Il contenzioso tra i proprietari di un immobile e la società che aveva realizzato lavori abusivi al piano sovrastante ha portato alla condanna dinanzi al Tar Campania del Comune di Ischia. Che prima aveva rilasciato una sanatoria illegittima, infatti successivamente annullata sempre dai giudici amministrativi; poi ha emesso una tardiva ordinanza di demolizione non eseguita, limitandosi ad irrogare una sanzione pecuniaria a fronte dell’inottemperanza.
Il ricorso accolto verteva sull’accertamento «dell’illegittimità del comportamento tenuto dal comune di Ischia che, in relazione al procedimento conseguente all’atto di invito e diffida notificato in data 16.10.2023, ha omesso di concludere il procedimento ed ha omesso di adottare gli atti conseguenti all’ordinanza di demolizione n. 191/2022; con conseguente ordine all’amministrazione resistente di concludere il procedimento de quo entro il termine che si riterrà di stabilire». A ricorrere per primo al Tribunale amministrativo regionale era stato il padre dell’attuale ricorrente nel 2006, che aveva impugnato con successo la concessione edilizia in sanatoria rilasciata dal Comune di Ischia alla società. Sono trascorsi gli anni, fino a quando a giugno 2022 il Comune d’Ischia è stato invitato e diffidato « “ad adottare l’ordine di demolizione ai sensi e per gli effetti dell’art. 31 e segg. del DPR 380/2001 e di ogni altra norma relativa” del fabbricato per il quale era stata annullata la concessione edilizia in sanatoria».
A fronte della perdurante inerzia dell’Ente, è stato promosso ricorso al Tar affinché desse completa ed esaustiva esecuzione alla sentenza del 2006. Sta di fatto che «il giorno precedente alla data di discussione del ricorso, il comune di Ischia adottava l’ordinanza di demolizione n. 191/2022, che veniva depositata in giudizio, per cui con sentenza questo Tar dichiarava cessata la materia del contendere». Ma l’abuso è rimasto al suo posto: «Successivamente alla emissione della citata ordinanza di demolizione, il comune di Ischia, a fronte della mancata demolizione del manufatto, rimaneva ancora una volta inerte, non dando avvio agli atti conseguenti previsti dall’art. 31 DPR 380/2001».
DIFFIDA IGNORATA
A questo punto la ricorrente, «diventata, a seguito della morte del padre, comproprietaria del fabbricato sottostante a quello oggetto della citata ordinanza n. 191/2022, con atto, notificato a mezzo pec in data 16.10.2023, invitava e diffidava il comune di Ischia a porre in essere, nel termine di trenta giorni, le attività ed i provvedimenti di competenza in esecuzione dell’ordinanza di demolizione».
Una diffida rimasta lettera morta e a fronte della inerzia del Comune è arrivato l’ennesimo ricorso ai giudici amministrativi: «La ricorrente ha proposto il presente ricorso con cui, evidenziando di avere un interesse qualificato in quanto proprietaria del fabbricato sottostante a quello oggetto dell’ordine di demolizione (fabbricato quest’ultimo abusivamente realizzato e in contrasto anche con la normativa sismica e che sarebbe pregiudizievole per la statica del fabbricato della ricorrente) chiede che sia accertata l’illegittimità dell’inerzia serbata dal comune sulla sua ultima diffida e venga ordinato al comune di concludere il procedimento entro il termine che riterrà di stabilire questo Tar, con richiesta fin d’ora di nomina di un commissario ad acta in caso di ulteriore inottemperanza del Comune».
L’Ente si è costituito in giudizio, «evidenziando che in data 19 giugno 2023, per il tramite del Comando di Polizia locale, aveva notificato, tramite pec, alla società il verbale di accertamento di inadempienza e poi aveva emesso l’ingiunzione al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 31 comma 4 bis del d.p.r. 380/2001». Per giustificare il proprio “non operato”, il Comune ha aggiunto che il personale dell’Utc è oberato di lavoro… Una scusa che non ha trovato accoglimento: «Il Comune, facendo presente che sull’ufficio tecnico grava un ingente carico di lavoro, sottolinea che il procedimento è già in corso e verrà terminato a breve». La difesa della ricorrente «ha insistito per l’accoglimento del ricorso dal momento che il comune non ha ancora concluso il procedimento avviato ex art. 31 DPR 380/01 e non ha assunto alcun provvedimento espresso sulla sua istanza, pur essendone tenuto».
