzioni. Tuttavia, il mio pensiero a proposito delle continue didascalie penso sia oramai chiaro. Tanto altro ci sarebbe da dire. Ma mi fermo qui. Almeno per il momento.

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