I DIRITTI DEL CONFINANTE
Un ricorso fondato, e il collegio della Sesta Sezione presieduto da Santino Scudeller innanzitutto ribadisce che, «per costante giurisprudenza anche di questo Tar, il proprietario confinante, nella cui sfera giuridica incida dannosamente il mancato esercizio dei poteri repressivi degli abusi edilizi da parte dell’organo preposto, è titolare di un interesse legittimo all’esercizio di detti poteri e può quindi ricorrere avverso l’inerzia dell’organo preposto all’esercizio degli stessi.
Quindi, a fronte della persistenza in capo all’Ente preposto alla vigilanza sul territorio del generale potere repressivo degli abusi edilizi, il soggetto che, come nel caso di specie, gode di una qualificata posizione di interesse, ben può chiedere al comune di porre in essere le iniziative previste dall’ordinamento, facendo ricorso, in caso di inerzia, alla procedura del silenzio – inadempimento».
Aggiungendo, per il caso di inottemperanza: «Inoltre, come già affermato dal questa sezione, acclarata la natura pubblicistica dell’attività della p.a. a fronte di un ordine demolitorio disatteso dal destinatario, non sussistono ostacoli a confermare la giurisprudenza che ammette l’azione per silentium al fine di compulsare il comune e/o le altre autorità eventualmente competenti ad intervenire, per superare l’inerzia di tali amministrazioni nell’intraprendere le iniziative surrogatorie di legge: tale azione processuale resta infatti preordinata a sollecitare le amministrazioni competenti ad adottare le dovute iniziative d’istituto, una volta scaduto il termine di legge per provvedere».
PROCEDIMENTO NON CONCLUSO
L’Ufficio tecnico doveva attivarsi e non lo ha fatto: «Tanto premesso, si rileva che l’ordinanza di demolizione n. 191 del 2022, pur essendo stata impugnata davanti a questo Tar, non risulta sospesa ed è quindi efficace, che sussiste in capo alla ricorrente una qualificata posizione di interesse all’esercizio dei poteri sollecitati con la diffida in questione (circostanza peraltro neppure oggetto di contestazione da parte del comune), che l’inerzia del Comune si è protratta oltre il termine di conclusione del procedimento, che il solo verbale di accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione da parte della polizia municipale non è atto idoneo far cessare la situazione di inerzia del comune censurata con il presente ricorso (il verbale della polizia municipale è infatti un atto endoprocedimentale avente contenuto di accertamento ed esplicante una funzione preparatoria e strumentale, occorrendo che la competente autorità amministrativa ne faccia proprio l’esito attraverso un formale atto produttivo degli effetti previsti; per cui permane in capo al Comune il dovere di provvedere sulla diffida della ricorrente».
Il Tar, accogliendo il ricorso, ha ordinato al Comune «di provvedere sulla diffida della ricorrente nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione o dalla notificazione di parte se anteriore della presente sentenza». Le giustificazioni addotte a difesa dall’Ente hanno al momento ottenuto un solo risultato. I giudici infatti evidenziano: «Si ritiene allo stato di soprassedere alla nomina del commissario ad acta, tenuto conto della volontà adempitiva espressa dall’amministrazione. Il commissario ad acta potrà essere nominato su istanza di parte ricorrente in caso di perdurante inerzia dell’amministrazione oltre il termine di cui sopra». Sarà dunque meglio che l’Utc di Ischia questa volta si attivi sollecitamente per eseguire la sentenza, onde evitare ulteriori spese oltre a quelle di lite che è stato condannato a pagare nella misura di 1.500 euro.